l'intervista

"Meloni non governerà mai: è unfit. E noi prenderemo più voti della Lega". Parla Calenda

"La capa di FdI getta la maschera: altro che responsabile, sta con Orban e Vox. Ci porterebbe tra i reietti d'Europa, e per questo spaventa anche i moderati del Carroccio e di Forza Italia". Draghi? "Vedremo che se noi del Terzo polo andremo bene, ci saranno le condizioni. E in fondo anche Letta lo sa che non ha alcuna prospettiva di governo che non passi dal confermare questo premier"

L’afonia ha avuto un tempismo pessimo. “Cinque giorni al voto, e sto quasi senza voce”. Un segnale? “Chissà. Forse è la conferma che dobbiamo fare una campagna sui contenuti, rifuggendo fino in fondo dalla tentazione di urlare”. E va bene, sì, la serietà, questa ostentazione di sussiego per cui “no, nessuna promessa last minute di abolire una qualche tassa: l’unica proposta mirabolante alla vigilia del voto sarà quella di non fare proposte mirabolanti”, però poi, a metà della chiacchierata, la frase pirotecnica arriva lo stesso: “Prenderemo più della Lega”. Carlo Calenda ne pare convinto. E motiva con rigore da analista il suo entusiasmo. “Non c’è solo il fatto che Matteo Salvini è fuori controllo, e arriva a rinnegare il voto sul lockdown per provare a racimolare qualche voto di antivaccinisti. C’è anche il fatto che gli elettori non estremisti della Lega, e sono tanti, e con loro quelli di Forza Italia, hanno capito che quella offerta da Giorgia Meloni non è una prospettiva di governo”. E a testimoniarlo, secondo il leader di Azione, ci stanno le ultime uscite, “del tutto scomposte”, della capa di FdI. “Perché con l’approssimarsi del 25 settembre, sale la tensione. E portare avanti la recita diventa difficile. La Meloni rivela il suo bluff di finta draghiana, e appare per quella che è. Dopo Orbán, anche Vox: se mai andasse a Palazzo Chigi, ci relegherebbe ai margini dell’Ue, nel club dei reietti”.

E non è solo un problema di valori, “che pure c’è, certo che c’è, perché da quei neofranchisti di Vox io mi tengo il più lontano possibile”. Il problema, insiste Calenda, riguarda soprattutto il futuro dell’Italia, la sua economia: “Perché un eventuale premier che a cinque giorni dal voto paventa complotti internazionali, getta accuse sui governi tedesco e francese, e rinnova fedeltà a Orbán e agli estremisti di destra spagnoli, quale voce in capitolo avrebbe a Bruxelles? Hai voglia poi a dire che ‘la pacchia è finita’: la storia dei pugni sul tavolo è il rifugio retorico di chi sa di non contare nulla in Europa, di non avere altro strumento di legittimazione diplomatica se non quello garantito dello scontro. Perché se a meno di una settimana dalle elezioni tu ritorni a elogiare Vox, vuol dire che in queste settimane di finta responsabilità hai recitato, vuol dire che la tua natura autentica è quella mostrata sul palco di Marbella”.

Era metà giugno: “Sí a la familia natural, no a los lobbis Lgbt, sí a la identidad sexual, sí a la cultura de la vida, no al abismo de la muerte”, eccetera. Così parlò Giorgia Meloni, che poi si disse pentita di quel comizio incendiario. “Ma quello non è un incidente, quelle sono pulsioni profonde, reali, nella cultura di FdI, che puntualmente riemergono ora che lo scontro elettorale si fa aspro. E a me quella roba spaventa, tra l’altro, perché nessun capo di  governo vorrà stringerti la mano, se l’immagine che di te si ha all’estero è quella roba lì. Ma c’è di più”. Di più? “Sì. Io l’ho vista, la Meloni, l’ho incontrata  in questa campagna. E’ sempre sulla difensiva, sempre nervosa, sempre in preda a una specie di sindrome da assedio. Ce l’hanno tutti con lei: i giornali, gli artisti, le cancellerie straniere. Ma stare a Palazzo Chigi richiede saldezza di nervi,  capacità di incassare in silenzio. Non è all’altezza. E’ unift. Per non dire di questo persistere di ideologismo nimby: dopo Piombino, anche l’Abruzzo. Dopo il rigassificatore, il gasdotto di Sulmona. Il tutto per non perdere qualche voto che potrebbe andare al M5s? Ma dai”. 

E questo, secondo Calenda, verrà percepito anche dagli elettori del centrodestra. “FI sfiorerà la soglia di sbarramento. La Lega è al collasso. Perché mai un imprenditore del nord, una partita Iva, un avvocato, di fronte a questa Meloni dovrebbe  sperare in un governo guidato da lei, e non puntare su un nuovo incarico a Mario Draghi con un sostegno trasversale che va dal Pd alla Lega desalvinizzata?”. 

Che poi, a ben vedere, la vera proposta mirabolante del Terzo polo forse è proprio questa: un Draghi bis. “Lui lo ha escluso, certo, e vorrei vedere. Qualunque dichiarazione che non fosse stata di diniego avrebbe prodotto un parapiglia politico. Lui resta fuori dalla contesa elettorale, pur non essendo certo equidistante”. Dice che voterà per voi? “Non oserei. Osservo solo come la nostra piattaforma sia quella più in sintonia con la sua agenda. E in ogni caso, Draghi ha dimostrato come la pensa nella sua ultima conferenza stampa, la più politica di tutte, dove nelle critiche a sovranisti,  filoputiniani e  populisti  è stato piuttosto esplicito”.

Basta questo a sperare in una sua riconferma a Palazzo Chigi? “Basta questo a investirci di nuova responsabilità, a noi del Terzo polo: nel senso che c’impegna ancor più a dimostrare che c’è una domanda di politica come arte del governo,  non come perenne propaganda. Se di voti ne prenderemo tanti, su questa base, allora dimostreremo che sì, c’è una voglia di Draghi. Dopodiché, il da farsi lo valuterà il capo dello stato ed eventualmente il premier stesso. Ma segnalo una cosa: a prescindere dal responso delle urne, sarà indispensabile una tregua generale sul più decisivo dei dossier, quello che riguarda l’attuazione del Pnrr. E’ troppo importante perché possa essere fatto oggetto di contesa politica, anche perché dal rispetto dei nostri impegni con Bruxelles passa anche il mantenimento dello scudo anti spread da parte della Bce. Altro che rinegoziare il Pnrr, come vuole la Meloni”.

Tutto contro la destra, insomma, questo Calenda. E dire che Enrico Letta la accusa di fare campagna contro il Pd. “A me pare che Letta, nell’ansia di coprirsi sia a sinistra dai Cinque stelle sia al centro da noi, non possa che ricorrere a schematismi del tutto vaghi e anche un po’ sciocchi: tipo Berlinguer contro Almirante, tipo il dire che solo chi vota Pd non è categorizzabile come No vax. Lui ci accusa dicendo che il Draghi bis è una chimera. Ma gli chiedo: la sua prospettiva di governo, esattamente, qual è? Lui chiede un voto per fare cosa? Con Conte, almeno a parole, eslcude ritorni di fiamma. Con noi non vuole confrontarsi. Perfino rispetto a Fratoianni e Bonelli, che pure sono suoi alleati sulla scheda elettorale, esclude qualsiasi prospettiva di governo. Ma quindi cosa pensa di fare? Un monocolore Pd? Non ci crede nemmeno lui, suvvia. Alla fine, un nuovo incarico a Draghi è la prospettiva su cui anche chi nel Pd non vuole rassegnarsi alla Meloni dovrà convergere”.
 

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