Foto di Andrew Medichini, via LaPresse 

scontri in coalizione

Perché a Meloni serve un tecnico al Mef? La risposta riguarda un doppio guaio di Lega e FdI

Claudio Cerasa

Fratelli d'Italia tenta di andare in una direzione meno populista e più tradizionale, ma Matteo Salvini pare intenzionato a far entrare il suo partito nel Ppe, spostando la linea in versione sovranista

Lei ha un partito che la spinge a non esagerare con la moderazione, a non tradire le proprie idee, a essere coerente con il proprio passato, a non essere troppo simile a tutto ciò che si è sempre combattuto. Lui ha un partito che lo spinge a non esagerare con il populismo, a non tradire la propria storia, a essere coerente con il percorso fatto negli ultimi anni e a evitare di ripetere gli stessi errori commessi nel recente passato. Lei ha un partito che cerca di moderare, lui ha un partito che cerca di moderarlo.

 

Lei si chiama Giorgia Meloni, ovviamente, e lui, come avrete capito, si chiama Matteo Salvini, e nel gioco di ruolo tra i due gemelli diversi della politica italiana il rapporto dei due leader con i rispettivi partiti ci suggerisce una serie di parabole da seguire per capire qualcosa di più su quello che potrebbe essere il destino del governo BeSaMe (Berlusconi-Salvini-Meloni). Il primo tema è semplice da intuire ed è centrale: se Meloni, come sembra nei giorni dispari, ha davvero intenzione di traghettare il suo partito, e la sua futura coalizione, verso un orizzonte fatto di minore populismo e maggiore pragmatismo potrà contare in questa svolta sul suo partito o dovrà invece fare un lavoro doppio avendo un partito la cui classe dirigente è stata abituata a fare l’esatto opposto di quello che oggi Meloni suggerisce di fare?

 

Caso di scuola, per capire il tema: il fatto che Meloni non riesca a governare neppure i sindaci delle città amministrate da Fratelli d’Italia, città come Piombino il cui sindaco continua a dirsi ostile al rigassificatore che invece Meloni vorrebbe fare, è il segnale di un problema isolato o è il segnale di un problema strutturale, di una svolta meloniana cioè che riguarda più una singola persona che un intero partito?

 

Questione numero due: se la Lega, come sembra, proverà a usare il governo Meloni per creare un partito unico o al più una federazione con Forza Italia, con l’obiettivo dopo le europee del 2024 di far entrare la Lega nel Ppe insieme con FI, quanto è dannosa, in questa prospettiva, la presenza di un leader come Salvini che sembra avere tutta l’intenzione di rivestire nel futuro governo i panni del custode unico dell’ortodossia sovranista? È un gioco di ruolo, un incastro complesso, un equilibrio difficile, una tensione latente, all’interno della quale si indovina un problema ulteriore che promette di essere il vero elemento di scarsa affidabilità del governo futuro: chi sarà, nel governo Meloni, il garante del Pnrr?

 

La Lega modello Salvini farà di tutto per rinegoziarlo, il partito di Meloni farà lo stesso e alla fine la ricerca di un tecnico esperto al Mef disposto a “metterci la faccia”, come direbbe Meloni, in un governo che promette di essere solido come la difesa dell’Ajax la si spiega anche così: con la volontà di avere qualcuno capace di mostrare, sul Pnrr, quello che né la Lega né Fratelli d’Italia sembrano in grado di garantire: affidabilità. Popcorn in arrivo.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.