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Dalla parte dell'europa?

Il vero guaio dei fratelli di Russia

Claudio Cerasa

I partiti di Meloni e del Cav. hanno chiesto all’Ue (a marzo) di approfondire i rapporti tra la Lega e Putin. Tema: “Finanziamento occulto di attività politiche da parte di attori e donatori stranieri”. Non ci credete? Leggete questa mozione

E se i primi ad avere sospetti sugli intrallazzi tra Salvini e Putin fossero i suoi alleati? La risposta si trova in Europa e si trova in una sigla che merita di essere ricordata: 2020/2268. Nel grande romanzo sul rapporto opaco (eufemismo) tra la Lega di Matteo Salvini e la Russia di Vladimir Putin c’è un passaggio importante rimosso da diversi osservatori che riguarda un problema di cui il partito guidato dall’ex ministro dell’Interno dovrebbe forse tenere conto. Negli ultimi giorni, Salvini si è detto a dir poco indignato per la valanga di sospetti cadutigli misteriosamente addosso in seguito alla rivelazione che tutti conoscete offerta martedì scorso da alcune fonti diplomatiche americane: la Russia, sostiene l’intelligence americana, dal 2014 ai nostri giorni, dall’anno cioè dell’occupazione della Crimea, ha trasferito oltre 300 milioni di dollari a partiti, dirigenti e politici stranieri di oltre una ventina di partiti disseminati in giro per il mondo, compresa l’Europa, per esercitare il suo soft power e influenzarne l’opinione pubblica a proprio favore.

 

Il leader della Lega, che a marzo, a guerra in corso, ha scelto con straordinario tempismo di rinnovare l’accordo di collaborazione con il partito di Vladimir Putin, Russia unita, in queste ore ha mostrato tutta la sua virilità politica promettendo durissime querele a tutti gli esponenti politici, e non solo quelli, desiderosi di creare una simmetria che Salvini nega: soldi russi all’Europa uguale Lega di Salvini. Nelle stesse ore in cui Salvini si difendeva legittimamente rivendicando legittimamente di aver fatto legittimamente per anni il putiniano gratuitamente, il centrodestra però si è trovato in una situazione interessante: ciascun leader politico ha assicurato di non aver mai preso un rublo dalla Russia ma nessun leader politico ha mostrato altrettanta sicurezza nell’affermare lo stesso per i partiti alleati. E la ragione della diffidenza interna, nel centrodestra, rispetto al tema dell’opacità dei rapporti (gratuiti si intende) tra Salvini e Putin non è solo un pettegolezzo giornalistico ma è una verità accreditata dai fatti.

 

E da una storia clamorosa capitata qualche mese fa. E’ il 10 marzo del 2022. Siamo a Strasburgo. Il Parlamento europeo, a meno di un mese dall’inizio della guerra, negli stessi giorni in cui la Lega di Salvini sceglieva di rinnovare il suo accordo di cooperazione rafforzata con il partito di Vladimir Putin, ha appena approvato, a larghissima maggioranza, una risoluzione importante: contro le ingerenze straniere nella vita politica dei paesi dell’Unione europea. E in particolare contro un’ingerenza: quella della Russia. Ragioni della mozione? Semplice. Primo: “Le ingerenze straniere costituiscono una grave violazione dei valori e princìpi universali su cui si fonda l’Unione, quali la dignità umana, la libertà, l’uguaglianza, la solidarietà, il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, la democrazia e lo stato di diritto”. Secondo: “La Russia partecipa ad attività di disinformazione caratterizzate da una malevolenza e una portata senza precedenti sia nei mezzi di comunicazione tradizionali che nelle piattaforme dei media sociali, con l’obiettivo di ingannare i suoi cittadini così come la comunità internazionale”. Terzo: “Esistono prove a conferma del fatto che soggetti statali e non statali stranieri autoritari e malintenzionati, quali la Russia, la Cina e altri, ricorrono alla manipolazione delle informazioni e ad altre tattiche di ingerenza per interferire nei processi democratici dell’Ue”. 


