(foto Ansa)

l'intervista

Tosi: “Salvini tifa per me, così fa perdere la Meloni”

Francesco Gottardi

"Il segretario sa che il rischio è che FdI pianti una bianderina in Veneto: metterebbe in imbarazzo la Lega". Parla l'ex sindaco di Verona, che si ripresenta alle elezioni sostenuto da Forza Italia

Lui lo dice da un anno. “Con Sboarina la destra gioca a perdere”. Ma mica solo per miopia. È autosabotaggio, roba da dalemiani patentati: “Salvini in cuor suo non ha alcun interesse a far vincere la Meloni in Veneto”, garantisce Flavio Tosi. “E così i voti dei leghisti me li prendo io”. Sicuro? “Più della metà”. L’ex sindaco che si sfrega le mani per tornare sindaco. 12 giugno, 978 comuni al voto: Genova e Verona i principali del centro-nord. Ma è la città scaligera “il vero laboratorio politico, che potrà offrire indicazioni importanti anche in ottica nazionale”. Perché la corsa è a tre. Da una parte Damiano Tommasi, il nuovo che avanza, da centrocampo al centrosinistra. Dall’altra appunto Sboarina, il sindaco uscente candidato da Fratelli d’Italia tra i brontolii del Carroccio locale. E nel mezzo Tosi: civico, moderato. La third way che va da Italia viva a Forza Italia. “L’appoggio ufficiale dei berlusconiani è stata la svolta: ora i cittadini percepiscono un’alternativa credibile all’estremismo di Sboarina. Qui non lo vuole più nessuno”.

 

Soltanto pochi giorni fa, all’ultima convention del Carroccio, era stato proprio Salvini a proclamare che “solo unito il centrodestra vince”. E infatti: “Affronterò l’avversario ideale”, dice il leader di Fare!. “Ha un indice di gradimento ai minimi, attorno a lui la coalizione è spaccata”. Quasi in imbarazzo? “Basta un giro per la città: sui manifesti elettorali c’è scritto soltanto ‘Vota Lega’. Né il nome, né soprattutto la faccia di Sboarina. Che li aveva traditi”. Qualcuno ribatte che il passaggio del primo cittadino a FdI è stato un processo fisiologico, mentre l’Efialte dalla storia, anno 2015, resta Tosi. “So bene. Gente che non è di queste parti. E non sa nulla della politica veronese: i leghisti di vecchia data invece sanno quanto valgo. Quando il partito si è schierato con Sboarina non abbiamo più avuto contatti, ma faranno il tifo per me. Anche il segretario, Salvini, che pure non sento da diversi mesi”. Perché il timore è uno solo: “Meloni rischierebbe di piantare una bandierina pesantissima nel grande Veneto verde. E a quel punto l’unico capoluogo di provincia targato Lega sarebbe Treviso, che non ha certo il peso specifico di Verona”.

Eppure Tosi sente ancora di condividere molto di “quel partito di grandi amministratori e militanti. Solo che oggi non c’è più. Salvini ha voluto fare insieme la lotta e il governo, due anime distinte che un tempo venivano tenute insieme da Bossi. E in politica, un piede in due scarpe si paga. Il sorpasso di Giorgia è dovuto alla coerenza: ora aspettiamoci l’exploit di FdI, ma alle regionali e alle politiche la vecchia Lega potrà rifarsi”.

E Forza Italia? “Ho incontrato Tajani più volte. Al di là di coniugare prestigio storico a proposta concreta c’è la volontà di osare. Di far capire che i candidati di sostanza possono funzionare più di quelli di bandiera. Lo stesso ragionamento fatto dai renziani, che in questa tornata si presentano con il centrodestra non solo qui. Molto poi dipenderà dal prossimo sistema elettorale: se le cose nel locale funzionano, è possibile ipotizzare un’area moderata anche verso il Parlamento”.
E così incontri di Arcore in fumo. Il candidato sindaco sorride: “Intanto pensiamo a Verona”.

Un passo alla volta. Cavallo di battaglia? “Il ripristino della sicurezza, che è tornato a essere un problema. E la presenza sul territorio”. Incognite? “Tommasi. Il suo handicap resta l’inesperienza, ma sotto il profilo del consenso è ancora un oggetto misterioso”. Il grande timore? “L’astensionismo. Ho paura che vada a votare davvero poca gente: in quel caso tutto diventerebbe un terno al lotto”. Tosi confida nei numeri vincenti. “Ah, sì. Fin dal giorno in cui Sboarina ha scelto di ricandidarsi”. Fin dal giorno in cui la destra si è spaccata in tre, sulle rive dell’Adige.

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