Prigioniero della sua immagine

Putin, i fucili, di nuovo Orbán. Il guaio di Salvini è che si fa troppe foto

Ma quante se n'è fatte, benedetto ragazzo? La Russia, il No euro, la Padania: ciascuna di queste immagini è un problema, un imbarazzo presente o futuro

Salvatore Merlo

Sono la maledizione di Matteo Salvini: le fotografie. Ma quante se n’è fatte, benedetto ragazzo? Qua ne sono state scelte appena nove. Eppure in giro se ne trovano centinaia, a testimoniare avanzate e ritirate, più o meno strategiche, sortite figlie dell’opportunismo e del momento.  E la cosa incredibile è che se l’è fatte tutte lui queste foto. Persino quelle nella ridente Pyongyang, in Corea del Nord. Ecco Orbán, ecco Putin, ecco i fucili, ecco il no euro... Ciascuna di queste immagini è un problema, un guaio (un imbarazzo) presente o futuro. E la verità forse è che a forza di creare immagini, se ne resta prigionieri.

 

Come quel sovrano cinese che un giorno ordinò di cancellare dal muro nella sua stanza il dipinto di una fontana perché la notte non riusciva a dormire per il rumore. Alcuni politici scrivono libri che nessuno legge, fanno dichiarazioni  scritte  che col tempo possono essere ritrattate. O dimenticate. Una fotografia no. La foto non ha bisogno di parole per essere spiegata. Ti inchioda. Fissa l’eternità in un attimo. Ed ecco allora Narciso-Matteo che si consuma impotente dinanzi a quella virtualizzazione che pure un tempo era stata la sua fortuna.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.