La lettera

Rondinelli (M5s): "La direttiva sul salario minimo è utile e va applicata"

Daniela Rondinelli

L'europarlamentare del Movimento 5 stelle risponde a un articolo di Oscar Giannino pubblicato sul Foglio: "L’Italia dovrebbe recepire subito la legge europea, avviare un confronto serio tra governo e parti sociali"

Pubblichiamo di seguito la lettera dell'europarlamentare del Movimento 5 stelle Daniela Rondinelli, in risposta a un articolo di Oscar Giannino sul salario minimo, pubblicato dal Foglio

 



L’analisi pubblicata il 13 giugno scorso su Il Foglio a firma di Oscar Giannino sulla direttiva europea sul salario minimo tradisce lo spirito e la portata di questa importante legge europea.

La direttiva è vincolante per tutti gli stati membri, seppur con effetti diversi a seconda delle specificità nazionali. Basta leggere il testo dell’accordo per capire che, nel caso dell’Italia, la direttiva si dovrà applicare senza ombra di dubbio perché il nostro Paese non avendo contratti collettivi “erga omnes” - come peraltro previsto dall’articolo 39 della nostra Costituzione - è tenuto a seguire i vincoli previsti dalla direttiva sulla fissazione dei salari minimi adeguati. In altre parole, dobbiamo rispettare i parametri di adeguatezza fissati nella direttiva che sono comuni a tutti i Paesi.

I vincoli a cui tutti dobbiamo adeguarci sono estremamente chiari e legano una contrattazione collettiva effettiva ad un sistema di fissazione di salari minimi davvero dignitosi.

Sulla contrattazione, che deve coprire almeno l’80 per cento dei lavoratori, non basta un dato quantitativo ma serve certificarne la qualità. Al 3 febbraio 2022, quasi 8 milioni di lavoratori, il 59 per cento del totale, avevano un contratto scaduto, per l’UE questo sistema di contrattazione non è “genuino”, ossia non funziona.

Inoltre, la direttiva riguarda tutti i lavoratori dipendenti, inclusi i tirocinanti e gli stagisti e le false partite Iva, e non solo chi ha un CCNL. Per questo, secondo l’UE in Italia ci sono 3,5 milioni di lavoratori poveri a cui il nostro governo deve dare risposte, non solo per dovere morale, ma anche perché rischia una procedura di infrazione europea.

Riguardo ai criteri per determinare un salario minimo adeguato, i parametri - citati da Giannino - del 50 per cento del salario medio lordo e del 60 per cento del salario mediano lordo sono da intendersi come una soglia sotto la quale non si può scendere e non come un tetto da non superare.

 

Inoltre Giannino ha completamente dimenticato di citare un criterio imprescindibile secondo cui il salario minimo deve garantire l’accesso ad un paniere di beni e servizi adeguati all’inflazione. Tra questi oltre alle “necessità materiali” come cibo, abbigliamento e costo abitativo, sono previste delle “necessità sociali” come la partecipazione ad attività culturali, educative e formative. Quindi, i salari devono essere agganciati al costo della vita reale e ne consegue che se l’inflazione sale dell’8 per cento - come sta avvenendo - i salari devono essere adeguati di conseguenza.

Concordo con Giannino quando dice che dovremmo rafforzare controlli e sanzioni contro il lavoro nero ma mi permetto di evidenziare che questa piaga non ha nulla a che vedere con la direttiva che invece si concentra su tutte quelle situazioni che potremmo definire “abusi legalizzati” molto diffusi nel nostro Paese.

Contro il fenomeno dei "working poor" il M5s propone una legge sul salario minimo e non è casuale che i 9 euro all’ora da noi proposti siano perfettamente in linea con i parametri europei.

Inoltre, ci tengo a precisare che nessuno considera Confindustria un nemico, ma è giusto specificare che mentre le associazioni confindustriali francese e tedesca hanno sostenuto con forza la direttiva, vedendola come uno strumento importante per stroncare dumping salariale e concorrenza sleale nel mercato interno, la nostra l’ha sistematicamente osteggiata. Peccato.

Per tutte queste ragioni l’Italia dovrebbe recepire subito la legge europea, avviare un confronto serio tra governo e parti sociali, rinnovare la nostra contrattazione collettiva e adeguandola alle sfide dei nostri tempi, in modo da ripartire dalla più grande risorsa del nostro Made in Italy, ossia il capitale umano al quale dobbiamo restituire dignità e fiducia nel futuro con salari e condizioni di lavoro e di vita davvero dignitose.

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