(foto di Ansa)

Carroccio a pezzi

Disastro Lega a Verona, FdI trascina Sboarina al ballottaggio. Prove di svolta nazionale?

Francesco Gottardi

Carroccio ai minimi termini nella prima città del Veneto. E il candidato di destra la spunta su Tosi: per Salvini così è anche peggio

C'è chi sorride sul serio, Giorgia Meloni che ora punta all'avamposto nel nordest. E chi lo fa ingoiando il rospo: Salvini e tutta la lega veronese. Logorata e neutralizzata. Impalpabile alle urne. Alla fine, dopo una notte in preda all'incubo exit poll, la destra tira un sospiro di sollievo: ci sarà il sindaco uscente Federico Sboarina a sfidare Damiano Tommasi nella corsa a due per Palazzo Barbieri. Man mano che lo spoglio è avanzato, nel pomeriggio di lunedì, tramontava l'ipotesi Flavio Tosi. Staccato di circa otto punti rispetto a Sboarina, a sua volta dietro di otto dal candidato del centrosinistra, forte del suo 40 per cento. Ma la cartina tornasole è il voto di lista: Damiano Tommasi sindaco è in testa con il 16 per cento. Pd e FdI seguono a stretto giro, 13 e 12 per cento. Al 10,5 c'è la lista di Tosi e al 7 quella di Sboarina. Il Carroccio va appena oltre il 6: doppiato e bastonato. Pure quando vince.

 

È un risultato scivoloso da maneggiare, là nella città del vicesegretario federale Lorenzo Fontana. E sa di passaggio di consegne: rispetto al 2017, la lista Sboarina perde il 50 per cento dei consensi - era quasi al 14 -, la Lega il 30 - era quasi al 9 - mentre FdI ne prende cinque volte tanto. Sono i meloniani a salvare la pericolante baracca sovranista. Non a caso, l'ultimo comizio elettorale in Piazza dei Signori è stato anche una manovra di avvicinamento fra Giorgia, Zaia e Fedriga: i signori, loro sì, votati e riveriti del Carroccio locale. Non a caso, Matteo Salvini sotto la maschera dell'alleato modello si augurava l'imboscata di Tosi - ci disse proprio il leader di Fare! -, che pure aveva espulso dal suo partito. Ma tutto fa brodo, pur di mantenere la leadership di coalizione. Scenario invece sempre più improbabile, dopo questa nuova fatal Verona: il fu capitano del Papeete non riesce nemmeno più a sabotare.

 

E adesso? All'Arena la partita si riazzera, verso il ballottaggio. Per Sboarina la rimonta è alla portata, ma più tosta di quanto possa suggerire la semplice analisi numerica nell'area di centrodestra: la somma dei voti sfiorerebbe il 60 per cento, contando pure il 3 andato ad Alberto Zelger, paladino locale dei no green pass. Su quelle preferenze, Sboarina potrà contare in blocco. Sul ben più corposo pacchetto Tosi - 24 per cento - invece no: sarebbe una sorpresa se il due volte sindaco desse indicazioni di voto - "Aspettiamo a decidere", ha già glissato -, dopo un'intera campagna elettorale passata a combattere il suo successore più dell'avversario di centrosinistra. Sicuro FdI e Lega faranno pressione su Forza Italia, che appoggiava Tosi. All'interno però di un'area moderata, fino a Italia viva, e tutto sommato più vicina al pragmatismo civico di Tommasi che al maldestro estremismo di Sboarina. All'ex centrocampista della Roma basterebbe che due tosiani su cinque disertassero la chiamata a destra, per assicurarsi il suo "secondo scudetto".

 

Calcoli e contropartite che si proliferanno a oltranza, fino al ritorno alle urne il prossimo 26 giugno. Si gioca tanto Tommasi, si gioca tanto Meloni via Sboarina. Ma per Salvini, il tavolo delle trattative sarà ben altro: disastro Mosca, disastro referendum, disastro amministrative. Nervi a fior di pelle fra militanti ed elettori. C'è da tenere insieme loro, su scala nazionale. E pazienza per i veronesi. "Se qui vinciamo al primo turno, con la Lega primo partito", sparava il segretario alla vigilia, "mi tuffo nella fontana". Di questi tempi, si rischia di affogare pure lì.