Renato Schifani con Gaetano Galvagno, presidente dell'assemblea regionale (Ansa)

"Il gioco delle tre carte"

In Sicilia FdI e Forza Italia si sono già separati (in casa). Ecco perché

Paolo Mandarà

Lo scambio di deleghe fra due assessori del partito di maggioranza, l’uno ai Beni culturali l’altra al Turismo, ha il classico odore di muffa. Per il capogruppo dem Catanzaro "è solo un trucco" che non basta a nascondere le divisioni

Le opposizioni l’hanno ribattezzato il “gioco delle tre carte”. In effetti lo scambio di deleghe fra due assessori di Fratelli d’Italia, l’uno ai Beni culturali l’altra al Turismo, ha il classico odore di muffa che non si addice a un governo così giovane. Sono trascorsi due mesi dall’insediamento della giunta siciliana, e il presidente Schifani, di Forza Italia, ha già effettuato il primo “rimpastino”: declassando l’assessore Scarpinato ai Beni culturali, e promuovendo Elvira Amata al Turismo. La scelta è stata assunta all’indomani dello scandalo denunciato dai giornali per un affidamento, senza bando, a una società del Lussemburgo che avrebbe dovuto organizzare una mostra fotografica (per quasi 4 milioni) al Festival di Cannes.

 

Avrebbe. La mostra non ci sarà perché Schifani, preso alla sprovvista dal decreto, ha chiesto e ottenuto che venisse revocato. Ma la circostanza non cancella settimane di fuoco, in cui il presidente della Regione è andato in forcing su Scarpinato (che però non s’è dimesso), arrivando a intimare una relazione dettagliata e il ritiro degli atti in autotutela. Un accanimento che non è piaciuto a Fratelli d’Italia: il partito della Meloni quell’assessore se l’era scelto a Roma – era una diretta emanazione del ministro Lollobrigida – e non ha digerito che venisse trattato a pesci in faccia. Da qui l’attacco del vicecapogruppo alla Camera, Manlio Messina: “O Schifani non ha guardato le carte, e questo sarebbe gravissimo, oppure non le ha sapute leggere. Il responsabile è lui”. L’affondo dell’ex assessore regionale (anch’egli al Turismo) ha provocato la reazione stizzita di Forza Italia (“Da Messina toni e illazioni offensivi”) e il tentativo maldestro di Giovanni Donzelli, con un invito alla sobrietà diventato subito carta straccia: “Guardino in casa loro”, è stata la controreplica.

 

Da quel momento bocche cucite e tutti al lavoro per metterci una pezza. Schifani, profondamente scosso per il trattamento ricevuto da FdI, è corso a Roma da La Russa in cerca di conforto. Ma ancora una volta – gli era già capitato nella scelta degli assessori – ha dovuto ingoiare un boccone amaro: cioè la permanenza in giunta di Scarpinato, col quale il rapporto è usurato da settimane. L’aspetto peggiore di questa vicenda, però, è la totale subalternità del governatore siciliano e di Forza Italia agli umori (variabili) dei patrioti. Separati da pochissimi decimali nelle urne, gli azzurri stanno ancora pagando la “tassa Miccichè”, che in estate aveva ottenuto il “no” al bis di Musumeci. Per evitare che la fama di guastatore del vicerè berlusconiano si abbattesse anche su Schifani, Micciché è stato progressivamente allontanato: prima tenendolo fuori da incarichi di governo, poi evitando che il presidente dell’Assemblea regionale, patriota anche lui, potesse concedergli una deroga (tanto che oggi, spogliato del suo gruppo parlamentare, è approdato da solo al gruppo Misto).

 

“Lo scambio di assessorati - dice il capogruppo del Pd all’Ars, Michele Catanzaro - è solo un trucco che non basta certo a nascondere la realtà: all’interno della giunta Schifani, dopo appena due mesi, si respira già un clima da separati in casa”. L’obiettivo è resistere almeno un altro mese: davanti a Schifani ci sono alcuni passaggi cruciali come lo spoils system e l’approvazione del Bilancio, che va affrontato con la solidità dei numeri. Ma il percorso potrebbe diventare più articolato la prossima primavera, quando si vota in molti capoluoghi siciliani: Catania in primis.

 

FdI ha già messo le mani avanti: “Ritengo che, se si facesse un ragionamento nazionale, Fratelli d’Italia potrebbe rivendicare la posizione perché è il primo partito a livello nazionale ma non ha un sindaco nelle prime dieci città italiane”, ha detto Gaetano Galvagno, presidente dell’Ars, a Live Sicilia. Ma è con Forza Italia (anche se Micciché non dovesse dare più le carte: probabile), che bisognerà trovare la quadra. Senza dimenticare l’influenza di cui godono, in città come Catania, anche l’ex governatore Raffaele Lombardo e la nuova Lega che si rifà a Luca Sammartino, vicepresidente della Regione. Se i patrioti s’aspettano un tappeto rosso, come a Cannes, rimarranno delusi.