Roberto Cingolani (Ansa)

lo sherpa

Meloni teme la trattativa sul gas in Ue e offre a Cingolani un ruolo da consulente

Valerio Valentini

Il ministro della Transizione ha già declinato la proposta di FdI per un bis, ma potrebbe avere un ruolo da consigliere accompagnando il suo successore, in vista delle difficili scelte dei prossimi mesi. In particolare per quanto riguarda l'energia e il price cap, almeno fino a quando l’intesa sulla riforma del mercato del gas non venga definita

L’imperativo è categorico: fare tutto il possibile per difendere l’accordo europeo sul price cap, e magari migliorarlo. Ma siccome in quel possibile Roberto Cingolani non annovera, e lo ha spiegato anche a Giorgia Meloni, la possibilità di restare alla guida del Mite, ecco la suggestione: accompagnare il suo successore, chiunque sarà, a Bruxelles. Per dare consigli, per fare lo sherpa: insomma, per rendere il più indolore possibile la transizione.

Non più ministro, dunque, ma advisor. Almeno fino a quando l’intesa sulla riforma del mercato del gas non venga definita. La bozza che Ursula von der Leyen ha inviato nella tarda sera di domenica agli uffici del Mite, e che delinea la proposta che la Commissione presenterà al Consiglio giovedì prossimo, è stata accolta da Cingolani con sollievo. “Insperabile solo un mese fa”, ha spiegato ai suoi collaboratori, coi quali ha convenuto che sì, la mediazione politica ha imposto delle rinunce e dei limiti, come quello della durata massima di tre mesi del tetto al prezzo del gas.

E poi ci sono delle ambiguità che vanno sciolte: se, come scrive la Commissione, la misura di calmierazione del mercato mira a “contrastare situazioni estreme di prezzo del gas”, il senso di quell’estreme va chiarito affinché si possa comprendere l’efficacia reale dello strumento. Insomma, c’è ancora da fare: “Contratteremo al rialzo, finché si potrà”, dice il ministro.

 

E in quel suo sospiro di inquietudine sul futuro prossimo c’è, ovviamente, anche la consapevolezza di chi sa che dovrà, a breve, affidare ad altri la fase finale di una trattativa condotta per oltre un anno in prima persona. E siccome la prospettiva un po’ di paura la procura anche alla Meloni, è stata lei a ipotizzare un incarico nel governo che verrà per Cingolani. Lui ha declinato offerte ministeriali, accogliendo invece come meritevole di riflessione l’ipotesi di un suo ruolo di consulenza.

In FdI c’è chi la vorrebbe fissa: una sorta di consigliere per le politiche energetiche da installare direttamente a Palazzo Chigi. Un po’ troppo per chi, come Cingolani, ha già da tempo dichiarato di voler chiudere con la politica. Il compromesso, allora, potrebbe essere quello di un ruolo (senza remunerazione) di advisor a favore del prossimo ministro della Transizione ecologica o dello Sviluppo economico. Per accompagnarlo a Bruxelles durante i vertici ministeriali, per indirizzarlo sulle mosse da prendere nella gestione del dossier, per introdurlo alle dinamiche più recondite della mediazione con un gruppo di lavoro – quello dei titolari dell’Energia dell’Ue – in cui Cingolani si è ritagliato un ruolo di capofila, col bagaglio di conoscenze e di confidenze che ne consegue, perfino coi colleghi nordici, i più arcigni.
 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.