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Cortocircuiti

Meloni sotto assedio: FI e Lega la lasciano sola sul caro benzina

Simone Canettieri

Forse per la prima volta da quando si è insediata, si respira intorno alla premier una coltre di solitudine. Le contraddizioni, dopo l'ennesimo "appunto" di Giorgia, sono anche comunicative

Per la prima volta gli “Appunti di Giorgia”, format social-meloniano di disintermediazione, non  spingono sull’autocelebrazione.  La premier pubblica un’edizione straordinaria per giocare sulla difensiva. Il caro benzina e il ritorno delle accise la costringono a spiegarsi. Lega e Forza Italia la tallonano: continuano a chiederle un intervento. In ballo c’è il consenso  del governo, ma non solo. Nel centrodestra si guarda alle regionali laziali e lombarde fra un mese. Salvini e Berlusconi temono di pagare dazio alle urne per colpa del caro carburante. 

 

“Il punto è che si fanno i conti con la realtà”, dice la presidente del Consiglio sui social. Ed è una frase manifesto, quella pronunciata da Giorgia Meloni. Costretta dai fatti a difendersi, a specificare, a correggersi in corsa. E dunque se il video del 2019 in cui chiedeva il taglio delle accise inizia a inseguirla ovunque, lei risponde così: “Dal 2019 a oggi il mondo è cambiato e purtroppo noi stiamo affrontando una situazione emergenziale su diversi fronti che ci impone di fare alcune scelte”. E se sempre la rete fa emergere che anche in campagna elettorale Fratelli d’Italia aveva inserito questo punto nel programma, nonostante lei dica il contrario, ecco un’ altra specifica della premier: “C’era, tra i punti, una voce sulla sterilizzazione delle entrate dello Stato su energia e carburanti, con un’automatica "riduzione di Iva e accise: significa che se hai maggiori entrare dall’aumento dei prezzi del carburante le utilizzi per abbassare le tasse. Ma noi non avevamo maggiori entrate, ovviamente. Quindi si tratta di un impegno molto diverso dal ‘taglieremo le accise’. Obiettivo che continuiamo a condividere e sul quale lavoreremo, ma impegno che nell’attuale contesto non potevamo prenderci”. 

 

E’ tutto un rincorrere: in ballo c’è anche la luna di miele della premier con il paese che rischia di saltare. In questo cortocircuito, che è anche comunicativo, l’inquilina di Palazzo Chigi tiene il punto. Rivendica la scelta politica di aver reintrodotto le accise. Dice il taglio costa un miliardo al mese e che ha preferito destinare le risorse sui ceti più bisognosi invece che  estenderlo a tutti dal benzinaio. Sono parole dense di preoccupazione. Perché intorno a Meloni gli alleati tacciono, come nel caso di Matteo Salvini, o parlano, ed è il caso di Forza Italia. Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin torna a dire durante il question time che “sulla riduzione strutturale delle accise sui carburanti si tratta di una misura di legislatura da valutare con attenzione sulla base dell’andamento dei conti pubblici e sulla base del riordino complessivo delle misure fiscali”.

 

La spinta di Forza Italia e Lega si fa sentire. Salvini ha già detto come la pensa. E, come ormai da abitudine, dopo un pressing iniziale molto forte lascia la patata bollente alla premier e al “suo” ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Emerge tra i corridoi del governo l’iniziale volontà di intervenire, ipotesi subito morta davanti ai costi dell’operazione. Un decreto ad hoc viene allontanato da tutti. Anche il ministro Luca Ciriani, di FdI, scaccia questa possibilità nell’immediato futuro. Si tratta di capire l’andamento dei prezzi del carburante.

 

C’è però intorno a Meloni un caos che difficilmente si dirada: prima l’allarme per gli speculatori, poi la conferma che i prezzi di benzina e gasolio sono in linea con gli anni precedenti (anche se c’era un’inflazione minore). Lo scenario non è dei migliori. E si respira, forse per la prima volta da quando si è insediata, una coltre di solitudine politica intorno alla premier. Forza Italia mastica amaro. La Lega, con il capogruppo Massimiliano Romeo, torna a dubitare sulla bontà dell’invio di armi all’Ucraina alle prese con l’invasione russa. Meloni se la prende con i giornali e con i commentatori che non leggono bene la realtà, ma percepisce intorno a sé il tentativo di logorarla da parte dei suoi alleati.

 

“Abbiamo fatto una scelta che rivendico: è giustizia sociale”, dice. Intanto i gestori criticano le misure sulla trasparenza varate dall’esecutivo: “Non taglieranno i prezzi, più adempimenti li aumenteranno”. E per le associazioni dei consumatori  quanto fatto finora “non basta”.  Il presidente di Nomisma, Davide Tabarelli, insiste: “Non cambia nulla, le quotazioni del petrolio saliranno”. C’è uno spiraglio: le maggiori entrate per l’aumento dei prezzi del carburante potrebbero spingere il governo a una limitura delle accise, magari fra qualche settimana.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.