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Meloni e i paradossi del divieto alla carne sintetica

Luciano Capone

Per ora il governo vieta una cosa già vietata, almeno finché la carne coltivata non verrà autorizzata dall'Europa (come accaduto per la farina d'insetti). Il lodo Lollobrigida ricorda l’ottusità sugli Ogm: colpisce il Made in Italy e la Sovranità alimentare

Il governo Meloni ha caratterizzato la sua attività per l’introduzione di nuovi divieti e reati, più o meno universali. Ma la norma voluta dal ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, che proibisce di produrre, vendere, distribuire e importare la cosiddetta “carne sintetica”, rappresenta un salto di qualità. Perché con essa il governo vieta una cosa già vietata. Non esiste infatti alcun prodotto alimentare a base di “carne coltivata”, ovvero derivante da colture cellulari, approvato dall’Unione europea.

 

Qualora la “carne sintetica”, com’è probabile in un futuro prossimo, venisse autorizzata dall’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) il lodo Lollo non avrebbe più valore. Come peraltro si è verificato con la “battaglia (a difesa) del grano” e contro la farina d’insetti: alla fine, dopo tanta patriottica propaganda politica a difesa della tradizione gastronomia nazionale, il ministro si è dovuto piegare limitandosi a varare dei decreti sull’etichettatura dei cibi a base di insetti. E chi vuole è libero mangiarli o meno, com’era ovvio sin dall’inizio che sarebbe andata a finire.

 

Il governo ha detto che la norma è ispirata al “principio di precauzione”, ma interpretato in maniera singolare. “Il divieto si basa sul principio di precauzione – sostiene il ministro della Salute Orazio Schillaci – perché oggi non ci sono evidenze scientifiche sui possibili effetti dannosi dovuti al consumo di cibi sintetici”. Non è esattamente come il diritto e le istituzioni europee intendono il “principio di precauzione”, che può essere invocato al termine di un’approfondita valutazione dei dati scientifici e di un’analisi del rischio che lasciano ampi margini di incertezza su potenziali pericoli, e non sulle base delle fobie dei governi.

 

Ma sebbene il decreto sia al momento superfluo, non vuol dire che non possa essere dannoso. Perché, in caso di approvazione di cibi sintetici da parte dell’Unione europea potrebbe riprodursi in Italia la stessa disastrosa situazione degli Ogm: libertà di importazione e di consumo (gli allevamenti e le eccellenze alimentari italiane sono fondate sull’import di Ogm), ma divieto di ricerca scientifica e produzione. Il risultato paradossale, proprio come per gli Ogm, sarebbe che gli italiani potrebbero sì consumare carne sintetica ma solo se non prodotta in Italia.

 

Si rivelerebbe, insomma, una norma contro il Made in Italy. Anche questo è un esito paradossale per un governo che ha voluto un ministero con quel nome: Imprese e Made in Italy. E sarebbe anche una legge contro la Sovranità alimentare, sempre per stare ai nomi dei ministeri inventati da questo governo, visto che oltre a soffocare nella culla lo sviluppo di aziende che si occupano di “carne colturale”, renderebbe l’Italia completamente dipendente dall’estero per questo genere di produzione che non sappiamo quale ruolo potrebbe assumere nell’alimentazione del futuro.

 

Nel discorso d’insediamento alla Camera, Giorgia Meloni disse che chi vuole fare impresa “va sostenuto e agevolato, non vessato e guardato con sospetto – furono le parole del presidente del Consiglio –. Il nostro motto sarà: non disturbare chi vuole fare”. Ma sta facendo il contrario: con un editto proibizionista dà l’ennesimo colpo all’art. 41, il più bistrattato della Costituzione. Quello che dice: “L’iniziativa economica privata è libera”.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali