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l'intervista

Parla Vendola: "Il Pd con Calenda? Un suicidio assistito"

Gabriele De Campis

Il ruolo di Draghi, le responsabilità della fine del governo e il futuro della sinistra 

Nichi Vendola, intellettuale, parlamentare e già governatore della sinistra in Puglia, con le dimissioni di Draghi finisce una stagione di commissariamento dei “competenti”? “Talvolta si è invocata la tecnica come si invoca lo spirito santo. Le competenze hanno l’aureola e vivono sulle nuvole (oggi si direbbe nel cloud). Certo fa impressione vedere l’incompetenza al potere, assistere ogni giorno allo show del dilettantismo e del narcisismo mediatico degli analfabeti in carriera. Ma, ecco il punto, la competenza non è neutra e le scelte di governo non sono mai oggettive. Noi viviamo un tempo nel quale si è fatto credere che il liberismo fosse una legge di natura, che il riformismo fosse fare le contro-riforme, che la tecnica fosse la sublime alternativa al caos di una politica da operetta. Di una politica che plaude al proprio fallimento, che finge di non vedere la faglia catastrofica dell’astensionismo sotto i propri piedi. La retorica governista uccide ciò che resta di passione politica”.

 

Draghi si è meritato il soprannome di SuperMario? “Certamente. Come un pontefice laico ha accettato la “chiamata”, è sceso dal cielo della tecnica sulla fangosa terra della politica, ha cercato di dominare gli animali spiriti di una élite politica sgangherata, talvolta è apparso come un re taumaturgo. Eppure è caduto. Diciamo che non gli è riuscita la quadratura del cerchio”.  La rottura avviene per le rimostranze di Conte su temi come reddito di cittadinanza, salario minimo e super bonus. “La crisi di governo l’ha innescata Luigi Di Maio, giocando d’azzardo la carta della scissione, e cioè dando fuoco a casa sua. L’incendio è divampato ed era forse inevitabile. Ma ciò che più dovrebbe preoccupare è l’altro e meno metaforico incendio: quello della crisi ambientale, di un’Italia che brucia e che muore di sete”.

 

La spina l’hanno però staccata le destre. “Ci confronteremo con una destra illiberale e reazionaria. Il moderatismo di Berlusconi è una leggenda alimentata dallo stile guascone e squadrista dei fascio-leghisti. È una destra sempre protezionista con i ricchi e feroce sempre con i poveri. Garantista con i garantiti e giustizialista con le moltitudini in fuga dalla guerra e dalla miseria. Citano Churcill ma amano Orban e Trump. Ma la loro forza è direttamente proporzionale alla debolezza e agli smarrimenti della sinistra. Il ventre che partorisce l’onda populista, ieri con Grillo e oggi con la Meloni e Salvini, è sempre la crisi sociale, la paura del futuro e l’angoscia del presente. Il Pd sembra ora riposizionarsi archiviando il campo largo. Abbraccerà Calenda? “Una strategia non troppo innovativa, direi. La chiamerei “suicidio assistito”.

 

Una volta ho intitolato un mio articolo “Sinistra Calenda est”. Carlo, che è una persona intelligente ma non spiritosa, si è molto offeso…”. In Francia la gauche risorge con Mélenchon. “Il leader de La France insoumise non ha rappresentato una variante di sinistra del populismo, bensì l’alternativa radicale all’estrema destra di Le Pen e all’estremo centro di Macron. All’estremismo di chi tutela la ricchezza e taglia le pensioni, di chi chiama riforma la precarietà del lavoro e dei diritti, di chi teorizza che la pace si costruisce con la guerra, occorre replicare con una sfida di grande cultura e di grande politica. Lo dico con più nettezza e cattiveria: se per sinistra si intendesse una “destra progressista”, saremmo davvero ad una vera e propria coazione al naufragio”. Vendola, lei ama le buone letture. A Draghi cosa consiglierebbe per l’estate? “Non vorrei peccare di presunzione. Sarei felice se leggesse il libro del Premio Strega Mario Desiati. Si chiama “Spatriati”, mi pare un titolo in sintonia col momento”.

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