Stefano Donnarumma, ad di Terna, in occasione della presentazione del premio Driving Energy 2022, Roma (Ansa) 

Il personaggio

Chi è Donnarumma, il manager di stato coccolato da Meloni

Stefano Cingolani

La leader di Fratelli d'Italia apprezza il suo profilo e il suo curriculum, nonostante una momento di vicinanza ai 5 Stelle. Se FdI vincesse alle elezioni, potrebbe diventare il ministro dello Sviluppo al posto di Giancarlo Giorgetti

Mai più Michetti. Sembra che Giorgia Meloni l’abbia giurato a sé stessa e a Lollo, cioè Francesco Lollobrigida, marito di sua sorella Arianna nonché capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, al quale viene attribuita l’improvvida scelta dell’avvocato Enrico Michetti come bizzarro candidato al Campidoglio. Dunque, cercasi squadra di governo con i fiocchi, ascoltare Guido Crosetto e meno il cerchio “maggico". Così è cominciato lo scouting proprio mentre le urne elettorali ormai in vista danno il la a un vero e proprio smottamento nel sistema di potere. In questi giorni di nomi ne circolano a bizzeffe, alcuni sono via via decaduti, come quello di Carlo Messina che resterà alla guida di Banca Intesa, ma in tutte le rose si trova sempre lui, Stefano Donnarumma.

 

Il curriculum è lungo e ricco; le idee non mancano; l’ambizione nemmeno. L’amministratore delegato di Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione dell’energia elettrica, non è un boiardo di stato nell’accezione di Eugenio Scalfari. Milanese, si laurea in Ingegneria nel 1993, un anno dopo comincia a lavorare nella componentistica auto per conto di quattro multinazionali: Ruetgers Automotive, Tmd Friction, Bombardier, Alstom. Dagli autoveicoli ai treni, poi alle infrastrutture e ai servizi pubblici. Nel 2007 è a Roma, comincia con l’Acea (acqua, luce e gas), la società del comune nella quale sono entrati come azionisti rilevanti i francesi di Suez e Francesco Gaetano Caltagirone. Cinque anni dopo ecco Aeroporti di Roma (Fiumicino e Ciampino) passata all’Atlantia dei Benetton. Nel 2015 torna al nord per dirigere le reti del gruppo A2A, la multiutility di Milano e Brescia quotata in borsa. Appena un biennio e l’Acea gli offre il posto di capo azienda finché nel 2020 non arriva la nomina a Terna da parte del governo Conte I, quello gialloverde. Per lui si spende espressamente Riccardo Fraccaro. Ma l’impronta grillina non impedisce a Giorgia Meloni di sponsorizzarlo questa primavera presso Mario Draghi il quale glissa indirizzandola verso Francesco Giavazzi plenipotenziario per i vertici delle aziende pubbliche.

 

Sposato con tre figli, Donnarumma ha sempre fatto valere le sue esperienze professionali più che le proprie simpatie politiche. Ma quando la partita si fa politica, è la politica a scendere in campo. Nonostante il passaggio pentastellato, il manager piace a Fratelli d’Italia e certo non per la barbetta alla Balbo ormai da tempo bipartisan. Giorgia Meloni è rimasta colpita dall’intervento di Donnarumma alla conferenza programmatica il 3 maggio scorso a Milano. L’emergenza energetica può essere superata, ha detto, solo “mettendo in sinergia i grandi campioni italiani, come Terna, Eni, Enel e Snam. Noi dobbiamo effettuare una pianificazione energetica congiunta e definire quali sono i reali obiettivi per evitare che si vada ognuno per la propria strada”. Unire i quattro colossi pubblici? Non proprio. Certamente fondere Terna e Snam, un matrimonio al quale stava già lavorando il governo Draghi. E poi creare una sorta di trojka che risponda a un piano nazionale. Seguiamo ancora il suo ragionamento perché se va al governo il centrodestra, Donnarumma può diventare ministro dello Sviluppo al posto di Giancarlo Giorgetti o magari, perché no, lo zar energetico (come gli americani chiamano l’uomo al quale viene affidato tutto il potere di gestire situazioni d’emergenza). 

 

Autonomia e sicurezza sono le parole chiave una volta superata la crisi attuale. “L’Italia sviluppa la produzione di energia nazionale soprattutto sul gas – sostiene Donnarumma – ma le energie rinnovabili oggi ammontano a più del 35 per cento del fabbisogno complessivo italiano. La pianificazione attuale prevede di superare il 55 per cento dell’energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2030. Significa oltre 40 gigawatt in otto anni, cioè cinque all’anno. La velocità di implementazione è stata finora di uno all’anno. Bisogna accelerare, occorre pensare a un avanzamento di programma molto anticipato”. Gas? Certo, “non lo abbandoneremo per qualche decina di anni, non è qualcosa della quale si può fare a meno”. Qui la pensa diversamente da Francesco Starace, il gran capo dell’Enel, ed è più vicino all’Eni di Claudio Descalzi. Nucleare? Sì grazie. “Ho sentito parlare di nucleare e di nucleare di quarta generazione– dice Donnarumma – Sono convinto che sia un’attività di studi che il paese non può abbandonare”. E non solo studi, dalla teoria alla prassi. La destra sceglie, la sinistra si divide proprio sull’energia a giudicare dalla reazione di Angelo Bonelli (Europa Verde) e Nicola Fratoianni (Sinistra italiana) all’accordo tra Enrico Letta e Carlo Calenda.