L'intervista

Delmastro: "Errore di Donzelli, ma io sono un uomo, poi un sottosegretario. Forse cambio casa"

Simone Canettieri

Il sottosegretario alla Giustizia al Foglio: "Non doveva leggere l'informativa del Dap in Aula, ma è mio amico e lo difendo. Meloni? Era infuriata, ma poi mi ha creduto"

“Giovanni ha sbagliato”.

E allora perché non lo  urla, sottosegretario Andrea Delmastro?

“Perché io prima sono un uomo e poi sono un sottosegretario. E difendo gli amici”.

Insomma, non è un caporale come direbbe Totò.

“Esatto. L’altra sera, appena è scoppiato il casino ho  tirato fuori il mio petto”.

Andrea Delmastro gironzola dalle parti di  Palazzo Chigi. Ha da poco rilasciato dichiarazioni alle tv. Ora è stato convocato dai responsabili della comunicazione della premier. Il ministro Carlo Nordio è atteso alla Camera, ma lui non si farà vedere, così come Giovanni Donzelli, il suo coinquilino. Il sottosegretario alle dodici ha ricevuto la telefonata di Giorgia Meloni.

La premier  gli urlato: “Mi devi dire se erano atti secretati, non mi prendere per i fondelli, se semo capiti?”. “Delma”, 46 anni, biellese è  figlio d’arte: Sandro, fu deputato di An e del Pdl dal ‘96 al 2006. Non venne ricandidato perché faceva troppe interrogazioni al proprio governo.

Perché Donzelli ha sbagliato?

“Non doveva leggere testualmente l’informativa del Dap”. 

Lei non doveva dargliela, quella informativa anche perché, secondo quanto risulta al Foglio, nel  titolo della  mail c’era scritto “confidenziale”.

“Non erano intercettazioni né captazioni. Se Roberto Giachetti, per fare un esempio, mi avesse chiesto simili informazioni gliele avrai fornite. Magari pregandolo di non diffonderle”. 


Piccola ricostruzione. Quattro giorni fa arriva al ministero della Giustizia una informativa del Dap su Alfredo Cospito e i legami con i boss mafiosi ristretti al 41 bis. La mail è inviata a solo due indirizzi: il gabinetto del ministro Carlo Nordio e Andrea Delmastro, sottosegretario con delega alle carceri. 

Scusi sottosegretario, quindi lei torna a casa, nel suo bilocale di Monti, e gliela fa leggere al suo coinquilino Donzelli?

“No, gliela ho raccontata l’altra mattina, prima che intervenisse alla Camera. Eravamo in Parlamento”.

Donzelli ha fotografato la carta?

“No, prendeva appunti, mentre gliela leggevo”.

Erano letterali.

“Sono in ordine con la mia coscienza. Non sapevo che Giovanni  avrebbe usato quell’informativa”.

Ma figuriamoci: le avrà detto, dai dammi questa roba così la dico in Aula e asfaltiamo quei bischeri del Pd: vuole dire che non è così? Delmastro ride. Si dimette?

“No, ho chiarito la mia posizione con la premier. Mi ha creduto perché è la verità. Non erano documenti secretati né classificati”.

Ma se tutti facessero come il suo collega di partito si rende conto di cosa accadrebbe in Italia?

“Io rispondo per me. Il resto dovete chiederlo a lui. Dopodiché io non mollo gli amici e pubblicamente li difenderò sempre”. Ha parlato con Nordio? “Non ancora, ma con il suo gabinetto sì”. Teme la reazione del ministro? “No, per i motivi che le ho appena spiegato. E non credo che in Aula mi attaccherà. Insomma, speriamo che regga la linea”.

 
Delmastro è provato, e c’è da capirlo. E’ uno abituato ad andare sempre all’attacco: un giustizialista purissimo dalla più che buona oratoria. Adesso sono ore in cui è costretto a difendersi davanti alle telecamere che lo inseguono.  Raccontando forse mezze verità, sempre per quello spirito di  cameratismo che lo contraddistingue.

“Sono un tipo leale”.

La procura di Roma ha aperto un’inchiesta.

“I magistrati mi sentiranno e chiuderanno le indagini. Ho agito con la massima trasparenza”.

La storia che Donzelli avrebbe effettuato un accesso agli atti per avere quelle informazioni è una bufala, non potevate almeno mettervi d’accordo?

“Sono stati commessi degli errori: non mi nascondo”.

Nordio ha avviato un’inchiesta interna, rischia di perdere le deleghe al Dap?

“Non vi rinuncio”. (Delmastro da sempre si batte per i diritti  della polizia penitenziaria: è il suo bacino di voti e di consenso).

Scusi, ma per curiosità: quando l’altra sera è ritornato a casa, nel rione Monti, non ha discusso con il suo coinquilino?

“La faccenda era troppo calda, e così ho preferito andare a cena fuori per rilassarmi con un gruppo di amici”.

Questa coabitazione rischia di essere un problema: ora tutte le volte che Donzelli parlerà di giustizia, daranno la colpa a lei.

“Gli chiederò di non farlo per evitare altri casini”.

Oppure vi dividerete, addio tetto comune? “Ci sto pensando, è un’ipotesi. Questa sera glielo propongo”.

Addio Monti.
              

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.