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L'ennesimo cortocircuito

La Sicilia manda in tilt il centrodestra. E Meloni avvisa gli alleati

Ruggiero Montenegro

Sale la tensione tra vertici rimandati e divergenze sui nomi. Fratelli d'Italia contro Lega e Forza Italia per la scelta del sindaco di Palermo, chiede la ricandidatura di Musumeci alla regione e minaccia di rompere, non solo sull'isola. Ma Carfagna: "Recuperare il rapporto con Meloni”

La partita, per il momento, è ancora locale. Ma i cortocircuiti della destra, oggi in Sicilia, potrebbero riguardare ben presto altri scenari. Perché, “se dovesse saltare il principio della ricandidatura degli uscenti, non si vede perché dovrebbe essere mantenuto altrove”, ha ammonito ieri Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d'Italia si riferiva a Nello Musumeci, governatore siciliano sul cui nome per le regionali dell'autunno prossimo ancora il centrodestra fatica a ritrovarsi. 

E questo, nonostante già qualche settimana fa il capogruppo di Fdi alla Camera Francesco Lollobrigida avesse messo le cose in chiaro: "Se la Lega boicotta Musumeci, non appoggerermo un leghista in Lombardia". 

Una questione che si lega oggi a doppio filo con le vicende di Palermo - dove tra poco più di un mese si vota il nuovo sindaco - che diventano l'occasione per pesare forze e rapporti. Qui, Lega e Forza Italia hanno preferito fare da soli, con le prove generali della federazione “Prima l'Italia”,  puntando su Francesco Cascio senza coinvolgere l'alleata. Che invece vorrebbe risolvere le controversie sul piano nazionale, e lascia intendere di essere pronta a convergere su Roberto Lagalla, condidato sostenuto anche da Italia viva. Da giorni Ignazio La Russa, uno dei nomi più vicini a Meloni e in prima linea nella vicenda siciliana, continua a chiedere un vertice con Salvini e Berlusconi per cercare di trovare una soluzione politica più ampia, in grado di tenere insieme le scelte siciliane, su tutti i livelli.

 

Ma per superare l'impasse occorre l'unità d'intenti, o almeno di visione, che al momento ancora latita. Da una parte, la Lega continua a ripetere come ogni decisione spetti ai siciliani, tenendosi le mani libere per l'assemblea regionale. Dall'altra Forza Italia, con lo stesso Silvio Berlusconi che domenica ha telefonato a Giorgia Meloni, per proporle un incontro tra i leader di centrodestra e una mediazione che eviti la riproposizione dello schema Bucci a Genova, in terra sicula. “Uniti si vince, divisi si perde”, ha ricordato il Cav.

 

E tuttavia, l'incontro tra le parti non è ancora arrivato, forse ci sarà domani. Dipenderà probabilmente anche dal vertice dello stato maggiore di Forza Italia, previsto per oggi, in cui Antonio Tajani, Licia Ronzulli e i coordinatori regionali proveranno a trovare la linea da portare avanti nei passi successivi. Segnali che anche ad Arcore le idee non sono proprio chiarissime. Mentre la tensione nella (fu) coalizione aumenta, con lo stesso La Russa che ha avvertito, proverbialmente: “se la corda si tira troppo, poi si spezza”.


Sono ancora gli effetti della scollatura quirinalizia, che fatica a ricomporsi e che anzi pare farsi più ampia, nonostante le smentite e i buoni propositi. Ultimo quello della ministra per il Sud Mara Carfagna, che parlando al Messaggero ha allontanto ogni prospettiva centrista e gettato acqua sul fuoco che arriva dalla Sicilia. “Un conto sono sono gli scenari locali, un altro lo scenario italiano”, dice Carfagna, spiegando che “la competizione danneggia il centrodestra”. Ragion per cui, secondo la forzista la priorità non puà che essere “recuperare il rapporto con Giorgia Meloni”.

 

Anche perché le amministrative in arrivo rappresentano uno degli ultimi grandi test prima del 2023, quando si tornerà alle urne e una legge elettorale proprzionale, al di là di qualche dichiarazione, non sembra al momento in agenda. “Il tema è il rispetto delle regole che ci siamo dati finora”, ha ribadito ieri Meloni, in quello che è sembrato quasi un avvertimento, e nemmeno troppo velato. Se dovesse saltare ogni schema, è il ragionamento, allora tutto sarebbe in discussione. E non sono in Sicilia. Ma anche, in prospettiva, in quella Lombardia dove la leadership leghista appare, per la prima volta dopo anni, di nuovo contendibile. 

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