LaPresse 

Il programma economico di FdI

Meloni frena Salvini su flat tax e pensioni. Parla il responsabile economico di FdI

Gianluca De Rosa

Maurizio Leo: "Sull'economia da noi solo proposte credibili". Si chiude il programma di coalizione, ma dalle tasse alle pensioni il partito di Meloni cerca di evitare le sparate degli alleati. Unica concessione? Tassare i giganti del web

È stato il giorno conclusivo del tavolo sul programma della coalizione di centrodestra. Ai quindici punti già concordati la settimana scorsa, se ne sono aggiunti due nuovi su riforma della Giustizia e transizione ecologica. Ma se sugli obiettivi programmatici Fratelli d’Italia, Lega e FI hanno già trovato una parziale quadra (ora la bozza sarà visionata dai leader), su quelle che saranno le proposte economiche già s’intravedono le prime divergenze.

  
Matteo Salvini e Silvio Berlusconi promettono interventi spettacolari: pensioni minime a mille euro, quota 41, flat tax al 23 per cento per tutti i lavoratori. Ma nel programma di Fratelli d’Italia, il partito che verosimilmente incasserà più voti dell’intera coalizione, di tutto questo non ci sarà nulla: niente flat tax, almeno da subito, e nessuno strappo che rischierebbe di far collassare il sistema pensionistico. Maurizio Leo, tributarista e responsabile economico del partito di Giorgia Meloni, al Foglio lo spiega così: “Guardi, noi di promesse shock in economia non ne faremo. Apprezziamo quello che dicono gli altri partner della coalizione, ma preferiamo fare proposte sostenibili, interventi per i quali è possibile trovare poi le coperture finanziarie. Se andremo al governo la legge di bilancio andrà affrontata molto seriamente”. E infatti uno dei punti della bozza del programma di coalizione approvata martedì 9 agosto dai responsabili dei tre partiti prevede questo: “Estensione della Flat Tax per le partite Iva fino a 100 mila euro di fatturato con la prospettiva di ulteriore ampliamento per famiglie e imprese”. 


Un impegno prospettico e di lungo periodo voluto da FdI. Spiega Leo: “Nel corso della legislatura, se le condizioni dei conti lo permetteranno, si può arrivare a quello che auspicano gli altri leader, e cioè a un’imposta piatta, con una no tax area e deduzioni e detrazioni per garantire il principio costituzionale della progressività. Ma si farà solo se nel corso della legislatura si troveranno le coperture”. Insomma la flat tax è una prospettiva, ma non assolutamente una certezza. 

 

Cosa propone dunque FdI? “Noi – dice il tributarista – vogliamo fare sin da subito, e per tutti, una cosa più sostenibile: la flat tax incrementale al 15 per cento”. La misura prevede che si paghi l’imposta piatta solo sul reddito eccedente rispetto alla dichiarazione dei redditi dell’anno precedente, come ad esempio premi di produttività e rinnovi contrattuali. “In questo modo – sostiene Leo – potremmo ridurre il carico fiscale senza creare un aggravio per i conti pubblici, sarà anche allo stesso tempo un incentivo alla crescita economica e un’arma contro l’evasione fiscale”. 

 
Come spiegava Luciano Capone su queste colonne, la proposta travalica il principio dell’equità orizzontale (persone con lo stesso reddito potrebbero pagare diversamente), ma di certo non richiede lo stesso sforzo finanziario che servirebbe per la flat tax. 

 

Anche sulle pensioni la parola d’ordine del partito della Meloni è la stessa: realismo. Piedi per terra. Dice Leo: “Sulle pensioni non possiamo fare promesse che poi non si possono realizzare. Certo anche noi vorremmo aumentarle, ma si può fare solo con le coperture che il bilancio offre”. Come dunque? “Già nel decreto Aiuti bis c’è un incremento, su quella scia cercheremo di fare qualcosa di più, aumentando un po’ la rivalutazione già introdotta”.

 

La proposta shock di FdI, se così la si può definire, riguarderà invece un argomento annoso: la tassazione dei giganti del web. “Chi realizza profitti significativi sul territorio italiano senza avere qui una sede fisica oggi viene tassato in misura minima attraverso la web tax, noi, invece, vogliamo utilizzare in modo più efficace una norma che già esiste all’interno del testo unico sulle imposte sui redditi: la stabile organizzazione virtuale. Il meccanismo sarà quello di invertire l’onere della prova: in pratica se un’azienda realizza profitti in Italia in misura tale da essere sottoposta alla web tax paga le tasse come un’azienda italiana, a meno che non sia lei a dimostrare che non c’è una stabile organizzazione nel nostro paese”.

 

Sempre nel solco di una presunta sostenibilità c’è anche una proposta che più si presta allo slogan: “Più assumi meno paghi”. “Quando si assume un disoccupato, un giovane o una neo mamma – spiega Leo – l’impresa avrà una super deduzione: se paga 100, dedurrà 200. Sul versante dei conti la cosa non avrà un costo enorme perché la società deduce, ma il dipendente che assume pagherà l’Irpef. Il costo maggiore lo finanzieremo con una parte dei 9 miliardi del reddito di cittadinanza, la restante rimarrà per il sostegno agli indigenti e per le persone che non possono lavorare”.