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75 anni dopo

La Repubblica divisa e ambivalente. Un dialogo

Sabino Cassese

L’immigrazione, la magistratura deificata, la volatilità del voto e dell’elettorato, la frammentazione dei poteri. Usbek e Rica, le penne delle Lettere persiane di Montesquieu, tornano a scriversi: questa volta sull'Italia

Usbek e Rica sono i due persiani protagonisti delle “Lettere persiane”, pubblicate da Montesquieu nel 1721. Si scambiavano lettere e opinioni sulla Francia di Luigi XIV. Immaginiamo che, a distanza di tre secoli, si scambino oralmente opinioni sull’Italia, partendo dalla cronaca per arrivare al vertice dello stato.

 

Usbek. Strano paese, questa Italia. Pieno di ambivalenze. Tutti lamentano un fenomeno che viene definito panpenalismo, ma il governo ha appena approvato un decreto legge che introduce un nuovo reato, quello  di morte e lesione come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina.

Rica. Mi meraviglia che ti stupisca. Gli italiani hanno sempre avuto la passione del teatro. Sanno bene che, con poco sforzo, possono spostare l’attenzione dell’opinione pubblica dagli immigrati agli scafisti, anche se è difficile perseguirli fuori dal territorio nazionale.

Usbek. Un altro aspetto che mi colpisce molto è questo: il paese pare tanto attento ai diritti elencati nella Costituzione, sottoposti a riserve di legge, nel senso che possono essere compressi solo con un atto del Parlamento. Poi lascia al giudice decidere caso per caso. Un esempio caratteristico è quello dell’articolo 41 bis, del cosiddetto carcere duro. La detenzione in carcere di quali diritti priva il condannato? Questo ha diritto al lavoro, gode di libertà religiosa, può manifestare liberamente il proprio pensiero, ha il diritto di difesa, può contrarre matrimonio, ha diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro, può essere proprietario, può votare, ha accesso alle cariche elettive? Gli italiani sembrano non preoccuparsi dell’elenco dei “beni della vita” che sono sottratti con il “carcere duro”, la cui sottrazione è rimessa alla discrezione dei magistrati, che possono prolungare anche per molti anni le privazioni delle libertà. Sembra che nessuno in Italia sappia che un problema dello stesso genere si è posto nel Regno Unito, condannato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, perché priva i detenuti chiusi in carcere del diritto di voto.

Rica. Questo fa parte di un altro carattere degli italiani, che, per natura partigiani, hanno, tuttavia, deificato la magistratura, nelle cui mani hanno riposto tanti poteri.

Usbek. Non sono soltanto le libertà e il loro regime che colpiscono un osservatore straniero, ma anche la democrazia. Da ultimo, si sono svolte elezioni regionali in due delle più popolose zone d’Italia. Pochi sono stati stupiti dalla scarsa affluenza, che ha prodotto una forte diminuzione dei voti dati alla coalizione che qualche mese prima aveva vinto le elezioni nazionali. Pochi hanno notato che non ha  contato la “performance” amministrativa, quella di cui le due regioni hanno dato prova nel caso della pandemia, con una risposta molto efficace nel Lazio del candidato D’Amato e molto debole in Lombardia del candidato Fontana: il primo ha perduto, il secondo ha vinto. Sono state elezioni il cui esito era scontato a causa delle alleanze di cui la destra è stata capace e della incapacità della sinistra di costruire coalizioni. Infine, una volta il paese era diviso in due, con il partito di maggioranza relativa che governava al centro e quelli di opposizione che governavano le periferie, mentre ora il cerchio si sta chiudendo: il centrodestra sembra prevalere sia al centro, sia nelle periferie.

Rica. Queste osservazioni non tengono conto della volatilità dell’elettorato: come Fratelli d’Italia è riuscito in un breve periodo di tempo a passare dal 2 per cento al 26 per cento dell’elettorato, altrettanto facilmente il vento può cambiare.

Usbek. Un’altra incomprensibile contraddizione riguarda l’immigrazione. A causa della denatalità, l’Italia ne ha sempre più bisogno. Ma la maggioranza respinge gli immigrati, fino a farli morire, anche se sa che non può fermare il flusso e che la tanto ammirata Costituzione li protegge perché stabilisce che “lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge”, come dispone l’articolo 10. Possibile che gli italiani, tanto convinti di avere la più bella Costituzione del mondo, non si rendano conto di questa contraddizione? Un’altra contraddizione è quella relativa al numero degli stranieri. In Germania sono il 12 per cento della popolazione, in Spagna l’11 per cento, in Italia solo l’8,4 per cento. Per non parlare della proporzione tra immigrati ed emigrati: l’Italia ha 5,2 milioni di immigrati, ma 5,8 milioni di emigrati.

