Berlusconi durante un messaggio agli elettori (Ansa)

EDITORIALI

Il Cav. potrebbe tornare in Senato, la miglior condanna per gli ignavi che fecero il misfatto

Redazione

Dopo l'ufficialità della sua candidatura alle prossime elezioni politiche, Berlusconi pensa al ruolo che potrebbe coprire. Gli avversari lo temono

L’ho visto, com’è vero che sto qui”. “Indietro! Vattene dalla mia vista!”. Se la politica italiana non fosse più votata alla farsa che alla tragedia, se Silvio Berlusconi non fosse più votato al melodramma leggero, nel prossimo ottobre la scena madre a Palazzo Madama potrebbe essere questa: l’apparizione del fantasma di Banquo a tanti spaventati Macbeth. Silvio Berlusconi, decaduto dalla carica di senatore alle 17 e 43 minuti del 27 novembre 2013, in virtù di un regicidio simbolico ma compiuto a carte bollate, cioè in virtù della legge cosiddetta Severino, in seguito a una sentenza definitiva anch’essa fatta di carte bollate, ha deciso di ricandidarsi al Senato.

 


A ben vedere la notizia dovrebbe essere scevra da sensazionalismi: ne ha diritto, scontate le pene e gli accessori, è leader di un partito, in una coalizione data per vincente. Non è nemmeno improbabile che possa avere il suo risarcimento simbolico, farsi eleggere alla Seconda carica dello stato. 
Lo farebbe col solito sorriso, eppure il terrore che ci riesca davvero, tra i suoi nemici, è così palpabile da non poter essere nascosto. Solo un saggio volpone come Filippo Ceccarelli ha trovato il tono giusto per raccontarla: “Si può ridere, piangere, indignarsi, gioire o rassegnarsi, ma queste elezioni, comunque vadano, sono già e comunque destinate ad accrescere non solo la fama, ma anche la leggenda di Re Silvione”.

 

Per il resto, a partire dal titolo di Repubblica – “Il ritorno di Berlusconi - Dopo gli scandali e le condanne”, eccetera – tradisce un’ansia scespiriana. Perché il cuore drammaturgico della scena sarebbe questo. Non il ritorno glorioso del re, come in una saga fantasy (la regina sarà semmai un’altra); non un lieto fine fuori tempo massimo. La scena vera, drammatica, pesante come un giudizio, sarà quella di tutti i Macbeth, di tutte, tutte le forze politiche che compirono quello che a tutti gli effetti fu, più che un atto di giustizia, un misfatto politico. Cioè peggio. Vedersi apparire il fantasma di Banquo, ma sorridente, sarà la peggior condanna di una politica fatta di demagogia e ignavia.

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