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l'editoriale del direttore

Non è respingendo i migranti che si governa l'immigrazione

Claudio Cerasa

Alle radici della tragedia di Crotone c’è anche una legge irresponsabile del 2018.  E le ragioni per cui gli sbarchi in Italia sono aumentati non dipendono dalle ong, tanto criticate dalla destra nazionalista. Dati e opportunità di una svolta trattando con l’Europa
 

La settimana appena trascorsa è stata mediaticamente dominata da un robusto sciame di indignazione rivolto al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, accusato con buone ragioni di avere una parte non irrilevante di responsabilità nella tragedia verificatasi al largo delle coste calabresi, dove a seguito di un naufragio sono morti 70 migranti e si cercano una trentina di dispersi. Nei prossimi giorni, le autorità giudiziarie verificheranno con maggiore esattezza le ragioni per cui l’Italia ha scelto di trattare la gestione di un’imbarcazione sovraffollata come un caso non Sar (nel 2017, come ricordato da Luca Gambardella sul Foglio, la Guardia costiera, in un suo rapporto, notava che “ogni imbarcazione sovraffollata è un caso Sar di per sé ed è una possibile situazione di pericolo anche in assenza di un segnale di emergenza in base al principio di precauzione”). Ma quello che anche dalla tragedia di Crotone risulta chiaro è che non è respingendo i migranti che si governa l’immigrazione.

Proteggere i confini è sacro, naturalmente, ma la protezione dell’interesse nazionale quando si parla di migranti passa anche dalla demolizione di alcuni luoghi comuni spesso veicolati dalla cultura della destra nazionalista. In questo senso, il cortocircuito che si è andato a manifestare al largo di Crotone nasce anche da qui. Nasce da una legge irresponsabile fatta nel 2018 dal governo Conte/Salvini/Di Maio grazie alla quale oggi l’Italia può trattare il caso di un’imbarcazione in difficoltà nelle acque internazionali come se fosse un caso di sicurezza da proteggere e non un caso di vite umane da salvare. E nasce, poi, da una logica perversa, in base alla quale la priorità numero uno è provare a risolvere i problemi alla superficie, ovverosia in modo superficiale, focalizzando l’attenzione solo su quale sia il modo giusto per disincentivare le partenze, alimentando così una speranza vana spesso evocata in campagna elettorale dai sovranisti attraverso uno slogan ormai conosciuto: stop immigrazione. Sulla base di questo principio, l’attenzione dei sovranisti tende a essere molto bassa quando in ballo ci sono le partite che contano (costruire alleanze in Europa per governare l’immigrazione, favorire la redistribuzione, intervenire con investimenti importanti nei paesi da cui partono i migranti) e tende a essere molto alta quando in ballo ci sono partite che contano poco o niente.

Un esempio concreto di questo approccio, che rientra sempre all’interno della politica degli slogan, è l’odio rivolto dai populisti di destra alle ong. La tesi la conoscete: le ong sono dei “pull factor”, ovverosia la loro presenza nel Mediterraneo incentiva le partenze, e vedrete che eliminando le ong le partenze non ci saranno più. La logica è sempre quella: fermare, non governare. Per giustificare questa tesi, toglietemi una ong e vi solleverò il mondo, la grancassa mediatica della destra nazionalista, che quando si parla di immigrazione tende a far dimenticare velocemente ogni genere di svolta moderata, ha dato molto spazio a un passaggio piccolo, minuscolo, contenuto nella mastodontica relazione dei servizi segreti presentata martedì scorso a Roma. Scrivono i servizi: “Sebbene nel corso del 2022 l’incremento più significativo dell’attività di soccorso in mare abbia riguardato le operazioni del Dispositivo istituzionale (ad esempio Frontex, Guardia costiera, Guardia di Finanza), si registra anche l’aumento del soccorso in mare effettuato dalle navi ong, principalmente in area Sar libica”. Tanto è bastato per far scattare tutti sull’attenti e dire: eh, lo vedi, il problema sono le ong. Solo che c’è un problema: le cose non stanno così. I servizi hanno ragione quando dicono che si è registrato un aumento del soccorso in mare delle navi ong. Ma dimenticano di dire alcune cose.

