Foto di Fabio Frustaci, via Ansa 

l'analisi

La migliore opposizione al governo Meloni arriva dalla maggioranza. Prendere appunti

Claudio Cerasa

Nordio la critica sulla Giustizia e oppone un ultra garantismo. Giorgetti sul Pos. Ronzulli la sgrida sui vaccini. La stessa dinamica è avvenuta anche con Fazzolari su Bankitalia. Per le forze di minoranza è insieme opportunità e sfortuna

Una delle principali ragioni per cui, per l’opposizione, non sarà semplice fare opposizione al governo Meloni è che, come spesso succede nei governi di coalizione, l’opposizione più dura, più rigorosa e più arcigna al nazionalismo illiberale presente all’interno della maggioranza di governo arriva, da mesi, proprio da lì. Arriva proprio da dove non te l’aspetti: arriva dal governo prima ancora che dall’opposizione. Nelle ultime settimane, ci avrete fatto caso, la presenza di una maggioranza contemporaneamente di lotta e di governo è emersa con chiarezza in almeno cinque occasioni. E l’opposizione interna al governo, ormai, è diventata così frequente da essere praticamente una non notizia.

 

L’ultima occasione si è verificata martedì scorso, quando al Senato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, esponendo le sue linee programmatiche, ha fatto sfoggio di ultra garantismo, ha elogiato la presunzione di innocenza, ha criticato la carcerazione preventiva, ha condannato l’abuso delle intercettazioni e ha contestato la consuetudine della politica di voler risolvere ogni problema complesso utilizzando l’arma dell’aumento delle pene. In sostanza, il bravo Nordio ha criticato quanto fatto finora dal governo di cui Nordio fa parte, e non ci vuole molto a capire che un ministro della Giustizia che chiede di non giocare con il populismo penale stia chiedendo al governo di cui fa parte di non cadere più in errori macroscopici come quelli legati alla norma sui rave: pene più alte, intercettazioni più facili, abuso del populismo penale.

 

Un’altra occasione interessante, e spassosa, di opposizione dura al governo proveniente dal governo, è quella che si è andata a verificare dieci giorni fa, quando, in un’audizione in Commissione, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, dovendo rispondere a una domanda di Luigi Marattin sul Pos – “perché volete impedire agli italiani di pagare con la carta di credito una cena da 55 euro in un ristorante?” – ha risposto così, con tono imbarazzato: “Allora io le dico: lei, onorevole Marattin, ha la libertà di cambiare ristorante, e le suggerisco di farlo. E credo che se tutti quelli che trovano dei ristoratori che si vedono rifiutare il bancomat o la carta di credito facessero così, tutti si doterebbero del Pos”. 

 

Avete capito bene: il ministro dell’Economia, estensore della legge di Bilancio che darà la possibilità agli esercenti di non essere multati in caso di mancato uso del Pos per alcuni pagamenti, piuttosto che rivendicare la bontà della scelta, piuttosto che rivendicare il famigerato diritto dei commercianti a non usare il Pos, invita a boicottare chi sceglierà di applicare la legge che sta scrivendo il suo governo. Un altro caso gustoso, anche se meno spassoso, è invece quello che riguarda i vaccini e anche in questo caso, quando il governo ha annunciato di voler rivedere le multe agli operatori sanitari non vaccinati, la critica più significativa, e meno scontata, è quella che è arrivata dall’interno del governo e in particolare da Forza Italia, che per bocca di Licia Ronzulli, capogruppo al Senato, ha invitato, ottenendo successo, il suo stesso governo a non giocare con il negazionismo e a confermare le multe per i sanitari desiderosi di non vaccinarsi.

 

Stesso discorso, anche se su una scala più piccola, qualche giorno fa, quando, in seguito alla drammatica frana di Ischia, il ministro Pichetto Fratin, il più accreditato tra i ministri di questo governo per il premio Danilo Toninelli, si è detto convinto che fosse necessario “mettere in galera il sindaco (di Ischia, ndr) e tutti coloro che lasciano fare eventuali abusi edilizi”, e a quelle parole, oplà, ha risposto Matteo Salvini, collega di governo di Pichetto Fratin, e lo ha fatto con queste parole: “C’è qualcuno che vorrebbe arrestare i sindaci, mentre io li vorrei proteggere, e vorrei liberare i sindaci, perché su di loro gravano le maggiori responsabilità”. Stesso schema la scorsa settimana, quando, in seguito alle critiche formulate da Bankitalia al governo, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, ha attaccato duramente Palazzo Koch, accusandolo di essere a difesa non dell’Italia ma delle banche private, salvo poi essere richiamato all’ordine dalla stessa presidente Meloni, la quale utilizzando la formula retorica “fonti del governo” ha fatto sapere che “fonti del governo” affermano che da parte di Fazzolari “non vi è stata alcuna volontà di mettere in discussione l’autonomia della Banca d’Italia”.

 

Stessa storia, anche se ormai passata, sul fronte del sostegno all’Ucraina, e dinanzi a un Salvini in passato molto critico sulle sanzioni alla Russia e sugli aiuti militari all’esercito ucraino non è mai mancata, su questo terreno, una Meloni desiderosa di mostrare il suo atlantismo, al punto di rinnovare il decreto con cui Mario Draghi aveva autorizzato l’Italia a inviare armi all’Ucraina per tutto il 2022 anche per il 2023: stesso testo, stesso ingranaggio, stesse regole di ingaggio, e pazienza per Salvini. E anche sulla comunicazione della premier, e la sua insofferenza nel rispondere ad alcune domande non gradite, le critiche, alla presidente del Consiglio, sono arrivate, anche qui, dalla stessa maggioranza: “Non ho problemi a riconoscere – ha detto Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera, di Forza Italia – che quella conferenza poteva essere condotta meglio dalla premier. La sua reazione rischia di alimentare la narrazione, fallace, di un governo autoritario”.

 

Per l’opposizione, avere un governo che è contemporaneamente di lotta e di governo è insieme un’opportunità e una sfortuna. Una sfortuna perché una maggioranza che occupa entrambe le caselle, di lotta e di governo, tende a rendere le idee dell’opposizione poco rilevanti e dunque poco notiziabili. Un’opportunità, invece, perché avere una maggioranza divisa, su molti temi, una maggioranza che a volte oscilla tra l’essere non tanto di lotta e di governo ma tra l’essere stato e anti stato, tra l’essere sistema e anti sistema, è la spia di una maggioranza confusa ed è una spia che dovrebbe suggerire all’opposizione di fare l’opposto di quello che sta facendo oggi: occuparsi un po’ meno di come distinguersi dalle altre opposizioni e occuparsi un po’ di più di come trovare un modo efficace per essere non solo una forza di lotta, ma anche una forza di governo, capace di parlare anche ai follower degli altri partiti e non solo ai propri. E di fronte a un governo che ogni giorno mostra di vergognarsi del proprio passato, e anche del proprio presente, costruire un’alternativa di governo dovrebbe essere una missione ben più stimolante che limitarsi a girare i pollici e a fare risse da bar con gli altri colleghi delle opposizioni. Basta poco per farlo. Basta evitare che le opposizioni più efficaci al governo arrivino dal governo e non dall’opposizione.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.