Foto Roberto Monaldo / LaPresse 

Il retroscena

"M'ha rovinato la guerra". Così Draghi e Salvini sono costretti a convivere

Simone Canettieri

Il premier e il leader della Lega non si vedono dal 28 gennaio. L'invasione russa ha vanificato la voglia del Capitano di uscire dal governo e anche l'ex banchiere ha ripreso vigore dopo la delusione del Quirinale

Entrambi hanno capito, con tempi diversi, che fino al 2023 dovranno convivere sotto lo stesso tetto: quello del governo. C’è la guerra in Ucraina (con tutte le complicazioni del caso). E fra Mario Draghi e Matteo Salvini sembrano esserci timidi segnali di scongelamento. Prima o poi si vedranno. Magari già la prossima settimana – nessuna data è in agenda per ora – “appena la raffica di Consigli dei ministri lo consentirà”. Intanto giovedì si è verificato un piccolo fatto politico: il premier ha lanciato un salvagente al leader della Lega. Gli ha dato “dell’europeista”. In altri tempi il capo del Carroccio si sarebbe offeso per l’affronto, l’altra sera invece su Twitter lo ha ringraziato per “il riconoscimento di responsabilità”. Salvini e Draghi non si guardano negli occhi dalla sera del 28 gennaio quando si incontrarono in un appartamento di via Veneto per parlare di Quirinale. In quell’occasione, il leader della Lega notificò all’ex banchiere il suo non possumus. Non possiamo votarti per il Colle. Com’è finita si sa. E dopo la rielezione di Sergio Mattarella è partita la rumba.

 

Usando la riforma del catasto, Salvini ha mandato messaggi di guerra a Draghi. Il quale però non si è piegato (“Vedete ci provoca!”). Ma intanto è salito al Colle a riferire al capo dello stato, facendolo sapere in giro. Messaggio ai naviganti: se la Lega, portandosi a spasso Forza Italia, continua con questo andazzo me ne vado. E così a un certo punto nella testa di Salvini ha preso piede un’altra ideuzza: guarda, ce ne andiamo noi, torniamo all’opposizione, riprendiamo i voti persi a favore di Giorgia Meloni.

Una pazza voglia legata anche al liberi tutti dal Covid, con la fine dello stato d’emergenza previsto per il 31 marzo. Ma anche questa manovra, esplicitata con dichiarazioni pubbliche dei colonnelli leghisti, non aveva fatto i conti con le “notizie estere”: la guerra, appunto. Dopo l’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio, Draghi è tornato centrale nello scacchiere nazionale ed europeo. Anzi: rinvigorito dopo la bocciatura del Quirinale e per nulla neghittoso, come lo descrivevano invece i partiti della sua maggioranza. Con un po’ di ritardo, il capo del Carroccio ha cambiato di nuovo spartito: si è messo l’anima in pace sul catasto e ha intrapreso la strada dei tulipani e della pace nei confronti del popolo invaso (con bisogno di lunghi scioglilingua per pronunciare il bisillabo Pu-tin).

 

“Non mi muovo da qui anche se qualcuno vorrebbe che me ne andassi”, si è sfogato più volte Salvini, consapevole che il nord e i governatori questa volta non gliela avrebbero perdonata. A Palazzo Chigi ne hanno preso atto, con la giusta importanza. C’è altro a cui pensare. E ora sembra averlo capito anche l’ex ministro dell’Interno. Dice che vuole tornare a fare i comizi. Ieri stava a Verona per incontrare, fra gli altri, il sindaco uscente pronto al bis Federico Sboarina, passato da qualche mese con Meloni. In questo eterno vorrei ma non posso, Salvini ha intenzione di celebrare tutti i congressi leghisti prima del 2023. Quando potrà dire finalmente addio a Draghi. Con reciproca gioia di entrambi.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.