Rica. Anche qui non consideri la differenza tra fatti e rappresentazione dei fatti. Nonostante l’accento posto sulla lotta all’immigrazione, questa aumenta. Nonostante che ci si lamenti del numero di immigrati, questi non si fermano in Italia, perché è stato calcolato che nove su dieci vanno in altri paesi, o perché lì hanno parenti, o perché trovano maggiori occasione di lavoro e di vita, o perché vi sono strutture più idonee all’integrazione sociale e professionale.

Usbek. E che dire di quel tema che di cui si discute tanto, ormai da un quinquennio, quello dell’autonomia differenziata, come se l’esistenza stessa delle regioni non comportasse una differenziazione e come se già dal 1948 non fosse stato riconosciuto che un quarto delle regioni ha statuto speciale, cioè un’autonomia diversa. Ora si discute tanto dell’autonomia differenziata in funzione della questione meridionale, questione  aperta fin dall’Unità. Questa discussione fa parte della lotta della sinistra contro la destra, oppure di un conflitto della sinistra con il proprio passato, che viene rinnegato, mentre nessuno pensa che la discussione potrebbe diventare un modo ragionevole per impostare più concorrenza e più collaborazione, in senso orizzontale, tra le regioni. Al fondo, rimane l’idea che l’autonomia differenziata, per regioni come la Lombardia, possa significare un aumento delle risorse finanziarie di circa un quarto del loro bilancio attuale.

Rica. Quello che lamenti fa parte dell’armamentario normale: l’Italia riesce sempre a confondere problemi importanti con problemi meno importanti, fenomeni con epifenomeni, ragionamenti con sentimenti, problemi di lungo periodo con soluzioni di breve periodo.

Usbek. Parliamo anche di problemi più importanti, come quell’altro tradimento della Costituzione che consiste nella trasformazione del governo in legislatore. Secondo la Costituzione, il Parlamento dovrebbe discutere e approvare le leggi e il governo intervenire solo in casi di necessità e di urgenza. Ora il governo è diventato legislatore, mentre il Parlamento è diventato un legislatore interstiziale e sovrabbondante, aggiungendo una grande quantità di disposizioni ai decreti legge che deve convertire in legge. Queste disposizioni non hanno contenuto normativo, ma piuttosto amministrativo. Quindi, il Parlamento a cui viene sottratta la funzione legislativa, sottrae a sua volta la funzione amministrativa alla burocrazia. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: c’è un eccesso di legislazione che vincola i governi stessi; il Parlamento si degrada con una legislazione di tipo casistico che indebolisce la legge, disorienta il cittadino, finisce per dar mano libera all’interprete, e con l’altra conseguenza che il corpo politico più rappresentativo, il Parlamento, non fa politica, ma piuttosto negozia e media tra interessi. Così la politica scompare, l’elettorato è sempre meno interessato a partecipare alle votazioni, la separazione dei poteri evapora e il sistema politico costituzionale subisce una trasformazione di fatto molto importante. In questa frammentazione dei poteri, l’unico dei poteri statali che mantiene un ruolo dominante è quello giudiziario, nella duplice versione dei giudici, e delle procure con la loro funzione di controllori della virtù. Anche le procedure cambiano natura: il passaggio parlamentare delle norme diventa sempre più mediazione tra micro-interessi e finisce per produrre decisioni amministrative in veste legislativa. Infine, i cittadini sono disorientati dalla tecnica di scrittura delle norme di tipo giudiziario-casistico. La conclusione è una generale inadeguatezza del processo di decisione.

Rica. Tutto questo non mi meraviglia: se l’elettorato è volatile, è volatile anche la collocazione dei poteri, che si spostano tra i diversi apparati.

Usbek. Una volta, quando si lamentava la partitocrazia, i partiti svolgevano il ruolo di decisori di ultima istanza. Ora, da organizzazioni sociali sono diventati meri organi statali. La Costituzione dispone che tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti, ma i partiti non sono più associazioni. A che serve iscriversi al partito se l’ultima parola viene detta da coloro che si recano a votare alle primarie, come è successo di recente al maggiore partito di opposizione? Questa non è la dichiarazione di morte del partito-associazione? La riprova sta nel fatto che i partiti perdono iscritti: il numero di questi ultimi è solo oggetto di congetture, perché nessun partito fornisce i dati. Del Partito democratico si dice che avesse 320 mila iscritti nel 2021, che erano scesi a 50 mila nel 2022, secondo dati forniti dal Messaggero del 27 dicembre 2022. Gli ultimi dati darebbero un numero di 150 mila iscritti.

Rica. Questo è però un fenomeno che si ripete anche in altri Paesi, dove i partiti ottocenteschi si sono sempre più ridotti, per divenire dei comitati elettorali.

