"L'Europa resta unita contro Putin. E in Italia nessuno faccia scherzi". Parla Amendola

Valerio Valentini

Il sottosegretario ai Rapporti con l'Ue spiega perché il Consiglio europeo offre due buone notizie. "Sul pirce cap la Commissione accoglie le nostre osservazioni. Si può fare bene". Le sanzioni? "C'era chi tifava per la rottura tra i 27 stati membri". Le imboscate di Conte in vista del 21 giugno. "In ballo c'è il ruolo del nostro paese nelle alleanze internazionale"

L’entusiasmo in cui martedì sera è prorotto qualcuno della delegazione italiana a Bruxelles (“En plein!”), Enzo Amendola lo esibisce in modo più misurato: “Le conclusioni del Consiglio europeo aprono uno spiraglio che non era scontato e confermano una dinamica che pure quella sembrava messa in discussione”. Sono due, insomma, le ragioni dell’ottimismo del sottosegretario del Pd, responsabile degli Affari europei per il governo. “Lo sdoganamento del price cap indica la volontà dell’Unione di non essere succube delle isterie del mercato energetico. Quanto alle sanzioni, invece, si conferma la fermezza di 27 stati che in modo compatto, sia pure a costo di mediazioni e fatica, confermano la ferma opposizione all’invasore russo. C’era chi, a Mosca e non solo, scommetteva sulla rottura dell’unità, in vista di questo sesto pacchetto:  così non è stato. L’Europa, tutta insieme, rinnova l’isolamento di Putin”. 

Eppure le tribolazioni non sono mancate. E anche le intese hanno richiesto compromessi farraginosi. “Il percorso è complesso, certo. Le ansie di alcuni paesi dell’Europa centrale erano reali, per quanto riguarda la loro capacità di approvvigionamento petrolifero”. E però, insiste Amendola, “bisogna riconoscere che la direzione imboccata resta chiara: la diversificazione energetica va avanti, e su un sentiero da cui non si torna indietro. L’Ue ha deciso che su gas e petrolio non sarà più subalterna alla Russia, e questa è una dinamica irreversibile”.

Anche sul price cap si resta sospesi. E qui paradossalmente è stato proprio Draghi, il più pacato. Perché chi ha seguito il dossier, come Roberto Cingolani, è convinto che il solo aver inserito il price cap nella cassetta degli attrezzi dell’Ue scoraggerà gli speculatori. E l’ostacolo maggiore, in questo senso, stava proprio nel confronto con gli altri capi di governo: ora che la palla passa di nuovo alla Commissione, le buone relazioni che il Mite ha col gabinetto della Von der Leyen potranno tornare assai utili. “Di qui a fine giugno ci sarà da confrontarsi e da discutere. Ma le nostre critiche al report dell’Acer, l’Agenzia europea per l’energia, non hanno incontrato resistenze da parte della Commissione: e questo è un buon segnale. Indica la volontà di non fermarsi a fotografare l’esistente, come in sostanza faceva quel documento, ma di proporre soluzioni ambiziose”

C’è anche la Germania, però, che frena. E che, più che frenare, semplicemente tentenna. “Si tratta di una coalizione di governo inedita, attraversata da varie tensioni anche al Bundestag, e che s’è ritrovata a dover affrontare  sfide decisive. Ma le titubanze vanno superate con uno slancio verso l’innovazione, verso una maggiore integrazione, non restando fermi”. E allora si spiega anche quel convincimento che circola a Palazzo Chigi, quello per cui “bisogna dare una mano agli amici tedeschi”. “Del resto Italia e Germania si sono recentemente espresse a favore, insieme, per la riforma dei trattati”, insiste Amendola.

Dov’è invece l’Italia a essere, quasi orgogliosamente, isolata, è sul riconoscimento dello status di candidata all’Ucraina per l’ingresso nell’Ue. “Qui vale la nostra tradizione per cui l’allargamento dell’Unione è una questione anzitutto politica, e non burocratica. Se Prodi non avesse spinto per includere nell’Ue l’Europa dell’est, forse oggi la situazione sarebbe molto più preoccupante. Poi, certo, va tenuto conto anche delle legittime aspettative di Albania e Macedonia del nord. Se ne discuterà, anche in questo caso, il 23 giugno prossimo”.
Data che però, almeno nelle cronache parlamentari, potrebbe risultare decisiva non per questioni di geopolitica, ma per tatticismi e imboscate contro il governo. Citofonare Conte. “Mi auguro che non sia così. E me lo auguro perché stavolta come non mai in ballo non ci sono solo i destini di una maggioranza e di un esecutivo, ma il ruolo e la funzione dell’Italia nel quadro delle alleanze internazionali. E su questo no, non si scherza”. 

 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.