Le idi di Rai

Per un pugno di Rai. FdI vuole sfiduciare Fuortes sui mancati incassi. In pole Ciannamea

Carmelo Caruso

L'ad difende il suo operato, FdI lo processa sui conti di sponda con il Mef. L'ipotesi Biennale di Venezia come uscita. Giuseppe Conte diventa centrale per favorire la rimozione

E’ il nostro nuovo spaghetti western: “Per un pugno di Rai”. La televisione pubblica è il corpo ostaggio, il governo e Carlo Fuortes i pistoleri. L’ad non intende dimettersi. E’ convinto che Sanremo sia stato un successo straordinario, che lo stato di agitazione proclamato dai sindacati sia solo un fisiologico confronto, che l’azienda funzioni perfettamente e che neppure il Mef, azionista della Rai, possa revocargli il mandato. E’ dell’opinione che non ci siano irregolarità gestionali che giustifichino la sua  rimozione. Il governo lo definisce adesso “un narciso incontrollato”; “il sequestratore di un’azienda che non governa”. Si lavora per sfiduciarlo nel cda del 3 marzo o del 16 marzo. Marcello Ciannamea potrebbe prendere il suo posto.

 

In Forza Italia dicono che Giorgia Meloni sia pentita di non aver rimosso Fuortes: “Quando era possibile ci ha fermato, ora che lo desidera perché dovremmo? Serve cautela”. Il mancato putsch Rai, quello che il 31 gennaio la premier ha rimandato, rischia di costare caro a FdI. Silvio Berlusconi ha dichiarato che rimuovere i vertici Rai non è la miglior soluzione. Una Rai sfasciata non può che fare sorridere Mediaset. Il centrodestra non vuole “licenziare” Fuortes sull’onda di Sanremo: “Ci diranno che siamo omofobi. La sua sostituzione va riempita con un processo circostanziato sui conti, sulla sua gestione”. Si vuole processare Fuortes su qualcosa che il centrodestra chiama “scandalo”, un possibile danno economico su cui “dovrebbe mettere la lente il Mef”. Durante le serate di Sanremo, Amadeus e Chiara Ferragni avrebbero pubblicizzato i loro rispettivi profili Instagram e su “Instagram i follower corrispondono a denaro”.

 

FdI si chiede se esiste un “contratto” perché qualora non ci fosse “quella pubblicità è chiaramente un mancato introito per la Rai”. E’ escluso che  Giancarlo Giorgetti possa rimuovere d’imperio l’ad (è nelle sue facoltà, ma a determinate condizioni) mentre è quasi scontato il setaccio dei conti Rai, azienda chiamata a illustrare tra poche settimane il piano industriale. L’ad può procrastinare la presentazione del piano.  Avrebbe spiegato che non è obbligatorio presentarlo entro fine febbraio ma che non è il caso di rimandare. Si può arrivare fino ad aprile, ma non oltre. E’ il tempo necessario per trattare la futura collocazione di Fuortes alla guida di una fondazione lirica o di una Biennale. E’ un’operazione complessa. Non serve solamente la sponda di Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura, in alcuni casi è il sindaco, come a Milano per La Scala, a suggerire il nome al ministro. La città che potrebbe fare il nome dell’ad Rai è Firenze e il sindaco Dario Nardella che deve scegliere la prossima guida del Maggio Fiorentino.

 

Per quanto riguarda Biennale, Triennale e Quadriennale è il ministro che sceglie in autonomia ma sentito il parere delle Camere. Secondo indiscrezioni il vero obiettivo di Fuortes sarebbe la  Biennale di Venezia. L’obiettivo della Meloni è invece arrivare il prima possibile al cambio anche perché la Rai sembra il cancello di Mirafiori degli  anni Sessanta. Tutti i sindacati Rai, a partire dell’Ugl, sono in rotta. Pure la Adrai, l’associazione dei dirigenti Rai, si “è dichiarata preoccupata”. Era da anni che non accadeva. FdI vuole un’operazione verità su Sanremo. Si contesta innanzitutto il “successo”. La linea del partito è che “sono cambiati i dati di rilevamento dello share e dunque non si può parlare di risultato clamoroso”. Ulteriore capo d’accusa è “che per colpa della Rai abbiamo rischiato una crisi internazionale e diplomatica”, infine che la gestione della visita del presidente Mattarella a Sanremo “non è stata comunicata neppure a Rai Quirinale, canale ad hoc che avrebbe potuto valorizzare l’evento”.

 

Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato, cigno di Forza Italia, contesta invece l’ospitata di Roberto Benigni e vuole conoscere il compenso: “Chi vuole fare il padre della patria lo deve fare gratuitamente. E’ come se Garibaldi avesse emesso la fattura a Cavour”. Sempre per Gasparri credere che Berlusconi possa salvare Fuortes “è inverosimile”. Simona Agnes, membro del cda in quota FI, ambisce alla presidenza Rai al posto di Marinella Soldi. La Lega ha da guadagnare dall’uscita di Fuortes. Uno dei possibili sostituti dell’ad è Marcello Ciannamea, figura che desiderava Matteo Salvini al posto di Salini ai tempi del governo gialloverde. E il colore giallo torna adesso centrale. Per sfiduciare Fuortes, oltre al voto di Igor De Biasio (quota Lega) Laganà (quota dipendenti Rai) Agnes (FI) serve quello di Alessandro Di Majo (M5s). FdI potrebbe cedere a Giuseppe Conte la presidenza della commissione di Vigilanza (Alessandra Todde è la favorita) e pure una testata informativa per l’ex direttore del Tg1, Giuseppe Carboni. Nella polvere, da sparo e da sparate, si rotola un’azienda da 13 mila dipendenti, 541 milioni di debiti certificati. La musica di sottofondo rischia di essere quella di Ennio Morricone: “C’era una volta la Rai”. Scion scion, Scion scion…
 

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio