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editoriali

Censurare non fa onore alla verità, nemmeno in tempo di guerra

Redazione

Sergio Mattarella ricorda il fondamento della libertà di stampa in un momento segnato da disinformazione, censure e violenze contro i giornalisti

Sergio Mattarella, in occasione della Giornata mondiale per la libertà di stampa, ha ricordato che “la libertà di stampa, insieme alla libertà di essere informati, è il termometro della salute democratica di un paese”. In un periodo contrassegnato dalla propaganda che accompagna la guerra di aggressione all’Ucraina, ha aggiunto, è “compito della comunità internazionale ai vari livelli rendere effettivi questi diritti”.

 

La persecuzione della stampa libera, che l’anno scorso ha portato a 24 omicidi di giornalisti e a quasi 500 imprigionati, è opera di regimi autoritari e illiberali, che hanno preso il posto delle mafie e del terrorismo che in passato avevano puntato a condizionare l’informazione con i loro atti criminali. Definire un equilibrio tra libertà di stampa e libertà di essere informati non è sempre semplice, c’è il rischio che la giusta condanna delle fake news diffuse a scopo propagandistico tracimi nella censura. La libertà di stampa, ovviamente, permette anche eccessi e disinformazione, ma questi vanno combattuti, in un sistema democratico, con la battaglia delle idee, la denuncia, il chiarimento, non con il bavaglio. E’ su questo, anche su questo, che si misura il grado di democrazia di un sistema politico e Mattarella ha fatto bene a ricordarlo proprio in questo momento.

 

La libertà non si difende con slogan come “taci, il nemico ti ascolta”, ma con una costante e tenace opera di chiarimento basata sui fatti. Mattarella ha sempre esercitato questa funzione, ha combattuto le fanfaluche che ostacolavano le misure necessarie a combattere la pandemia, così come il falso pacifismo che pretende la resa dell’Ucraina invasa come unica strada per raggiungere la pace. Difendere la verità in un regime libero richiede sforzi e attenzione quotidiani, è il prezzo per non cadere nell’errore della verità di stato, che è spesso solo una imposizione della menzogna.