Il caso

Meloni dice di essere pronta a candidarsi premier. E non parla con Salvini da tre mesi

Simone Canettieri

La leader di Fratelli d'Italia lancia la conferenza programmatica di fine mese a Milano: "Abbiamo una classe dirigente adeguata a governare". Scintille con Lega e Forza Italia, con uno sguardo alla Francia

“Siamo pronti, sono pronta”. A portare Fratelli d’Italia al governo, ma anche a candidarsi premier del centrodestra. Salvo che, insinua,  “Lega e Forza Italia non pensino ancora a maggioranze arcobaleno”. A volte, dice, le vengono questi dubbi. Assicura di tenere i contatti con Silvio Berlusconi. Ma confessa di non sentire Matteo Salvini “dai tempi dell’elezione del capo dello stato”. Quindi sono tre mesi di silenzi.

Giorgia Meloni se ne infischia, o almeno così sembra. I sondaggi le sorridono. Lo certifica il circo mediatico presente nella sede di via della Scrofa. La “Capa” sta qui – contornata dai colonnelli Lollobrigida, Ciriani, Donzelli e Fazzolari –  per presentare la conferenza programmatica di fine mese.

L’evento – attesi 4.600 delegati da tutta Italia – si srotolerà sui 28 mila metri quadrati del centro congresso Mico. A Milano. Dettaglio logistico che non avrà fatto saltare di gioia Salvini, l’ex amico dal telefono muto. Ma la novità di questa tre giorni “Italia, energia da liberare” è rappresentata dagli ospiti che interverranno. Pezzi di mondi che si spostano, curiosi e scaltri. E dunque non solo Marcello Pera, Giulio Tremonti e Carlo Nordio.  Ecco quindi, tra gli altri,  Luca Ricolfi, Matteo Zoppas, Cesare Pozzi, Stefano Donnarumma, Stefano Pontecorvo, Francesco Alberoni, Francesco Di Ciommo. Intellettuali, prof  di alto lignaggio, manager pubblici e privati, ambasciatori.  Contribuiranno anche loro a scrivere gli appunti “per un programma conservatore”. Canovaccio di quello vero del 2023. Quando ci saranno le elezioni politiche. “Sono pronta”.  


A Milano Meloni darà una dimostrazione di potenza. Soprattutto all’esterno. “Abbiamo una classe dirigente adeguata”, mette le mani avanti prevenendo la solita critica. Gli “alleati” di Forza Italia e Lega saranno rappresentati dai capigruppo di Camera e Senato. Niente piramide “pansechiana” come scenografia, ma un gigantesco palco con lo sfondo blu, con i tre colori della bandiera italiana che si intrecciano fra loro. Non sarà un appuntamento per annunciare una svolta. Anzi, Meloni si infuria subito se qualcuno le parla di svolta atlantista (“la destra italiana prese una decisione su questo nel 1949”). Con la geopolitica, dice la presidente di Fratelli d’Italia, non si scherza. Ecco spiegato, a suo dire, perché ieri l’altro non ha incontrato, a differenza di Salvini, Viktor Orbán, così sensibile nei confronti di Putin. “Abbiamo ottimi rapporti. Ma sono presidente di un partito europeo, l’Ecr, che ha delegazioni di paesi dell’est europeo, che sulla crisi ucraina hanno sensibilità diverse da lui. Ne devo tener conto”.

Il pensiero va alla Polonia. Si vota in Francia. Meloni dribbla gli ostacoli, fa piccoli distinguo, piazza incisi nelle frasi. Insomma, come la mettiamo con Marine Le Pen? “E’ meno impresentabile di come voi la descrivete – dice Meloni rivolta a quelli che chiama giornalisti del mainstream, croce e delizia della casa – Poi posso condividere alcune cose e altre no ma se arriva al ballottaggio con Macron e il risultato è meno scontato dell’ultima volta vuol dire che le sue posizioni hanno un consenso in Francia e io ho grande rispetto della democrazia, a differenza di altri”. Questi esercizi fanno il paio con il clima ostile nel centrodestra. Le amministrative, a partire dalla Sicilia, sono il segno della divisione con Lega e Forza Italia (“spero che la loro federazione nasca da una convinzione e non da un timore”).

Gli accordi per i sindaci latitano. “Aspetteremo, poi semmai andremo da soli”. Ah, il primo maggio, giorno di chiusura della conferenza meloniana ci sarà anche un concerto, ma “per i lavoratori non garantiti, lontani dai radar della triplice sindacale”. Niente rock. Sul palco suonerà l’orchestra diretta da Beatrice Veneziani, talento italiano attenta a difendere il titolo di “maestro”. 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.