Quelle affinità tra Renzi e il Cav. che spaventano la Meloni

Valerio Valentini

Legge di Bilancio, Mes, dissesto idrogeologico. Segnali di intese tra il Tezro polo e FI. Il dirigismo della premier indispettisce il patriarca di Arcore, che torna a sentirsi col senatore fiorentino. Che dice: "In Parlamento c'è un'aria strana", e trova la sponda della Ronzulli. Maggioranza slabbrata: e già si inizia a ragionare col pallottoliere di Palazzo Madama

Sul taccuino vanno segnati per ora messaggi e telefonate, scambio di auguri, vicendevoli complimenti per gli interventi in Aula. Insomma, una ripresa di consuetudini che s’erano andate sclerotizzando, negli anni, pur a dispetto di una simpatia umana rimasta intatta. Matteo Renzi e Silvio Berlusconi: due nomi che evocano, essi soli, tutto un immaginario di retroscena e retropensieri. Sono tornati a parlarsi. E la cosa preoccupa non poco Giorgia Meloni.

“Perché contrariamente a una certa narrazione che ci vorrebbe sempre pronti a fare da stampella alla destra”, spiega Raffaella Paita, capogruppo in Senato del Terzo polo, “siamo gli unici ad aver messo in difficoltà il governo, finora, ad averlo costretto a dare risposte”. E’ successo sul Mes,  e la risposta che ne è scaturita – per bocca di Giancarlo Giorgetti – ha prodotto un mezzo inciampo la cui eco è risuonata fin dentro i corridoi dell’Eurotower. Ed è successo sulla legge di Bilancio, col pacchetto di misure proposte dalla delegazione guidata da Carlo Calenda per il decoupling nazionale alla premier, che è stata costretta poi a dire che in materia non erano arrivati i dettagli concreti. Con l’imbarazzo di Giovanbattista Fazzolari, pretoriano di Donna Giorgia a Palazzo Chigi, che era stato messo in contatto diretto dal renziano Ivan Scalfarotto con Giuseppe Zollino, il responsabile Energia di Azione e titolare della proposta.

Il resto, sta nelle parole puntute con cui Renzi s’è rivolto a Meloni nel suo intervento a Palazzo Madama, mercoledì, rinfacciandole le mille mistificazioni sui temi europei: “E’ ora che scelga se dobbiamo avere a che fare con la Meloni 1 o la Meloni 2”.  Un discorso, quello del leader di Iv, riscritto in corso d’opera, e fattosi più spigoloso del previsto. “Perché le repliche della premier sono state davvero di basso profilo, un condensato di propaganda”, ha spiegato poi ai suoi senatori. Col che cogliendo un umore abbastanza trasversale, tra gli esponenti più navigati di Palazzo Madama. “Non può certo venire qui a dirci che lei è la prima che va in Europa a testa alta, come se fossimo tutti parvenu, tutti all’anno zero della politica”, ha messo a verbale Pier Ferdinando Casini, mentre Mario Monti sceglieva la via del sarcasmo per sottolineare la stessa arroganza: “Perdoni se mi permetto di dare consigli a lei che già domina la scena del Consiglio europeo”, ha detto a Meloni. 

Insomma, “in Parlamento c’è un’aria strana”, ha convenuto Renzi con colleghi di FI. Un’aria “frizzantina”, che sa quasi di preludio di incidente. E non bastasse “quella certa idea della Meloni per cui lei decide e tutti obbediamo”, per dirla con un deputato azzurro, ci sta anche la fibrillazione scombiccherata intorno alla legge di Bilancio (con lo spettro sempre più concreto dell’esercizio provvisorio, e riunioni di maggioranza che si susseguono inconcludenti) e al dl Sostegni Quater, con una tarantella interminabile sul Superbonus che ieri, dopo molto discutere, s’è risolta nella decisione di riscrivere un intero comma dell’articolo 9.
E qui si arriva, allora, all’importanza del filo diretto tra Renzi e il Cav.: il fiorentino ha compreso la concretezze dei malumori del patriarca di Arcore per la gestione assolutista della Meloni. E chi ha seguito i lavori d’Aula, due giorni fa, non ha potuto fare a meno di notare come Licia Ronzulli, una che alla premier l’ha giurata, ha offerto proprio a Renzi una sponda inattesa per superare il tentativo di ostruzionismo allestito da Lega e FdI sulla ricostituzione dell’unità di missione contro il dissesto idrogeologico.

Segnali, certo. Che s’aggiungono a quelli che la stessa Ronzulli ha voluto lanciare ammutinandosi sul decreto Rave e sul reintegro anticipato dei medici No vax. S’è perfino arrabbiata con chi, proprio in Iv, ha sottolineato la valenza politica di quel gesto, ribadendo che era una questione personale. Ma che solo personale non fosse lo conferma il fatto che un manipolo di senatori azzurri era pronto a seguirla. “Una decina, mal contati”. E tanti basterebbero per provocare l’incidente. “Farle battere il naso”, si diceva mercoledì alla buvette. Si parlava della Meloni. E qualcuno ha notato che l’espressione usata è tipicamente fiorentina.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.