Marco Bentivogli (Ansa)

L'intervista

“Il sindacato ha il dovere di riportare la sinistra alla realtà”. Parla Bentivogli

Marianna Rizzini

Dopo il congresso di Rimini il vero problema continuano a essere gli iscritti che non hanno più votato a sinistra. Le soluzioni dell'ex leader sindacale e cofondatore di Base Italia

“Sforzatevi di andare di oltre, ritroviamo la capacità di ascolto. Sta cambiando tutto. L’opposizione cosa vuole fare?”. A parlare così è Maurizio Landini, al congresso Cgil di Rimini. Il segretario del più grande sindacato ha di fronte tutti i leader del centrosinistra. Ed è un Landini che, negli ultimi anni, in alcuni casi, si è trovato a ricoprire posizioni non sovrapponibili a quelle dei leader del centrosinistra, anzi. Ci sono temi, insomma, salario minimo compreso, su cui la Cgil non ha avuto e non ha risposta identica a quella di Schlein o di Conte. E ci sono iscritti Cgil che, negli ultimi anni, non hanno votato per la sinistra. O situazioni in cui la Cgil si è trovata paradossalmente a portare acqua al campo sovranista (vedi gli attendismi sulla questione degli accordi per il green pass in fabbrica). Con quali prospettive Landini si ricandida alla guida della Cgil?

 

Lo chiediamo a Marco Bentivogli, cofondatore di Base Italia ed ex leader sindacale dei metalmeccanici Fim Cisl il cui scontro con Landini su Fiat e contrattazione dominò la scena sindacale ma portò ad un importante Contratto unitario nel 2016: “Intanto, c’è un tentativo di rendersi più comprensibile e meno retorico. La relazione di Landini è caratterizzata da un lessico diverso da quello della mozione – che invece sembra scritta in un linguaggio pre-1921. Bisogna avvicinare il proprio linguaggio a quello dei lavoratori, spingerlo in avanti semmai sull’innovazione, non su evocazioni da revival. Landini è consapevole che con la morta retorica si eccita il ceto ma i lavoratori scappano. Non solo: è evidente, nelle sue parole, l’ammissione di una crisi di rappresentanza, lo sforzo di non chiudersi negli ‘ismi’ in cui spesso indulge la sinistra, anche perché sa bene, Landini, che una parte degli iscritti ha votato Meloni e che il ruolo del sindacato non può essere quello dei partiti e men che meno di opposizione o collateralismi ma, citando Trentin (e io aggiungo Carniti), ‘di progetto’. Si rende conto che la sinistra, su alcuni temi che riguardano anche la Cgil, vedi il salario minimo o la riduzione dell’orario, banalizza. A chi va applicato, il salario minimo? Come si evita la competizione dello stesso con i contratti collettivi?”.

 

Non solo, dice Bentivogli: “Sulle politiche del lavoro, la sinistra ha qualche responsabilità, visto che è stata al governo per la maggior parte dell’ultimo decennio. Landini lo sa e infatti non può fermarsi all’elenco della spesa di quello che non va e di quello che si vorrebbe, cosa frequente in troppi leader della sinistra”. Quanto al tema fiscale, dice Bentivogli, “centrale la redistribuzione ma il sindacato non può più eludere il tema prioritario dello sviluppo e del suo orizzonte”. Non c’è “la solita autocelebrazione sindacale”, nel discorso di Landini, dice Bentivogli, “c’è consapevolezza del mandato sempre più parziale che gli assegnano i suoi cinque milioni di iscritti. Negli ultimi anni sono stati fatti pochi grandi accordi, e questo limite pone un problema sul rinnovamento e sul ruolo delle confederazioni. Del resto le assemblee sui temi confederali sono, in generale, le meno partecipate”.

 

Per Bentivogli “il confronto con i lavoratori non equivale a dare ragione a tutti e soprattutto agli urlatori perché porta a sbandare. Non è mai il momento di mimare una sintonia totale a sinistra, non serve. Generalmente i lavoratori non accettano indicazioni elettorali, anzi, quando le ricevono, fanno il contrario”. Più che la foto-ricordo di Rimini con Schlein, Conte, Calenda e Fratoianni, dice l’ex sindacalista, “conta che Landini abbia portato i leader del centrosinistra a parlare di lavoro, argomento affrontato spesso con slogan e non nel merito, con la bellissima citazione di Riccardo Terzi: ‘Il sindacato non abita le sfere della politica ma quelle dei mondi vitali’. Per questo non bisogna sciupare il dovere primario del sindacato di riportare la politica alla realtà che non è mai la somma di difese corporative ma coraggio e capacità di rappresentanza, e progetto, appunto”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.