Carlo Calenda (LaPresse)

Dopo la manifestazione di firenze

Un  "campo largo" senza M5s? "Non sono convinto. Lavoro a un polo pragmatico-riformista", dice Calenda

Marianna Rizzini

“Letta, ha ribadito che il perno dell'alleanza deve essere Pd-Cinque Stelle-Verdi-Sel. Non sono sicuro che si possa governare con una compagine così. Quando si porranno problemi di politica energetica, per esempio, come la mettiamo? Mi sembra che su molti temi il modo di vedere sia diverso dal nostro". L'intervista al leader di Azione

Un sabato in piazza a Firenze, per la manifestazione “Cities stand with Ucraine”, organizzata dal sindaco di Firenze Dario Nardella in qualità di presidente di Eurocities, e i confini del “campo largo” a lungo evocato dal segretario pd Enrico Letta che assumono contorni non proprio sovrapponibili con l’alleanza Pd-M5s: non soltanto, e nonostante la volontà espressa a parole da Letta e dal leader del Movimento Giuseppe Conte, per i problemi disseminati lungo il percorso che porta alle prossime amministrative, per non dire degli smottamenti interni al M5s per la decisione del Tribunale di Napoli sullo statuto del Movimento. La guerra infatti ha portato alla luce altre discrepanze di fondo. E sabato a Firenze Conte non c’era. Era invece a Napoli, e anche se poi il M5s ha specificato che l’iniziativa napoletana, alla presenza del sindaco Gaetano Manfredi, rientrava nell’alveo di quella fiorentina, il fatto di farsi vedere in due piazze diverse ha evidenziato plasticamente la difficoltà di sovrapporre le linee, specie dopo la presa di posizione senza ambiguità di Enrico Letta rispetto al quadro internazionale.

 

Ma se in piazza a Firenze si sono visti insieme Pd, Italia Viva, Azione di Carlo Calenda, i partiti a sinistra del Pd e i tre sindacati confederali (anche se a una settimana dalla manifestazione di Roma, in cui la Cgil di Maurizio Landini aveva espresso posizioni per così dire di “neutralità attiva”), non può essere questa la prova (e l’occasione) per certificare l’esistenza di un campo largo con curvatura progressista? Magari in via ancora ufficiosa, visto che due giorni fa, durante la conferenza programmatica di Europa Verde,  è risuonata la comune auto-esortazione di Letta e del sindaco di Milano Beppe Sala: dobbiamo dire che governeremo e lo faremo con una coalizione di forze democratiche, progressiste ed ecologiste.

 

Interpellato sulle prospettive di un eventuale nuovo campo largo con contorni extra-M5s, il leader di Azione Carlo Calenda non appare però molto ottimista: “Letta, mi pare”, dice al Foglio, “ha ribadito che il perno del futuro disegno di alleanza deve essere Pd-Cinque Stelle-Verdi-Sel. Per carità, capisco che siamo di nuovo nel bipolarismo. Anzi, nel bipopulismo. Ma si prospetta un periodo duro: quando si porranno problemi di politica energetica, per esempio, come la mettiamo, con i Verdi e Sel? E sulla giustizia, sulla difesa, sullo sviluppo economico?  Mi sembra insomma che su molti temi il modo di vedere sia diverso dal nostro”. In piazza però l’illusione ottica di un fronte per così dire progressista per un attimo si è fatta realtà (e c’era anche Forza Italia). Chi non c’era, a Firenze, dice Calenda, era la sinistra populista, con la cui linea una parte dei Cinque Stelle si trova oggi a convergere di fatto. “Penso che al dunque, in fase elettorale, la parola d’ordine del campo suddetto sarà fascisti contro democratici, in un quadro di schemi già saldati. E purtroppo però non sono convinto che si possa governare bene con una compagine così composta: Pd-Cinque Stelle-Verdi-Sel. Io sto lavorando a un polo pragmatico-riformista, un’ampia coalizione con chi ci vuole stare. Siamo ovviamente pronti ad aprire il dialogo, ma l’impressione al momento è che gli schemi siano appunto già saldati”.

 

Fatto sta che Calenda ipotizza per il futuro, oltre le elezioni politiche, una nuova legislatura di larghe intese, in cui chi ora fa parte del governo Draghi vada oltre le parole d’ordine  populiste e sovraniste (non prigionieri di Beppe Grillo né di Giorgia Meloni, in sostanza), per dire che senza un altro governo di larga coalizione il paese rischia l’ingovernabilità. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.