Quarto: “Questi attacchi, che fanno parte di una strategia di guerra ibrida e costituiscono una violazione del diritto internazionale, sono fuorvianti e ingannano i cittadini e incidono sul loro comportamento di voto, amplificano i dibattiti controversi, dividono, polarizzano e sfruttano le vulnerabilità delle società, promuovono l’incitamento all’odio, aggravano le condizioni di gruppi vulnerabili che hanno maggiori probabilità di diventare vittime della disinformazione, alterano l’integrità delle elezioni democratiche e dei referendum, seminano sfiducia nei confronti dei governi nazionali, delle autorità pubbliche e dell’ordine democratico liberale e hanno l’obiettivo di destabilizzare la democrazia europea, e quindi costituiscono una grave minaccia per la sicurezza e la sovranità dell’Ue”. Una volta analizzate le premesse, poi, la risoluzione arriva a un passaggio chiave: “Finanziamento occulto di attività politiche da parte di attori e donatori stranieri”.

 

E all’interno di questo passaggio la mozione cita un partito tra gli altri sospettato di rientrare in queste attività di finanziamento occulto. Proprio quello: la Lega di Matteo Salvini. “La Russia – si legge nella mozione – cerca contatti con partiti, figure e movimenti al fine di utilizzare attori in seno alle istituzioni europee per legittimare le posizioni russe e i governi per procura, per esercitare pressioni per alleggerire le sanzioni e per mitigare le conseguenze dell’isolamento internazionale; partiti come l’austriaco Freiheitliche Partei Österreichs, il francese Rassemblement National e l’italiano Lega Nord hanno firmato accordi di cooperazione con il partito Russia Unita del presidente russo Vladimir Putin e ora devono affrontare le accuse dei media di essere disposti ad accettare finanziamenti politici dalla Russia; secondo quanto riferito, anche altri partiti europei, come il tedesco Alternative für Deutschland (AfD), gli ungheresi Fidesz e Jobbik e il Brexit Party nel Regno Unito, avrebbero stretti contatti con il Cremlino, e l’AfD e Jobbik avrebbero inoltre lavorato come cosiddetti osservatori elettorali alle elezioni controllate dal Cremlino, ad esempio a Donetsk e Luhansk nell’Ucraina orientale, per monitorare e legittimare le elezioni sponsorizzate dalla Russia; le scoperte riguardanti contatti stretti e regolari tra funzionari russi e rappresentanti di un gruppo di secessionisti catalani in Spagna, nonché tra funzionari russi e il più grande donatore privato per la campagna a favore del recesso del Regno Unito nel referendum sulla Brexit, richiedono un’indagine approfondita e fanno parte della strategia più ampia attuata dalla Russia tesa a sfruttare ogni occasione per manipolare i discorsi e favorire la destabilizzazione”.

 

Considerando tutto questo, dunque, la relazione chiede alle istituzioni europee un giro di vite sulle ingerenze straniere. La mozione passa con 552 voti a favore. I contrari sono 81. Gli astenuti sono 60. Tra i partiti che votano contro la mozione ci sono, naturalmente, i partiti citati nella risoluzione: la Lega e l’AfD. Tra i partiti che votano a favore della risoluzione, però, ci sono due sorprese. C’è il gruppo parlamentare guidato da Giorgia Meloni (Ecr). C’è il gruppo parlamentare di cui fa parte Forza Italia (il Ppe). E ci sono sia parlamentari di Fratelli d’Italia (come Raffaele Fitto) sia parlamentari di Forza Italia (come Antonio Tajani). Il tema è evidente: gli alleati di Salvini sospettano che il partito guidato da Salvini (insieme con gli alleati di Salvini in Europa) abbia molto da chiarire sul tema del “finanziamento occulto di attività politiche da parte di attori e donatori stranieri”.

 

E la tesi, espressa in quella mozione, non è poi così diversa rispetto a quella lasciata nero su bianco lo scorso 6 aprile dal presidente del Consiglio Mario Draghi, che intervenendo al Copasir disse la seguente frase rivolgendosi a tutti i partiti: “Se avete rapporti con la Russia ditelo. Anche perché noi lo veniamo a sapere”. E dunque torniamo alla domanda iniziale: ma vuoi vedere che i primi ad avere sospetti sugli intrallazzi tra Salvini e Putin non sono i nemici di Salvini ma sono direttamente i suoi alleati? La risposta è tutta in Europa e tutta in quella sigla: 2020/2268.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.