Divisi all'arrivo

I leader del centrodestra si rivedono ad Arcore, ma è subito lite

Gianluca De Rosa

Il vertice tra Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni doveva servire a ricucire dopo la clamorosa spaccatura sul Quirinale. Ma l'illusione dura pochi minuti. Terminato l'incontro inizia subito la polemica a colpi di comunicati

Villa San Martino è un laboratorio di sostanze pericolose. E va da sé dunque che qualcuno potrebbe rimanere ferito. Dopo settimane di rinvi e di mezzi annunci a metà mattina le agenzie battono la notizia: a ora di pranzo Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni s’incontreranno nella villa del Cav. ad Arcore. Ci si rivede tutti insieme dopo la clamorosa rottura sul Quirinale. Puntualissimi i due raggiungono la residenza del presidente di Forza Italia. Non ci sono i centristi di Udc e Coraggio Italia. Mentre Meloni e Salvini portano con loro rispettivamente Ignazio La Russa e Roberto Calderoli. Salvini esce raggiante. “E’ un’ottima giornata”. All’apparenza sembra un successone. Ma è apparenza, appunto. 

 

E’ vero in cinque comuni – Verona, Parma, Viterbo, Catanzaro e Messina – il centrodestra correrà diviso, ma i mancati accordi sono il frutto di “pure contrapposizioni locali”, dice Berlusconi, e all’eventuale ballottaggio: “Troveremo l’accordo”. Mentre sulle elezioni siciliane il Cav. spiega che l’argomento non è stato toccato. Se ne parlerà la prossima volta. Ed ecco che subito si capisce che è tutta una recita. Altro che idillio, gli alleati tornano a scornarsi a colpi di comunicati. Fratelli d’Italia attacca smentendo Berlusconi: “L’unità non va solo declamata, ma costruita nei fatti. Restano ancora diversi nodi aperti. A partire dalla non ancora ufficializzata ricandidatura del presidente Musumeci in Sicilia, su cui la disponibilità di Berlusconi si è fermata di fronte alla richiesta di Salvini di ritardare l’annuncio”. La Lega risponde a stretto giro che il No a Musmeci “non è quello di Salvini, ma dei siciliani”. Mentre Berlusconi fa sapere di essere “sorpreso e irritato” per le posizioni attribuitegli da FdI. “Ci dispiace se si è irritato, ma noi abbiamo solo riportato una dichiarazione che lui aveva detto sarebbe stata pubblica”, dice Ignazio La Russa.

Ci sono insomma almeno due questioni ben più complicate ancora senza una soluzione: le elezioni siciliane appunto, ma anche le prossime politiche. Sullo sfondo la legge elettorale. Fratelli d’Italia ha incassato il no degli alleati a una modifica del sistema in senso proporzionale. Ma c’è un’altra questione. Come presentarsi? Il Cav. e Salvini hanno fatto capire a Meloni che potrebbero correre insieme non solo nei collegi. Non sarà partito unico ma quasi certamente una lista unica. L’operazione “bicicletta”, sul modello dell’alleanza tra Psi-Psdi di Nenni e Saragat alle elezioni del 1966. Una lista con due simboli, due ruote appunto. Anche a lei conviene far parte della partita, trasformare la bici in un’apecar. Altro che conservatori. Berlusconi lo ha detto al termine del vertice: “Soltanto un pazzo potrebbe pensare di mandare all’aria questa coalizione”. Ma Fratelli d’Italia sente puzza di bruciato: “Bene il no al proporzionale, ma restano  fumose le regole d’ingaggio sulla formazione delle liste”. Della serie: non ci fregate. “Gli alleati – dicono semmai da FdI – devono essere chiari sull’indisponibilità a qualsiasi futura alleanza con Pd e M5s”.

Ma il vertice di Arcore non ha turbato solo Meloni. Tra i ministri governisti di Forza Italia – Gelmini, Carfagna e Brunetta – e i parlamentari a loro vicini serpeggia preoccupazione. “Ci vogliono costringere ad andare fuori dal partito”. La maggior indiziata è Mara Carfagna. “Alla fine se ne andrà con Calenda, Renzi o Toti, ma non beccherà un collegio”, commenta un parlamentare di FI. Mentre Gelmini è rimasta bruciata dalla decisione di Berlusconi di silurare il suo fedelissimo Massimiliano Salini da coordinatore in Lombardia. Al suo posto il Cav. ha messo Licia Ronzulli, non precisamente amica  di Gelmini, e promotrice della convergenza con la Lega. Se Forza Italia va verso la Lega e non gli unici centristi che potrebbero essere ricandidati sono proprio i ministri. “Siamo parlamentari finiti. Io ho ripreso a occuparmi del mio vecchio lavoro”, dice un senatore vicino a Gelmini. D’altronde è anche una questione di numeri. Attualmente FI conta 132 parlamentari, ma il combinato  tra i sondaggi in picchiata e Parlamento ridotto implica che gli eletti potrebbero essere meno della metà. Tra chi cerca una nuova casa c’è anche Maria Elisabetta Casellati. La presidente del Senato avrebbe bussato alla porta di Giorgia Meloni.