Foto di Maurizio Brambatti, via Ansa 

la linguistica della politica

Questione semantica: Conte the miserable o Conte le misérable?

Salvatore Merlo

L’onorevole Giachetti chiede una Commissione per verificare che il leader del M5s sia in effetti un miserabile. Tra la miseria in senso morale e l'equivalente del gobbo di Notre Dame. Più propriamente: un insieme dei due

Giuseppe Conte e il Movimento 5 stelle sono dei miserabili nell’accezione dispregiativa inglese, dove “miserable” è anche una nera giornata di pioggia, o lo sono piuttosto in quella edificante del francese di Victor Hugo? Ieri pomeriggio alla Camera, l’on. Roberto Giachetti, di Italia viva, ha accusato in Aula il M5s e il suo leader Conte di aver messo in piedi una recita grottesca, di aver insomma finto di aver salvato l’Italia da un aumento degli stipendi dei parlamentari che in realtà nessuno alla Camera intendeva toccare. E nello smascherare la finzione, l’on. Giachetti ha utilizzato la parola “miserabili” dando origine così a un attorcigliato dibattito con i deputati del M5s che, offesi, chiedevano l’intervento del presidente della Camera a loro tutela.

 

 

Dibattito che s’è poi concluso con l’ironica richiesta, da parte di Giachetti, d’istituire una commissione capace di appurare se il termine “miserabili” si addica o no alla recita falsificante di Conte e dei suoi deputati. Ora, com’è evidente, il compito della Commissione sarebbe in teoria dei più complessi, poiché l’argomento va bene sia per l’Accademia della Crusca sia per i filosofi della morale. Una tale commissione d’inchiesta, partita infatti da una piccolezza, dovrebbe studiare una delle parole forse più dense che esistano non soltanto nella lingua italiana. 

 

Per gli inglesi, “miserable” è probabilmente il massimo dell’insulto, è la miseria della vita in senso morale, è il tempo opprimente delle giornate londinesi, è un umore infelice o depresso. In Francia, “misérable” è al contrario il gobbo di Notre Dame, è la corte dei miracoli dell’“Opera da tre soldi”, è l’insieme degli storpi che si muove nella messa in scena di Strehler con Milva nel 1972, insomma misérables sono gli ultimi cui Victor Hugo dava quella dignità che Riccardo Cocciante ha poi messo in musica con “Notre Dame de Paris”.

 

Ebbene, in italiano “miserabile” vuol dire all’incirca entrambe le cose, dipende tutto dal tono e dal contesto in cui lo si dice: è il grave biasimo attribuito a chi rivela viltà d’animo, sì, ma è anche chi è oppresso dagli stenti come Jean Valjean e Cosette. Sicché la Commissione ipotizzata dall’on. Giachetti, una volta superato eventualmente l’aspetto linguistico, dovrebbe poi addentrarsi nel labirinto del giudizio  morale, passando per così dire dalla Crusca direttamente a Socrate. Col rischio di perdersi per sempre. Per fortuna però, e fuori da ogni paradosso, ciò che intendeva l’on. Giachetti, che ieri mordeva il nome di Conte e alzava il tono della voce, è in realtà assai chiaro. Limpido. E persino azzeccato. Sarebbe stato infatti miserabile (in senso inglese) da parte dei deputati di Montecitorio aumentarsi lo stipendio (poiché non sono dei miserabili in senso francese), ma di sicuro è italianamente miserabile che i 5 stelle abbiano inventato una battaglia morale che non si è mai combattuta.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.