L'intervista

Meloni e il rischio appiattimento su destre non sue. Parla Luca Ricolfi

Marianna Rizzini

"La leader di FdI dovrebbe avere finalmente il coraggio di dire quello che è, anche se questo potrebbe dispiacere a una parte della sua base", dice il politologo

Giorgia Meloni attraversa il suo momento di successo elettorale, ma ci sono cose da cui deve guardarsi? Perché da un lato è attaccata nei talk show e nelle dichiarazioni di alcuni politici, da sinistra, con formule stantie, modello “lotta antifascista” un tanto al chilo, dall’altro rischia di dover pagare tributi retorici a una sorta di subcultura da vecchia destra che ripete formule altrettanto trite: no ai poteri forti, no alla lobby gay eccetera, in una reiterazione di riflessi condizionati. Ne parliamo con il politologo e sociologo Luca Ricolfi, a partire dal recente intervento di Giorgia Meloni alla convention di Vox, partito ultranazionalista spagnolo, che in Europa aderisce all’ECR, come Fratelli d’Italia: “Ne ho ascoltato qualche passaggio”, dice Ricolfi, “e mi ha colpito una cosa: il tono era del tutto diverso da quello tenuto a febbraio in Florida, alla convention dei Conservatori americani. In America Meloni aveva fatto un discorso appassionato, in Spagna ha tenuto un comizio arrabbiato. Mi sono chiesto come mai, visto che – ai fini di politica interna – quel discorso-comizio è uno scivolone, e ogni singolo passaggio le sarà ritorto contro. Lo ha capito benissimo Pierluigi Bersani, che in un recente talk show ha suggerito al Pd di far circolare quel discorso senza commento. La mia impressione è che Giorgia Meloni si sia lasciata prendere la mano, abbia per così dire ‘sentito’ il clima di sovraeccitazione tipico di simili adunate, e abbia reagito rispolverando la sua verve oratoria, che almeno fra i politici italiani non ha eguali”.

 

Può Giorgia Meloni evitare di sembrare vittima di un “pensiero magico” che la fa sembrare più un’Evita Peron che una Angela Merkel? “Mah, siamo sicuri che Giorgia Meloni preferisca assomigliare alla signora Angela Merkel che alla mitica Evita Peron? In fondo è la logica del sistema politico italiano, perennemente alla ricerca di governi di emergenza, che rende attraente accomodarsi in ruoli romantici, di oppositore senza macchia e senza paura. Comunque, se vuole evitare che siano gli avversari a dipingerla per quel che non è, Giorgia Meloni dovrebbe avere finalmente il coraggio di dire quello che è, anche se questo potrebbe dispiacere a una parte della sua base, e a maggior ragione ai militanti di un partito estremista e iper-tradizionalista come Vox”.
 

Quindi, se “deve dire quello che è”, che cosa potrebbe dire Giorgia Meloni? “Beh, al posto suo io comincerei con il notare che i partiti di destra non hanno tutti il medesimo programma né il medesimo orizzonte ideale. Vox è contro l’aborto, Fratelli d’Italia era pronto a votare il ddl Scalfarotto sull’omotransfobia. Salvini e Berlusconi sono per la flat tax, Meloni è a favore di politiche fiscali parakeynesiane (decontribuzione totale per le imprese che aumentano l’occupazione). Forza Italia ha spinto per l’aziendalizzazione delle scuole, Meloni nell’ultima convention ha speso parole importanti, e del tutto nuove, su eguaglianza delle opportunità e meritocrazia. Perché nascondere queste ‘anomalie’ di Fratelli d’Italia?”.
 

Deve trovare, Meloni, un lessico e un tono da usare per non disperdere un patrimonio di voti potenzialmente in crescita per Fratelli d’Italia? “Il tono appassionato va benissimo, perché – se usato da chi se lo può permettere – comunica che tu credi in quello che dici. E Meloni se lo può permettere, il tono appassionato, perché coerenza e insensibilità alle lusinghe di governo sono da sempre la sua cifra. I guai comunicativi cominciano quando il lessico che accompagna i toni appassionati è fatto di slogan, formule, parole d’ordine identitarie, come nel comizio in Spagna. Se vuole agganciare i titubanti, Giorgia Meloni deve sfruttare la sua arma migliore: il fatto di essere una secchiona. Lei i dossier li studia, quindi è in condizione di fare discorsi articolati, dettagliati, documentati, cosa che a Matteo Salvini non è mai riuscita, e a Berlusconi non riesce più. Passione più dettagli mi pare la strada giusta. Anzi l’unica strada, se non vuole finire stritolata dalle reazioni isteriche degli avversari, come la recente ridicola accusa di fascismo”. C’è poi il problema dell’atteggiamento da tenere con gli alleati populisti alla Salvini. “Calma e gesso. Non prendersela troppo per le candidature (è la politica, bellezza!). Semmai aprire una discussione sulle cose che la distinguono dagli alleati. Perché sono esattamente quelle che potrebbero convincere gli elettori che la destra di Fratelli d’Italia sta cercando strade nuove”.   
 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.