All'assemblea degli industriali veneti

Meloni alle imprese: "Il governo ha la porta aperta", Bonomi ribatte: “Serietà sul cuneo fiscale”

Francesco Gottardi

“La prossima legge di Bilancio è nel segno della produttività”, dichiara la premier. Il numero uno di Confindustria promuove una parte della manovra ma chiede “una via chiara sul lavoro: è da anni che serve un intervento shock”

La dichiarazione d’intenti è solare: “Non disturbare chi produce, rimettere al centro il confronto con i corpi intermedi”. La stoccata ai precedenti esecutivi altrettanto: “Non può esistere il welfare senza la ricchezza generata a monte”. E allora viva gli sposi. Nella fattispecie Assindustria Venetocentro e Confindustria Venezia Rovigo, oggi convolate a fusione in quel che si chiamerà Confindustria Veneto Est. Testimone Giorgia Meloni, che promette l’appoggio del governo al tessuto imprenditoriale in ginocchio. “A partire dalla prossima legge di Bilancio”, spiega la premier in videocollegamento all’assemblea generale di Padova. “Per noi è stata una corsa contro il tempo: sul caro bollette abbiamo dirottato 21 miliardi”, i due terzi dell’intera manovra. “Tra le priorità della nostra azione c’è la crescita economica e il sostegno alle fasce sociali più deboli. Sono molti gli interventi che incarnano questa visione, dall’indicizzazione delle pensioni agli incentivi per l’occupazione. Altri invece dovremo metterli a punto nel corso della legislatura: sappiamo che per il cuneo fiscale servono maggiori sforzi e risorse”.

Ed è qui che Meloni incassa il colpo di Carlo Bonomi. “Ho voluto sin da subito esprimere le nostre impressioni a Palazzo Chigi”, interviene il presidente di Confindustria. “È positivo destinare i fondi della legge di Bilancio sulla crisi energetica. È positivo aver deciso di sbloccare i nostri giacimenti per aumentare la produzione nazionale di gas naturale”, anche se con una piccola nota a margine. “Non possiamo assistere a quel che sta succedendo a Piombino: la premier risolva il conflitto con il sindaco del suo partito”. Terzo punto. “Positivo pure aver tenuto la barra dritta sulla finanza, e cioè non diminuire il percorso di discesa del debito pubblico intrapreso dal governo Draghi. Cosa manca allora? Una via chiara sul lavoro”, cuneo fiscale in testa. “È da anni che chiediamo un intervento shock”, Bonomi l’aveva spiegato anche all’ultima Festa del Foglio, “per mettere più soldi in tasca alle fasce di reddito più basse. Eppure ci viene detto che non ci sono risorse: credo invece che chi spende mille miliardi di spesa pubblica annua, possa riconfigurarne il 4-5 per cento. Altrimenti ci mandiamo a casa da soli”.

E ancora: “Gli 800 milioni di euro stanziati per esigenze parlamentari invece ci sono? Questo esecutivo, in queste condizioni, deve affrontare il tema del lavoro in maniera seria”, l’appello del numero uno di Confindustria. “Serve però la volontà politica per farlo. E un piano programmatico che ad oggi non vedo. Fateci creare ricchezza, fateci creare posti di lavoro”. Meloni risponde a distanza che condivide il principio, “e che se l’industria andrà bene, così sarà per la nazione. Alla politica spetta fare delle scelte, io me ne assumerò le responsabilità. Ma come dice Bonomi, il lavoro non si crea per decreti: quel che compete allo stato è creare le condizioni affinché le aziende possano operare nel migliore dei modi. Per questo è essenziale restaurare fiducia fra le parti e credibilità al primo principio della nostra Costituzione”. Asso nella manica: “Il reddito di cittadinanza distrugge la cultura del lavoro. Dunque, a partire dal prossimo anno, abbiamo deciso di escludere dai beneficiari chi è in grado di lavorare ma rifiuta l’offerta: uno stato giusto non può mettere sullo stesso piano questa categoria con gli autentici bisognosi. E questo è solo l’inizio”.

Il governo messo alla prova su più fronti. Uno, chissà quale, glielo ricorda Luca Zaia: “Autonomia subito o porteremo i libri in tribunale”, il Doge entra a gamba tesa nel dibattito. “Le 23 materie da trasferire alle regioni sono previste dalla costituzione. Non è questione di secessione dei ricchi o egoismo nei confronti del sud del paese: i benefici potenziali ci sono per tutti. Ed è fondamentale che non sia solo il Veneto a fare domanda. Contrapposizione con FdI? Sanno anche loro che la visione centralista è medievale. Mentre la nuova stagione è quella del federalismo all’interno dell’unità nazionale. Abbiamo intrapreso il percorso con Draghi, Meloni sembra sul pezzo, incrociamo le dita”. Anche Bonomi confida nella nuova premier. “Dice di volersi confrontare con noi: sono convinto che manterrà la parola e a breve organizzerà un incontro”. Ma guai a etichettare il cuore industriale della regione. “Siamo autonomi, insensibili alla politica, non ci schiereremo mai. Propugniamo la partnership pubblico-privato. E la nostra sola fedeltà è alla crescita economica e sociale del paese”. Anche se, la massima sfugge a uno dei numerosi relatori presenti, “made in Italy è bene, made in Veneto è meglio”. La platea di Padova applaude. Meloni doveva ancora collegarsi.