Primo: la percentuale, sul totale degli arrivi, dei migranti che arrivano in Italia con le ong è pari al 16 per cento (dati ufficio studi del Senato, gennaio 2021). Secondo: durante il governo Meloni, i migranti arrivati con le ong sono passati dal 20 per cento al 7,7 per cento mentre gli sbarchi sono raddoppiati passando da 21.447 dell’anno precedente a 42.641 dei mesi del governo Meloni (la comparazione sullo stesso periodo è stata fatta dall’Ispi). Terzo punto, le ragioni per cui gli sbarchi in Italia sono aumentati non hanno nulla a che fare con la presenza delle ong ma hanno a che fare con fenomeni più complessi, per affrontare i quali occorrerebbe parlare un po’ meno di temi comodi (le ong, appunto) e un po’ più di problemi complessi (le alleanze in Europa, per esempio).

E’ la stessa relazione dei Servizi, per esempio, ad affrontare i problemi complessi e a ricordare che il “pull factor” non è quello che succede in mare ma è quello che accade a terra. Sono, scrivono i Servizi, “fattori molteplici e ricorrenti di medio-lungo periodo, come l’instabilità politica, i conflitti armati, i cambiamenti climatici estremi e la forte spinta demografica, che hanno contribuito a mantenere elevata, anche nel 2022, la pressione dei flussi migratori irregolari in direzione dell’Italia e dell’Europa” (molteplici). E ancora: “Con particolare riferimento alle principali aree di crisi umanitarie (Siria, Afghanistan, Ucraina), che hanno contribuito ad alimentare la pressione migratoria sul nostro paese” (se non ti occupi dei regimi illiberali, prima o poi saranno i regimi illiberali a occuparsi di te). E ancora: “La rotta del Mediterraneo centrale, caratterizzata da flussi che originano prevalentemente dalle coste libiche e tunisine, si conferma la principale direttrice di trasferimento via mare di migranti irregolari in Italia” (la politica estera solida, credibile, pragmatica serve a questo: a governare i fenomeni prima che non lo siano più). E infine: “In Tunisia, secondo paese di partenza dei flussi via mare diretti in Italia, nonché seconda nazionalità dichiarata allo sbarco sul territorio nazionale, la spinta migratoria risulta in aumento rispetto al 2021 (+60 per cento) principalmente a causa della perdurante crisi economico-sociale e alla vicinanza geografica alle coste italiane” (la Tunisia è una democrazia, aiutare una democrazia è più semplice che aiutare una dittatura, sai con chi parlare, e un paese che vuole salvaguardare il suo interesse nazionale dovrebbe sapere che quell’interesse lo si può salvaguardare non alzando muri o litigando con i propri partner europei ma costruendo solide alleanze con i paesi europei, per investire nei paesi instabili, per finanziarli, per aiutarli, per coccolarli, per proteggerli). E infine i Servizi hanno ricordato altri dati non convenzionali. Tra i paesi europei di primo ingresso, e questo è facile, l’Italia batte tutti, con 119.031 arrivi nel 2022 (Spagna 31.219, Grecia 18.308). Tra i paesi dell’Unione europea per richiesta d’asilo però ci sono delle sorprese. Primo: Germania (243.835). Secondo: Francia (156.455). Terzo: Spagna (117.950). Quarto: Austria (101.730). Quinto: Italia (75.845). In sostanza: in tanti arrivano in Italia, in pochi ci vogliono rimanere.

Visto tutto questo, dunque, direte: ok, ma per dire cosa? Per dire che la strategia del governo, o meglio, la strategia della vecchia destra nazionalista, volta non a governare l’immigrazione ma a fermarla, individuando di volta in volta dei capri espiatori su cui concentrare il proprio populismo, non è solo disumana ma è anche controproducente, perché spinge l’Italia a concentrarsi, quando si parla di immigrazione, molto sulla propaganda e poco sui fatti, dimostrando che il populismo, fra i tanti difetti che ha, ha anche quello di essere contro l’interesse nazionale.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.