Usbek. Una tendenza opposta è quella che riguarda la presidenza del Consiglio dei ministri, il cui peso aumenta. Basta vedere le sue dimensioni fisiche: una volta bastava un’ala del Viminale, chiamata “ala presidenza”, per contenere tutti i dipendenti della presidenza. Ora vi sono numerosi edifici, una vera e propria città nella città. Inoltre, il presidente è il regolatore del traffico legislativo e i mantiene rapporti internazionali. L’unico suo punto debole sta nella breve durata. 

Rica. Non tieni conto di un altro fattore di debolezza dei governi, costituito dalla inefficienza delle strutture amministrative che ne costituiscono lo strumento esecutivo. In tutti questi anni sembra che le leggi siano state scritte non per fare, ma per impedire che si faccia, a causa di troppi controlli o di troppi impedimenti. Un esempio è quello dell’esecuzione delle opere pubbliche: in Italia, in media, c’è bisogno di almeno il 35 per cento di tempo in più rispetto alla media europea per arrivare dalla pubblicazione del bando al pagamento dell’impresa appaltatrice. Un sistema con troppi freni, un eccesso di turbolenza legislativa, un eccesso di stratificazione legislativa, meccanismi arrugginiti, un eccesso di controllori che non controllano ma frenano, poco personale idoneo ad assicurare gli investimenti pubblici (nel ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il personale tecnico è costituito da un terzo del totale, mentre per gli altri due terzi è costituito da personale amministrativo).

Usbek. Sei quindi d’accordo che, proprio nel momento in cui si chiede più democrazia diretta, si registra la crisi della democrazia indiretta o parlamentare. Lo dimostrano i raccordi tra popolo e governo, elezioni e partiti. Alle elezioni vanno sempre meno persone. E alla partitocrazia si è sostituita la leadercrazia. A questo punto sono chiare tutte le debolezze della cosiddetta rappresentanza politica che non è una vera e propria rappresentanza (il rappresentato non è noto perché il voto è segreto; c’è un divieto di vincolo di mandato; non è ammessa una revoca; non si producono effetti nella sfera giuridica del rappresentato). Per troppo tempo l’Italia e gli italiani hanno pensato, come Hans Kelsen, che il sistema elettorale più democratico è quello che elimina, o almeno riduce al minimo, la lotta competitiva per il voto del popolo: il sistema della rappresentanza proporzionale.

Rica. La democrazia dovrebbe essere corretta dalla epistocrazia, affiancando tecnici a politici, o facendo diventare i politici padroni della tecnica. Ma, per fare questo, occorre introdurre il criterio del merito nella selezione del personale pubblico e se c’è una cosa che gli italiani rifuggono sono i concorsi. Preferiscono il familismo, la ricerca del posto precario e della successiva stabilizzazione, il clientelismo.

Usbek. In altri paesi sono almeno all’opera quelli che chiamerei inciampi: i controlli reciproci tra i poteri, il pluralismo. In Italia domina ancora una preoccupazione che emerse in un dibattito tra Togliatti e De Gasperi. L’11 marzo del 1947, all’Assemblea costituente, Togliatti criticò la paura della Dc di una maggioranza espressione delle classi lavoratrici, lamentando che per questa eventualità si volessero prendere garanzie, mettere regole, ivi compresa “quella bizzarria della Corte costituzionale”. Criticava “tutto questo sistema di inciampi, di impossibilità, di voti di fiducia, di seconde camere, di referendum a ripetizione, di corti costituzionali”. Invece, De Gasperi riteneva che la questione del sistema bicamerale fosse veramente essenziale perché conteneva un principio di equilibrio, mentre una sola assemblea finiva – a suo parere – nel comitato di salute pubblica e nella dittatura di un partito e di un uomo. Di qui le due camere con la diversità di durata e di base elettorale, diversità ridotta dalle riforme successive.

Rica. Non consideri che gli italiani sono ispirati da una forma di patriottismo costituzionale acritico. Hanno approvato in gran fretta una Costituzione per poi attuarla lentissimamente: un solo esempio è quello dell’apertura, nel 1963, 15 anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione, della magistratura alle donne. Un passo che non richiedeva se non l’abrogazione di una legge, imposta da un fondamentale articolo della Costituzione, l’articolo 3, secondo il quale tutti cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso. Insomma, gli italiani hanno avuto coraggio nello stabilire princìpi, molto meno nell’attuarli.

Usbek. Del patriottismo critico potrei dare molti altri esempi, perché ancora oggi, a 75 anni dalla Costituzione, molte sue norme sono state addirittura dimenticate: per esempio, i consigli di gestione, le comunità di lavoratori o di utenti, il dovere del lavoro, la registrazione dei sindacati e il loro ordinamento interno a base democratica.