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Meloni sindacalista

Così la premier cerca di sintonizzarsi col popolo Cgil

Nunzia Penelope

Senza cercare applausi, la presidente del Consiglio propone al sindacato un "gioco di squadra": al di là delle differenti posizioni, deve prevalere il bene del paese. Ed è una vittoria anche per Landini

Ammesso che la Cgil sia “il lupo”, Giorgia Meloni, partecipando al Congresso di Rimini, ha dimostrato che lei certamente non è Cappuccetto Rosso. E che sa benissimo come toccare le corde giuste per rivolgersi alla platea cigiellina. Non per ricevere applausi (che infatti non ha avuto), ma per sintonizzarsi con quello che, evidentemente, ritiene un interlocutore importante, dal quale non intende prescindere. Meloni ha più volte sottolineato il valore del sindacato, e soprattutto il valore del confronto col sindacato; ma nello stesso tempo ha difeso senza cedimenti i provvedimenti del governo: dalla delega fiscale, approvata appena ieri e “troppo frettolosamente bocciata” (Landini ne ha infatti chiesto il ritiro, minacciando lo sciopero) alla scelta di abolire il Reddito di cittadinanza, ribadendo che “per uscire dalla povertà c’è una sola strada valida, quella del lavoro e della crescita economica”.

 

Al segretario della Cgil, che nella sua relazione al congresso ha accusato il governo di “avercela con i poveri”, la premier ha replicato con un ragionamento che non fa una grinza: lei non ce l’ha affatto coi poveri, tanto da volerli, appunto, sottrarre alla loro condizione. Ma non con un sussidio. Con un lavoro. L’errore del Reddito di cittadinanza, insiste, è stato “mettere nello stesso calderone chi poteva lavorare e chi no, confondendo l’assistenza con le politiche del lavoro”, creando così il corto circuito per cui chi lavora, percependo spesso una retribuzione appena più alta del reddito, con le sue tasse paga il sussidio a chi sta a casa. Senza peraltro risolvere il problema: “Un ragazzo che a trent’anni ha iniziato a prendere il reddito di cittadinanza, oggi, dopo tre anni di sussidio, è più ricco o più povero?”. E la risposta, scontata: “È più povero, con tre anni in più e nessun lavoro”.

 

E a proposito di retribuzioni, Meloni smonta anche il salario minimo, nel giorno precedente argomento forte tra i leader dell’opposizione al congresso Cgil. E lo fa proponendo gli stessi dubbi che serpeggiano da tempo tra i sindacalisti: “Un salario imposto per legge rischia di non essere una tutela aggiuntiva, ma sostitutiva’”, riducendo così la forza dei contratti nazionali. La strada più efficace per aumentare le buste paga resta invece proprio quella di rafforzare ed estendere la contrattazione e le sue tutele a tutti: “Landini dice ‘stesso lavoro, stessi diritti’, e io su questo sono d’accordo da sempre”. E ancora, la premier elenca le cose da fare: eliminare i contratti pirata, ridurre le tasse sul lavoro, introdurre un “ammortizzatore sociale universale”, che protegga dalla perdita del lavoro tutti nello stesso modo: lavoratori dipendenti, autonomi, atipici. Musica per le orecchie sindacali. E dà ragione a Landini, infine, anche sulle troppo a lungo rinviate scelte di politica industriale, garantendo che il suo governo lavorerà per rimediare ai danni del passato.

 

Al sindacato Meloni propone, in sostanza, un “gioco di squadra”: “su qualcosa saremo d’accordo e su qualcos’altro no, ma io sono pronta a fare la mia parte, e le vostre istanze saranno sempre ascoltate con attenzione, perché tutti abbiamo lo stesso obiettivo: il bene del paese”. Del resto, quella del confronto è fin dall’inizio la scelta del suo governo: “Abbiamo fatto 20 incontri in 20 settimane, e a differenza di Landini non li ritengo inutili: per me è sempre stato un ascolto serio e senza pregiudizi, so che posso imparare anche da chi è molto lontano da me”. Alla fine la premier lascia la tana del lupo indenne e, si potrebbe dire, vittoriosa. Ma anche Landini può cantare vittoria. La presenza di Meloni ha illuminato mediaticamente per giorni il congresso della Cgil, ma ha anche, e soprattutto, sancito ufficialmente il ruolo di interlocutore del governo al sindacato di Corso Italia. Oggi, concludendo le assise generali, Landini replicherà. Nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, si scoprirà se il confronto auspicato decollerà verso qualcosa di concreto, o se saranno state solo chiacchiere e passerelle.

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