oltre il sovranismo

La lunga strada di Meloni: dagli attacchi al "cordiale confronto" con Macron

Ruggiero Montenegro

Dopo la cerimonia della campanella e il primo Cdm, la nuova premier vede il capo dell'Eliseo per il primo vertice internazionale: "Proseguire il lavoro intrapreso insieme". Prove di tregua dopo anni di accuse da parte della leader di FdI

C'è un tempo per ogni cosa e questo, per il nuovo presidente del Consiglio, è forse il momento del pragmatismo e della collaborazione. Deve averci pensato, Giorgia Meloni. O per lo meno, è questo che si ricava dal suo primo incontro internazionale: un'ora e un quarto di “cordiale e proficuo confronto” con Emmanuel Macron. A sera, dopo una giornata scandita dai primi impegni istituzionali, la premier incontra il presidente francese, in un hotel al Gianicolo, per un colloquio, seppur informale, in cui “sono stati discussi tutti i principiali dossier europei: la necessità di dare risposte veloci e comuni sul caro energia, il sostegno all’Ucraina, la difficile congiuntura economica, la gestione dei flussi migratori”, come recita la nota di Palazzo Chigi.

Il tempo degli strappi, del sovranismo esasperato e da campagna elettorale, per il momento è finito, o quantomeno sospeso. “I presidenti di Italia e Francia hanno convenuto sulla volontà di proseguire con una collaborazione sulle grandi sfide comuni a livello europeo e nel rispetto dei reciproci interessi nazionali”. È un cambio di fase per Giorgia Meloni, un'assunzione di responsabilità che il nuovo ruolo le impone. E anche una retromarcia necessaria, rispetto a un paese – la Francia – che più e più volte è stato oggetto degli attacchi della leader di FdI. 

 


 

Nel 2018, per dire, Meloni accusava i francesi di “sottrarre scandalosamente al Mare di Sardegna e al Mar Ligure alcune zone molto pescose e un importante giacimento di idrocarburi”. O ancora: “Non ci venire a fare lezioni Macron, perché l'Africa scappa da voi. E la soluzione non è spostare l'Africa in Europa, ma liberare l'Africa da certi europei”, diceva da Atreju la presidente del Consiglio, in riferimento ai commenti del presidente francese sulla gestione migratoria italiana. Accusava i francesi di “signoraggio”, di stampare “moneta colononiale” nei paesi africani.

 

Da allora ne sono cambiate di cose, i ruoli sono ben diversi e quella terrazza al Gianicolo non è la festa di partito. Un curioso tempismo ha voluto che fosse proprio con Macron – a Roma ospite di Sant'Egidio, per un congresso sul conflitto e sulla pace in Ucraina – il primo incontro internazionale di Meloni premier. L'occasione - pare, con la sapiente regia del Quirinale - per la tregua, in nome di un interesse più alto. “Con l'Italia dobbiamo proseguire il lavoro intrapreso. Farcela insieme, con dialogo e ambizione, è ciò che dobbiamo ai giovani e ai nostri popoli. Questo incontro va in questa direzione”, scriverà alla fine il leader francese, in un tweet dal contenuto speculare a quello della comunicazione di Palazzo Chigi. Non c'è forse (almeno in chiaro) lo stesso affetto o la stima che l'Eliseo ha spesso rivolto a Draghi, ma la consapevolezza delle istituzioni, il riconoscimento politico e istituzionale, quello sì.  E d'altra parte è lo stesso contesto, economico e internazionale, a rendere necessaria la cooperazione. Tanto in Francia, quanto in Italia. 

 



“Non guardiamo ai sondaggi, ma al Pil e ai posti di lavoro”, ha detto ieri infatti Meloni nel primo Cdm, dopo aver ringraziato Mattarella. “Dobbiamo essere uniti per affrontare le emergenze che il Paese ha davanti", l'appello rivolto ai ministri, nella riunione durata circa mezz'ora. Prima ancora era stato il momento della cerimonia della campanella, preceduta dall'incontro privato con Mario Draghi, in cui il premier uscente ha messo in guardia Meloni sulle questioni essenziali che dovranno essere affrontate, sui dossier aperti. Un “passaggio di consegne ordinato”, hanno ricostrutio fonti di Palazzo Chigi, in cui l'ex banchiere della Bce ha invitato la nuova presidente, a cui ha sempre riconosciuto la lealtà anche nell'opposizione, a non isolarsi dagli storici alleati europei, a continuare nel solco tracciato – dal posizionamento internazionale al Pnrr.

È di ieri la notizia, anticipata su queste pagine, che Roberto Cingolani svolgerà il ruolo di consigliere del nuovo ministro della Transizione ecologica. Anche questo un segnale non proprio di rottura rispetto al governo uscente e alla gestione della crisi energetica, semmai di continuità. Se ne capirà certamente di più, e meglio, da domani quando Meloni parlerà alle Camere per i discorsi programmatici e la fiducia al suo esecutivo. Ma le prime mosse vanno in questa direzione. Quanto credibili si vedrà presto, dossier dopo dossier. 

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