Il caso

Il Cav. armato sul Quirinale. A Villa Grande si fanno i conti, Salvini sbuffa

Il leader di Forza Italia è convinto di riuscire nell'impresa, fari puntati su Coraggio Italia: "Solo 4 sfigati tradiranno Silvio"

Simone Canettieri

 Berlusconi è spinto dagli amici di sempre da Galliani a Confalonieri: "Silvio può stupirci". Ma i leader di Lega e Fratelli d'Italia iniziano a fare cattivi pensieri

“Nella sua testa non esistono piani B”. Lo dicono tutti. Con varie sfumature. Silvio Berlusconi è inamovibile: adelante sul Quirinale. Gli amici di sempre, quelli delle grande imprese, sembrano tornati allo spirito del ‘94. Fedele Confalonieri, Adriano Galliani, Marcello Dell’Utri spiegano a tutti che “Silvio ci ha sempre stupito”. Matteo Salvini e Giorgia Meloni? Inermi. Le truppe di centrodestra sussurrano: “E se ce la facesse?”.  

Poi ci sono i ministri azzurri – Brunetta, Carfagna, Gelmini – che assistono anche loro a questo carro armato di 85 anni che procede spedito verso la gloria o la disfatta, chi lo sa a questo punto? Di sicuro la delegazione di Forza Italia è rimasta spiazzata dalla nota fatta filtrare l’altro giorno prima della conferenza stampa di Mario Draghi (“se non c’è più questo premier, FI uscirà dall’esecutivo e si andrà al voto subito”). Ieri si reclamava dalle parti dei ministri “un minino di coordinamento” prima di sganciare siluri del genere, ma ormai è andata. 

Ieri sera Silvio Berlusconi è arrivato a Roma, a Villa Grande. Che non è il suo bunker, ma la torre di controllo da dove far partire la grande trasvolata. A cena ha incontrato Antonio Tajani e i capigruppo di Camera e Senato, Paolo Barelli e Anna Maria Bernini. Oggi potrebbe essere il giorno di un vertice volante con Giorgia Meloni e Matteo Salvini, novantadue anni in due, sette in più del padrone di casa. Eppure “i due ragazzi”, come li chiama il Cav., continuano a rimuginare in silenzio senza poter dire cosa pensano ad alta voce. Il leader della Lega, a cui toccherebbe l’onere della manovra politica, è in fase no: no a Draghi al Quirinale, no al Mattarella bis, no all’uscita dal governo. Ma ha le mani legate  dall’“amico Silvio”.  Non riesce a correggerne la rotta, sa che dovrà assecondare la voglia di conta di Berlusconi (“come una finale di Champions!”), ma alla fine a chi gli chiede cosa succede se non ce la dovesse fare ammette che “occorre anche fare un esercizio di realismo: non si può affondare insieme”.  Serve un piano B.

La pensa così anche Giorgia Meloni a cui Draghi, sotto sotto, andrebbe bene, fatti salvi i nomi doc di centrodestra. Ma c’è qualcuno che ha il coraggio di dirlo al Candidato? La “corrente Gianni Letta”, quella della cautela prima di tutto, dell’“attento Silvio, rischi di vanificare la tua gloriosa storia” è minoranza. In questa partita di poker texano, la prudenza non è una virtù.  Si punta tutto sull’all-in. Una perfetta macchina di persuasione calata sul Parlamento più incontrollabile della storia della repubblica. Dove gli ex grillini si fanno corteggiare, dove sembra di stare in una pinacoteca (“a te il Cav. quale quadro ha regalato per Natale? A me una Venezia del ‘600”), dove addirittura c’è chi crede che nel segreto del catafalco qualche aiuto fondamentale per sfondare quota 505 arriverà anche dal Pd. Ma è tutta una grande illusione ottica? “Fuori pescheremo – dice Maurizio Gasparri – ma dobbiamo stare attenti a guardarci le spalle”. E cioè, fa capire il senatore di Forza Italia, qualche sorpresa potrebbe arrivare dal centrodestra, magari dagli alleati.


E come la prenderebbe il Cav.? Quale reazione avrebbe davanti a un possibile tradimento? In queste ore il centralino di Villa Grande è in azione su Coraggio Italia (31 voti), il partito fondato da Luigi Brugnaro che ha in Giovanni Toti il numero due plenipotenziario. La navicella centrista, insieme a Matteo Renzi, si tiene le mani libere e guarda all’ipotesi Draghi. “Quelli che ci volteranno le spalle sono quattro sfigati”, dicono da Villa Grande, convinti che alla fine il richiamo di Silvio Berlusconi riuscirà ad avere presa. Antonio Martino, 80 anni e tessera numero due di Forza Italia, fa parte del partito yes, we can. “Non capisco chi glielo faccia fare – dice l’ex ministro, tra i fondatori di FI – ma Silvio ha molte più possibilità di quanto si possa pensare. Di sicuro è ritornato più centrale adesso rispetto a dieci anni fa, con la differenza che il paese ora lo ha capito”. Ma questi sono ragionamenti a margine. L’ultima impensabile impresa del Cav. continua a essere avvolta in tanti cerchi concentrici. Gli amici di una vita gli dicono di andare avanti, i leader di oggi non  riescono a prendergli le misure, le truppe in Parlamento assistono al dipanarsi di una sceneggiatura che supera quella di qualsiasi film. E intanto da oggi si torna a far di conto: il sogno scatta a 505, sotto c’è l’imponderabile. O Mattarella bis.

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.