La battaglia legale contro Salvini

La disfida delle due Leghe, raccontata dal protagonista Gianluca Pini

Marianna Rizzini

L'ex segretario del movimento in Romagna ha presentato ricorso al tribunale di Milano chiedendo la convocazione del congresso federale della Lega Nord. Vogliamo dare "agibilità politica" al partito "congelato", dice al Foglio

Già la presentazione su Twitter è un annuncio di quello che verrà: “Gianluca Pini, proudly a Lega Nord member of Parliament”. Proudly, cioè orgogliosamente membro della Lega Nord. Ed è qui il nodo. Perché Pini, federalista e autonomista, già segretario della Lega Nord Romagna dal 1999 al 2015, poi tra i fondatori della corrente maroniana dei “barbari sognanti”, vorrebbe tirare fuori la Lega Nord dal cassetto in cui l’ha messa Matteo Salvini, quando, vicepremier, nel 2019 si è dimesso da segretario di partito, sdoppiandosi poi in leader della creatura ad hoc, la Lega per Salvini premier. Che per i militanti duri e puri è come dire “ci hai trasformati nella bad company”.

 

E dunque adesso la Lega Nord, tanto più visti i momenti politicamente non felicissimi per Salvini, si è trasformata a sua volta nel fantasma di Banco, per mezzo di Pini e degli iscritti che chiedono piena “agibilità politica”, dice Pini al Foglio, per la Lega che fu di Umberto Bossi: “Si doveva tenere un congresso entro 180 giorni da quelle lontane dimissioni di Salvini. Invece, non solo non si è tenuto, ma non ci è stata data mai risposta sulla data di convocazione. E il commissario Igor Iezzi, con la velocità di un bradipo, prima ha temporeggiato, poi, dopo due anni trascorsi inutilmente, di fronte all’ennesima richiesta, e in concomitanza con l’iter in tribunale, invece di convocare il congresso ha convocato il Consiglio federale per il 20 settembre, primo passo per la convocazione del congresso – ma in teoria”.

 

L’iter giudiziario voluto da Pini e dagli iscritti leghisti che rivogliono la Lega per com’era non è un accidente, nel senso che il 14 luglio è prevista l’udienza di comparizione: “Vedremo che cosa succederà, visto che a questo punto quantomeno è stato convocato il Consiglio, e vediamo se il giudice considererà superato o meno l’oggetto del contendere. Ma la verità da ribadire è che ormai ci sono due Leghe. E Salvini, per carità, è liberissimo di tenersi la polisportiva dove fa tutto e decide tutto, ma in questo momento è urgente e necessario tornare a far vivere la Lega Nord, anche per recuperare i milioni di elettori che, come si è visto alle amministrative, questa volta non hanno votato Salvini. Sono elettori fuggiti che non vogliono spostarsi su Fratelli d’Italia, e noi dobbiamo tornare a rappresentarli, a intercettarli, a convincerli, per evitare che si rifugino ancora nel non voto”.

 

E insomma, se anche il congresso alla fine non verrà imposto da un tribunale, resta il punto, dice Pini: “Non si può congelare un partito che oltretutto continua a prendere i contributi del 2 per mille; un partito che ha una storia e che è stato il primo esperimento di forza politica post-ideologica”. Non è da oggi che Pini si muove sul fronte che divide una Lega dall’altra. Lo faceva anche prima che Salvini ufficialmente si dimettesse: nel 2013, infatti, Pini annunciava la propria candidatura al congresso in opposizione proprio al futuro vicepremier, per poi ritirarla su impulso di Roberto Maroni, nel nome dell’unità del partito. Ma la linea di frattura ha continuato a correre  sotterranea per anni, tanto che nel 2018 Pini non si ricandida. Chiede invece poi di poter usare il simbolo a Faenza (richiesta negata e, dice Pini, “con motivazioni che ci hanno lasciati molto perplessi”).

 

E si arriva ai giorni nostri, al ricorso in Tribunale per ottenere il congresso. Ma che Lega vuole Pini? Non la Lega sovranista: “Salvini non può tenere la Lega Nord nel congelatore perché gli fa comodo. Gli elettori non lo seguono e non lo seguiranno, e infatti se ne vanno. Quello che sta facendo secondo me è illegale, e inoltre crea un danno al paese, per non parlare delle sparate mediatiche”. Intanto, nel giorno in cui Mario Draghi sale al Colle, dopo giorni di tensione con M5s e Lega, parte la maratona contro il dl cannabis e ius scholae, con i deputati salviniani che intervengono “a titolo personale” nel corso dell’esame della proposta di legge. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.