Direzione dem

Letta chiede al Pd "passione e scientificità" ma adesso il problema è Calenda

Carmelo Caruso

La direzione decide le deroghe, il segretario parla di "frontrunner", ma il rapporto con il leader di Azione si fa complesso. "Difficile andare d'accordo con lui. Vuole solo annientare gli altri partiti" dicono i dem di sinistra

“La scelta sarà tra noi e la Meloni”, “sarò il frontrunner”, “chiedo un mandato per esplorare la possibilità di alleanze tecniche ma con le forze che non sono le forze dell’irresponsabilità”. Inizia la maratona Letta. Calenda si candida premier, lui è “frontrunner”. E ha consigliato di smetterla di pensare che Twitter sia il mondo dentro il mondo: “Le elezioni non si vincono conquistando la medaglia d’oro su Twitter. Serve pacifico coraggio e buon senso popolare”. In direzione, quella del “chiedo generosità” (equivale a dire che molti non saranno ricandidati. Uno di questi è Luigi Zanda “non chiederò la deroga che pure mi era stata offerta”) il segretario del Pd ha chiesto “pieno mandato” per alleanze tecniche. Il regolamento per disciplinare le candidature dem prevede che non saranno ricandidati i parlamentari con oltre 15 anni di mandato ma possono ottenere la deroga “coloro i quali ricoprono o abbiano ricoperto la carica di Segretario nazionale, di presidente del Consiglio dei ministri e di Ministro”.

  

Adesso la partita è sulle alleanze tecniche. Significa "Azione" di Calenda e "Insieme per il futuro" di Di Maio. La scelta del M5s “è un punto di non ritorno” ha dichiarato il segretario. Il disegno: “Dunque ci sarà una lista del Pd aperta ed espansiva a chi ha condiviso il programma delle Agorà. Articolo Uno e Demos. Sarà il cuore del progetto. Il brand sarà Italia democratica e progressista”. Per Letta “gli italiani sono pronti. Gli italiani sono più saggi di noi. Ci dicono giocatevela! E tra voi e Fdi. Giocatevela! Serve passione e scientificità”. Sarà raccontato, e bene, domani sul giornale di carta, ma per Letta e per il Pd adesso la sfida è un’altra. Rotta l’alleanza con Giuseppe Conte, ad angosciare il partito è la figura ingombrante di Calenda.

  

L’uscita del leader di Azione “mi candido premier” ha indispettito la parte sinistra del partito. Ma anche la possibile presenza di Di Maio, la seconda ruota della bicicletta, in coalizione, non piace all’anima boldriniana che non dimentica le vecchie uscite del ministro in epoca M5s. L’alleanza tecnica con Calenda è insomma un’operazione complessa anche per l’umore del leader di Azione che ha proseguito: “Non faremo coalizioni politiche con programmi e leadership comuni con tutto il centrosinistra. Cosa che la legge elettorale non prevede. Stiamo valutando l'opzione di andare indipendenti dai poli e quella di fare accordo per salvare uninominali mantenendo la nostra leadership e il nostro programma”. Ecco perché concludendo la sua relazione, Letta, ha detto “Non abbiamo il vento a favore ma un’apertura di credito. Tanti di noi, tra quindici giorni, saranno scontenti. Chiamarsi partito non è una bestemmia”. Molti di loro lo bestemmieranno quando non saranno ricandidati. Saranno tantissimi.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio