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la prova del nove

La non elezione di Draghi al Quirinale creerebbe una tragicommedia

Giuliano Ferrara

A eccezione del presidente del Consiglio, tutte le altre figure che potrebbero salire al Colle sono intercambibili: una loro bocciatura non cambierebbe niente nella vita politica

Claudio Velardi sull’Huffington Post scrive con esatta percezione delle cose che levare Draghi da Palazzo Chigi e metterlo al Quirinale, vista la necessità per il governo e le pubbliche amministrazioni e i privati associati di spendere bene oltre duecento miliardi europei in sei anni, è un azzardo che solo i pessimisti e realisti possono concepire, mentre lui è un ottimista razionale e crede che con Draghi al timone cambierà radicalmente l’Italia. In effetti solo riformisti assaliti dalla realtà possono pensare che solo la politica italiana e il sistema italiano, qualunque cosa queste nozioni vogliano significare, saranno in grado, se lo saranno, di fare un passettino da duecento testoni in direzione della trasformazione modernizzante e liberalizzante di questo paese. Il riformista purissimo si affida al “Deus ex machina”. E il destino del riformista adamantino potrebbe essere quello della disperazione, perché l’Italia è una grande nazione d’avanguardia che si porta appresso dalla sua stessa costituzione e attraverso tutta la sua storia il peso, la soavità, la dolcezza di vivere, l’irresponsabilità e l’informalità di una poderosa, inscalfibile retroguardia. Possiamo cambiare solo con una lunga e inavvertita rivoluzione passiva, sfruttando i nostri pregi e difetti, nessuno ha cambiato o cambierà volontaristicamente l’Italia, non ci sono riusciti la Destra storica, il Trasformismo, Giolitti, il fascismo, la Repubblica consociativa, il compromesso storico eccetera, fino a Craxi, Berlusconi, l’Ulivo e il Papeete populista, non ci riuscirebbe nemmeno una tecnocrazia illuminata. Ciascuno ha fatto il suo, che non è mai abbastanza, e si continuerà a procedere così contando sull’interdipendenza mondiale e sullo Stellone.

 

Quanto all’elezione di Draghi al Quirinale, più specificamente, mi è venuto in mente un esame  di controllo semplice semplice che in matematica si chiama prova del nove. Bisogna per un momento concentrarsi e evitare di pensare positivo. Smettiamola un istante di immaginare un profilo, uomo o donna, destra o centrosinistra, di presidenziabile (a parte le figure di cui sono sponsor, secondo Andrea’s Version, Stanlio e Ollio). Il pensiero positivo dice che si può lasciare Draghi dov’è e eleggere, a parte la stupenda fantasmagoria democratica del malizioso e fervente Cav., candidato unico all’impossibile o al miracoloso, figure ottime al posto di Mattarella: un Casini, un Gentiloni, una Cartabia, una Moratti e così via. Ma fate l’esame di controllo e pensate negativo. Se una di queste e altre personalità non venisse eletta, che cosa succederebbe? Niente. Assolutamente niente. Sono tutte soluzioni fungibili quanto rispettabili, intercambiabili, prive di radice vera e di originalità.

Diverso è il caso del molto candidabile Draghi. Se non venisse eletto come garante settennale di un processo che deve tornare a essere politico e di sistema, per esercitare gli ampi poteri del Quirinale, contando senza interferire; se la chiamata non ci fosse, il suo anno di governo, che si chiuderebbe con ogni evidenza lì, con l’inizio imminente della campagna elettorale, sarebbe da considerare poco più di un governo balneare, una soluzione-ponte, un cantare senza toccare palla, ideata per suffragare la mancata formazione di una maggioranza politica nel Parlamento. Non sarebbe nemmeno una tragedia, tantomeno per Draghi che non ha bisogno di incrementare il curriculum, sarebbe bensì una tragicommedia in cui si invischierebbe agli occhi degli italiani e degli europei e un po’ di tutti un ceto politico, come si diceva una volta, capace di tutto e buono a nulla.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.