La ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, esponente dei Verdi (foto EPA)

L'editoriale del direttore

Perché i Verdi italiani hanno molto da imparare dai Grünen tedeschi

Claudio Cerasa

Rigassificatori, termovalorizzatori, trivelle: troppe concessioni, da noi, alla cultura autolesionistica  del no. Un ambientalismo pragmatico non è un’utopia, a condizione che sia compatibile con la difesa del nostro benessere, della nostra economia e anche della democrazia

Discutono di clima, ma con pragmatismo. Difendono l’ambiente, ma con realismo. Sono intransigenti, ma con un occhio ai compromessi. Sognano un mondo meno inquinato, certo, ma sanno anche che i loro sogni, per essere realistici, hanno il dovere di essere compatibili con la difesa del nostro benessere, con la difesa della nostra economia e anche con la difesa della democrazia. E allora la domanda risulta spontanea: cosa ha fatto di male l’Italia per meritarsi un movimento ambientalista simile a quello che lentamente sta provando ad ampie falcate a colonizzare la politica progressista del nostro paese? La premessa da cui siamo partiti si riferisce a una realtà politica non così distante, almeno geograficamente, dal nostro paese ed è una realtà che negli ultimi dodici mesi ha mostrato con coraggio cosa vuol dire mettere in campo politiche a difesa dell’ambiente senza cedere agli slogan della propaganda. La realtà in questione, come forse avrete capito, è quella dei Verdi tedeschi.

 

E negli ultimi dodici mesi, i Grünen hanno offerto buoni motivi per far morire di invidia i poveri paesi costretti a fare i conti con partiti verdi desiderosi di mettere le proprie idee al servizio della deprimente, autolesionista e tossica cultura del no. E così, mentre in Italia i Verdi si sono distinti per porre dubbi sulla difesa dei rigassificatori, per porre dubbi sulla difesa dei termovalorizzatori, per porre dubbi sulla difesa delle trivelle, per porre dubbi sulla difesa dell’Ucraina, in Germania i Verdi hanno dato vere lezioni di pragmatismo e hanno offerto ai propri elettori, che a volte i Verdi hanno anche sfidato, un modello di ambientalismo creativo, innovativo e forse persino di successo. Sono stati i Verdi tedeschi a sbloccare, lo scorso anno, insieme al governo olandese, alcuni progetti di estrazione di gas nel Mare del nord: utilizzare il proprio gas significa risparmiare sui costi di importazione e risparmiare sui costi di importazione significa non solo avere una leva in più per emanciparsi dal gas russo ma significa anche avere una leva in più per avere più soldi da spendere per le politiche economiche. Sono stati i Verdi tedeschi, negli stessi giorni in cui i Verdi italiani facevano di tutto per sabotare i rigassificatori nel nostro paese, a favorire un piano di installazione di rigassificatori in Germania arrivando al punto di presentare leggi speciali per realizzare gli impianti (che in tutto sono cinque) senza tenere eccessivamente conto delle valutazioni di impatto ambientale. Anche qui il ragionamento è chiaro: meno la Germania dipenderà dal gas russo, meno sarà vulnerabile, e meno sarà vulnerabile, più armi avrà per difendere come si deve non solo una democrazia aggredita, come quella ucraina, ma anche il proprio benessere.

 

Stesso discorso per le centrali nucleari, che nella primavera del 2022 i Verdi tedeschi hanno accettato di tenere accese ancora per qualche mese, fino cioè a questi giorni (nel frattempo, non distante dai Verdi tedeschi, altri Verdi, quelli finlandesi, partito di governo guidato da Maria Ohisalo, sono diventati la prima formazione ecologista al mondo a sostenere l’energia nucleare). E stesso discorso, se si vuole, anche per i termovalorizzatori (in Germania, dove i Grünen sono il terzo partito più votato, i termovalorizzatori sono 96, quasi il triplo di quelli attivi in Italia, e la distruzione dei termovalorizzatori non è un punto forte dell’agenda dei Verdi tedeschi). E stesso discorso, in fondo, anche per il ricorso alle centrali a carbone, per le quali il ministro dell’Economia e vice cancelliere Robert Habeck, leader dei Verdi tedeschi insieme con Annalena Baerbock, ministro degli Esteri del governo Scholz, ha autorizzato una moratoria sulla chiusura di centrali a carbone per evitare che il paese si potesse trovare schiacciato dalla dipendenza del gas russo e per difendere le quali il governo tedesco, di cui i Verdi fanno parte, ha scelto di sgomberare un villaggio occupato da alcuni attivisti verdi, decisi a protestare contro l’espansione di una miniera di carbone a Lützerath, un paesino situato nel Nordreno-Vestfalia, a sud di Mönchengladbach e non distante da Düsseldorf (un compromesso, questo, che secondo i Verdi tedeschi aiuterà la Germania ad accelerare sull’energia rinnovabile). E poi, come se non bastasse questo a farci morire di invidia, i Verdi tedeschi, negli ultimi tempi, si sono distinti anche per essere il veicolo di alcuni princìpi importanti. Difendere l’ambiente ricordandosi che la difesa dell’ambiente deve andare di pari passo con la difesa della democrazia, e non scandalizzarsi dunque se la difesa dell’ambiente quando in ballo c’è la difesa della democrazia passa per un attimo in secondo piano. E ancora: difendere i veri amici dell’ambiente, quelli pragmatici, quelli di governo, senza avere dubbi quando a difesa dell’ambiente si presentano degli impostori come quelli di “Ultima generazione”, gli ecovandali, che “con la loro protesta elitaria e ipocrita fanno l’opposto di ciò di cui abbiamo bisogno nella situazione attuale, vale a dire un ampio movimento nella società per una politica coerente di protezione del clima” (così ha detto la scorsa settimana Irene Mihalic, a capo del gruppo parlamentare dei Grünen).

 

E infine, dato significativo, a differenza degli ambientalisti italiani, i Verdi tedeschi, desiderosi di parlare ai più giovani, hanno scelto di rompere un muro di ipocrisie tipico dell’ambientalismo progressista legato al tema della demografia. I Verdi, in Germania, hanno capito che mettere in campo politiche a favore della natalità non è una politica di destra, non è una politica fascista, ma è una politica finalizzata a sostenere le famiglie, e hanno così scelto di promuovere una legge, “Kindergrundsicherung”, che prevede una sorta di reddito base per i bambini. Un ambientalismo idealista ma pragmatico, desideroso di difendere il futuro dei nostri figli senza rincorrere gli slogan, non è un’utopia a condizione che chi sostiene di avere a cuore il futuro dei nostri figli, e del nostro pianeta, sia in grado di ricordarsi che la difesa dell’ambiente, per essere credibile, per essere reale, per non vivere su Marte, ha il dovere di essere compatibile con la difesa del nostro benessere, con la difesa della nostra economia e anche con la difesa della democrazia. Lunga vita ai Verdi tedeschi.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.