(foto Ansa)

il vero kingmaker?

L'inconcepibile centralità di Berlusconi

Luca Roberto

Dopo il ritiro della sua candidatura, è ancora dal Cav. che passa la definizione delle strategie per eleggere il nuovo presidente. La strada che porta a Casellati e il tentativo in extremis di Draghi

A poco più di 48 ore dall'annuncio del suo ritiro, Silvio Berlusconi è in una posizione di ritrovata centralità nella partita per il Colle. E pensare che solo sabato scorso viveva uno dei momenti più insoddisfacenti della propria carriera, avendo dovuto rinunciare alla corsa quirinalizia e non presenziando neppure al vertice di centrodestra in cui ha annunciava il passo indietro. Una mossa descritta da tutti come un "gesto di grande responsabilità". Mentre adesso gran parte delle strategie da qui alle prossime ore passano anche e soprattutto da lui. Per averne una prova basta mettere in fila qualche elemento rilevante emerso nella giornata di ieri. Alle ore 15, nel vertice di centrodestra allargato alle formazioni minori, si è stilata la famosa rosa di nomi da presentare al campo avverso. Berlusconi in quel momento si trovava ricoverato all'Ospedale San Raffaele di Milano per i controlli di rito cui si sottopone una persona di 85 anni.

Lo si poteva immaginare quanto più lontano dalle logiche romane. Non solo fisicamente. Eppure è dalla sua iniziativa che è scaturita una rosa ristretta di tre personalità: Letizia Moratti, Marcello Pera e Carlo Nordio. Candidati da mandare avanti allo scoperto e quindi anche da poter bruciare in men che non si dica. Perché il vero obiettivo, nei ragionamenti del Cav., era preservarsi un paio di candidature "vere" che potessero avere davvero l'occasione di farcela: il presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati e il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani. Profili che ovviamente Berlusconi ha avallato e sponsorizzato come quirinabili di sua grazia. Non è un caso che, sempre ieri, in conferenza stampa, Salvini abbia tessuto le lodi dell'ex presidente del Parlamento europeo, parlando di persona "di altissimo livello, assolutamente titolata a essere candidata". Questa mattina il segretario della Lega si è mosso nella stessa direzione parlando della Casellati, per cui "non serve che venga candidata". Lasciando a intendere che su di lei si siano concentrate le analisi dei partiti di centrodestra. Al di là del solito gioco a tenere le carte coperte.

Paradossalmente, volendo ampliare l'analisi, anche il destino di Mario Draghi dipende da Berlusconi. Lunedì Salvini ha consigliato al premier di chiamare il Cav., provando una volta per tutte a smussare quelle asperità che da sempre inquinano il loro rapporto (il fondatore di Forza Italia non ha mai perdonato all'ex presidente della Bce la famose letterina da Francoforte che scatenò le reazioni di mercati internazionali quando lui sedeva a Palazzo Chigi nel 2011). E, difatti, il premier ci ha provato a mettersi in contatto con lui. Forse anche per coltivare le ultime speranze residue di ascesa al Quirinale. Per adesso, a quanto pare, in maniera infruttuosa. Fatto sta che anche nelle altre ipotesi che più sono accreditate di consistenza, come l'opzione Casini per cui pare si voglia tentare una conta alla terza chiama, alla fine la domanda che ci si fa è più o meno sempre questa: ma Berlusconi darà il suo assenso? Resta relegato tra Arcore e il San Raffaele. Lontano dal proscenio della capitale e delle stanze del potere. Non lo si vede, ce lo si immagina solamente lì con il telefono in mano e uno stuolo di collaboratori fidati. Non c'è l'ha fatta a farsi eleggere e lo si credeva con il morale a terra. Ma forse è lui il vero kingmaker nell'ombra. 

 

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