Viale Mazzini

Rai no Way. La vendita è quasi impossibile. Le redazioni esplodono. Nuovo ruolo per Giorgino

Carmelo Caruso

Il nuovo piano industriale della Rai poggia sulla cessione delle torri, ma chi le compra? Rai Sport e Rai News in agitazione. Al Tg1 sta per arrivare il vicedirettore leghista

Domanda: vi comprereste una casa con la clausola di comunicare al vecchio proprietario come intendete arredarla e chi intendete ospitare? Sappiate che il nuovo piano industriale Rai, della nostra gloriosa, insostituibile, televisione di stato, sta per essere costruito su questa fantasia borgesiana: un piano di sabbia. E’ sulla scrivania dell’ad Carlo Fuortes. Doveva essere esaminato ieri dal Cda, ma pure Fuortes si è visto bene dal presentarlo.

 

E’ un piano semplicissimo quanto inverosimile come lo erano le “tigri blu” dello scrittore argentino. Postula la vendita di una quota di Rai Way, i tralicci che trasmettono il segnale, già autorizzata con un decreto del governo. E’ lo stesso governo a precisare che la Rai non deve scendere al di sotto del 30 per cento. Nel diritto societario, di fronte a un azionariato diffuso, significa che l’azionista, in questo caso la Rai continua a mantenere il controllo. Ecco perché l’esempio della casa. Quale privato è disposto ad accettare questo vincolo: acquistare qualcosa su cui non può decidere? Il governo, attraverso il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, ha precisato che Rai Way è strategica e che il ricavato della vendita non deve essere impiegato per ripianare debiti della Rai.

 

Oggi la Commissione di Vigilanza chiederà i dettagli dell’operazione ma perfino al Mef si è capito che a quelle condizioni l’unico possibile acquirente resta una società pubblica. In pratica una non vendita. Dice Maurizio Gasparri che “Fuortes non ci ha ancora detto chi sono i soggetti a cui vendere le quote. Finora ha solo parlato in maniera generica”. Michele Anzaldi, che ci ragiona da mesi, dichiara giustamente: “Se dobbiamo vendere si faccia bene, come si fa in Europa e non per fare cassa. Si costituisca un soggetto terzo che garantisca pari accesso a tutti”.

 

E’ un’operazione che serve al momento, ma è chiaro che fra un anno la Rai, che scende di quota, dovrà pagare a Rai Way un canone maggiore per usufruire delle torri. In una frase: vendi oggi per pagare domani quanto hai venduto ieri. Tutto questo accade a pochi giorni dalla relazione della Corte dei Conti sulla Rai.  L’anno studiato è il 2020 e l’ad attuale non ha ovviamente colpa ma ci piace sottolineare l’indefesso sostegno della Rai nei confronti degli ingegneri e degli architetti. In quell’anno di riferimento la Rai ha affidato ben 81 incarichi per attività di “progettazione” per una cifra superiore al milione di euro. Purtroppo tra due anni scopriremo quelli attuali. Tutto questo per dire che al momento non esiste un piano industriale. Qual è il piano B se l’operazione Rai Way non dovesse andare a compimento? Uno dirà: vabbé però i rapporti azienda- lavoratori vanno meglio. Vediamoli. 4 luglio. Un comunicato del Cdr Rai News. Si trascrive: “La situazione delle nostre testate è sempre più grave. Job posting bloccato carenze al desk”. Poi c’è la parte che riguarda il direttore Paolo Petrecca nominato in quota Fdi (che va detto è stata esclusa dal Cda) e la sua “scelta di invitare frequentemente commentatori di testate spesso con posizione negazioniste su pandemia o emergenza climatica”.

 

A Rai Sport va peggio. I sindacati parlano di possibili “contenziosi a carico dell’azienda” perché “attraverso una serie di comunicazioni informali, la direzione di Rai Sport ha proceduto a spostare molti programmisti multimediali, presenti nella redazione, sotto la diretta responsabilità della segreteria di redazione. Ovvero, avrebbero inquadrato personale non giornalistico sotto una testata”. Il rischio è che nel giro di poco tempo questo personale pretenda un inquadramento da giornalista che equivale a uno stipendio naturalmente diverso e a doveri e diritti diversi.

 

Un solo dato: in Rai i giornalisti sono 1.900, gli impiegati amministrativi bel 6.980, gli operai (classe benedetta!) “solo” 864. Dovrebbero essere queste le grandi questioni Rai ma in Rai le grandi questioni sono “dove va chi a non fare cosa”. Francesco Giorgino, il “vorrei essere Gianni Clerici di Viale Mazzini”, sta per diventare il vice di Giuseppina Paterniti, direttrice editoriale per l’offerta informativa. Anche in Rai si chiedono: “Ma in pratica che fanno?”. La Lega sta invece per ottenere il suo riferimento al Tg1. Si tratta di Francesco Primozich, vice di Gennaro Sangiuliano, direttore del Tg2. Liberebbe una vicedirezione che “sarebbe opportuno affidare a una donna”. Aver perso il Palio di Siena (boom di ascolti su La7) gli scioperi nel giorno delle amministrative che per l’ad non sono un danno (quando Enrico Letta lo ha sentito dicono che fosse su tutte le furie) sono trattati come piccolissimi imprevisti. Nei concerti punk c’è più sobrietà.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio