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Editoriali

Il salario minimo è diventato il terreno di scontro delle opposizioni

Redazione

Le forze di minoranza del governo sono entrate in competizione tra loro, mentre la maggioranza presenta unita una mozione contraria alla misura. Così, un tema serio è diventato un’asta a chi la spara più grossa

Il dibattito politico dell’opposizione sul salario minimo è stato surreale: Partito democratico, Movimento 5 stelle, Azione/Italia viva  e Verdi/Sinistra italiana si sono accusati reciprocamente di aver votato contro il salario minimo, avendo presentato tutti e quattro i partiti quattro mozioni separate a favore del salario minimo. Invece la maggioranza di centrodestra, semplicemente, ha presentato una mozione contraria in cui si chiede, in sostanza, di raggiungere lo stesso obiettivo ma con altri strumenti (la contrattazione collettiva).

 

Più che con il governo, le opposizioni sono entrate in competizione tra di loro agitando la bandierina del “salario minimo” con una surreale asta. Il M5s con Giuseppe Conte ha presentato la sua storica proposta di un salario minimo legale da 9 euro l’ora, Andrea Orlando del Pd ha offerto 50 centesimi di più: 9,50 euro. ma è stato a sua volta scavalcato da Marco Grimaldi di Verdi/Si che ne ha offerti 10. Il Terzo polo, guidato da Carlo Calenda che diceva che il salario minimo “non deve essere definito dalla politica” ma da una commissione tecnica, si è adeguato al livello stabilito da Conte (non si sa se in quanto “politico” o in quanto “tecnico”): 9 euro pure lui.

 

La cosa surreale di questa vicenda è che tutti i partiti che ora si dicono favorevoli al salario minimo a partire da 9 euro quando erano maggioranza con il governo Conte il salario minimo non l’hanno approvato. E ora non solo pretendono che lo approvi Giorgia Meloni che ha vinto le elezioni dicendosi contraria, ma si dividono anche sul quanto essere a favore. Insomma, il salario minimo è diventata per le opposizioni una bandierina – esattamente come la Flat tax per la maggioranza – e purtroppo questo è proprio il metodo più sbagliato per affrontare la questione: trasformare uno strumento che per essere utile ha bisogno di una valutazione tecnico-economica sul livello mediano dei salari in una gara a chi la spara più grossa.