Foto di Filippo Attili, Palazzo Chigi, via LaPresse  

A Berlino

Meloni e Scholz, difficile intesa. La premier inseguita dal caso Delmastro: "Serve un segnale"

Simone Canettieri

La premier non sa come uscire dal caso Cospito. Sa che anche il Quirinale aspetta una mossa per chiudere la questione. E con il cancelliere, a partire dagli aiuti di stato, c'è ancora una divisione profonda

Berlino, dal nostro inviato. Sfida il rigore tedesco, Giorgia Meloni. Con il freddo che spazza l’ingresso della cancelleria ha la meglio. Olaf Scholz la accoglie intabarrato dentro a un cappottone con tanto di sciarpetta. Lei no: pantaloni e giacca. Marcia, foto, inno, prima del bilaterale. Discorso diverso è l’altro rigore, quello sul fondo sovrano che la Germania non è disposta a concedere. Al massimo flessibilità sui fondi del Pnrr. I giornalisti tedeschi tirano fuori una vecchia intervista della premier allergica alla Germania. Lei si sfila dicendo che intendeva la lingua da studiare a scuola. Poi niente, anche qui ecco spuntare Andrea Delmastro. Un’ombra che si spande fino al Quirinale. 

 

E allora tutto come previsto: al termine del colloquio con Scholz, al momento delle domande della stampa (quattro in tutto), spunta fuori la faccenda del sottosegretario alla Difesa di Fratelli d’Italia, il quale dopo aver diffuso un’informativa non divulgabile del Dap al coinquilino Giovanni Donzelli per attaccare il Pd sui rapporti fra l’anarchico Alfredo Cospito e la mafia, ieri se n’è uscito con una frase che insinua “l’inginocchiamento dei dem ai mafiosi”. Una bomba che esplode mentre Meloni è in viaggio da Stoccolma a Berlino. In Svezia, dove incontra il governo politicamente amico di Ulf Kristersson e ottiene un accordo sulla difesa delle frontiere, svia sul caso di giornata. A Berlino, davanti alla questione di nuovo riproposta dai cronisti, usa questa formula: “Questa cosa non interessa alla stampa internazionale: vi risponderò domani”.

 

C’è da capire se intende prendere provvedimenti nei confronti del suo sottosegretario, se gli toglierà le deleghe al Dap (veicolo attraverso il quale è transitata l’informativa). La premier dice che occorre abbassare i toni “trasversalmente” e quindi ce l’ha anche con Delmastro, ma poi richiama tutti all’unità e alla risposta comune contro l’escalation anarchica. Mentre pronuncia queste parole, Meloni cambia espressione. Si rabbuia. Scholz assiste al botta e risposta, incuriosito e silente. Lei è arrivata fin qui anche per ribadire la difesa dei confini esterni (dall’immigrazione), ma si ritrova a dover difendere i confini interni del suo partito (Fratelli d’Italia).

 

Nessuno parla. Ma molti l’ascoltano. A partire dal Quirinale. “C’è un’inchiesta in corso”, è la formula del Colle per non entrare a gamba tesa in una polemica politica e istituzionale. E però in molti danno per scontato che alla fine la “capa” dia un segnale. Batterà un colpo? Farà una nuova puntata degli Appunti di Giorgia? Ma per dire cosa? C’è un po’ la sensazione che la situazione stia sfuggendo di mano a Meloni e al partito che continuano ad accusare il Pd di aizzare gli anarchici. Sembra tutta un po’ lunare questa storia vista dal cappotto del cancelliere tedesco.

 

Il vis à vis dura quasi due ore. E dalle dichiarazioni a fine incontro si capisce che i punti di contatto sui dossier cari all’Italia sono ancora molto lontani. Non proprio il migliore dei viatici in vista del Consiglio europeo della prossima settimana. Certo entrambi parlano di riprendere il Patto d’Azione, congelatosi con la caduta di Mario Draghi. Ma poi sulle risposte da dare davanti al piano Biden contro l’inflazione restano le distanze. E dunque niente fondo sovrano, divisione profonda sugli aiuti di stato. Al massimo tanta flessibilità per spendere i fondi del Pnrr non allocati. Meloni riparte subito per Roma per stare a cena a casa. Vorrebbe cucinarsi Delmastro e Donzelli. Sa che tutti si attendono un segnale da lei. 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.