(Foto di Michael Ciaglo/Getty Images)  

Puntare sull'economia per il nostro whatever it takes vaccinale

Claudio Cerasa

Ci si è provato con la scienza, con la razionalità, con la politica. Tocca all’economia. Ci sono 720 milioni di buone ragioni per iniziare a rompere macronianamente le palle ai non vaccinati

Può capitare di perdere la pazienza e può capitare di pensarla come Emmanuel Macron che proprio ieri, in una intervista al Parisien, ha detto, testualmente, di volere “rompere le palle” il più possibile a chi non si è ancora vaccinato contro il Covid, in modo da indurlo a vaccinarsi per proteggere se stesso e il resto della popolazione. Rompere le palle, ecco. E dopo tutto quello che è successo forse è la strategia giusta. Pensiamoci un attimo. Ci si è provato con la scienza e lo si è fatto spiegando, numeri alla mano, che i vaccini sono sicuri, che i vaccini sono testati e che non vaccinarsi, in tempo di pandemia, è una scelta suicida non soltanto per la comunità in cui si vive ma anche per se stessi. Ci si è provato con la razionalità e lo si è fatto spiegando, numeri alla mano, che i vaccini possono accelerare il percorso che ci porterà alla fine della pandemia e che solo i vaccini possono offrire a ciascuno di noi la possibilità di proteggerci da un virus letale che solo in Italia ha ucciso circa 130 mila persone. Ci si è provato con la politica e lo si è fatto cercando di arrivare con l’arte della retorica laddove non si riesce ad arrivare con la forza della scienza. Ci si è provato in mille modi diversi, tentando di rendere il vaccino indispensabile in alcuni casi e obbligatorio in altri, dando la possibilità a chi non è vaccinato, oggi, di poter andare al massimo a lavorare o a fare una corsetta (dal 15 febbraio per gli over 50 neanche più questo; il vaccino sarà obbligatorio).

 

Ma c’è un elemento ulteriore, e poco valorizzato, che, all’interno della strategia del rompere le palle il più possibile a chi non si è ancora vaccinato, dovrebbe spingere la maggioranza silenziosa dei vaccinati a smetterla di essere tollerante con l’Italia dei non vaccinati. E quella ragione riguarda un aspetto che c’entra poco con la virologia, c’entra poco con la politica e c’entra invece molto con l’economia. La storia è quella che arriva da una nuova indagine accurata realizzata da Altems, l’Alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari, che mettendo insieme i dati più recenti sulla pandemia prodotti dall’Istituto superiore di sanità, l’Iss, ha elaborato una stima del costo indotto sulle spese del Sistema sanitario nazionale a causa dell’esitazione vaccinale. Una stima mostruosa legata, si legge nel rapporto, a un impatto economico indagato con riferimento al volume di ricoveri e alle giornate di terapia intensiva per Covid-19, correlate alle mancate vaccinazioni, considerando un’efficacia del vaccino inferiore al cento per cento. In altre parole, l’Altems ha provato a rispondere a una domanda per così dire scomoda, qual è l’extracosto sostenuto dal servizio sanitario nazionale per assistere le persone non vaccinate che finiscono in ospedale, ha iniziato a raccogliere dati dallo scorso luglio, e ha fatto due calcoli. Il primo calcolo, già parzialmente noto, si riferisce al costo della mancata vaccinazione sul sistema sanitario fra il 13 agosto e il 12 settembre, pari a 69 milioni e 890 mila euro

 

Il secondo calcolo è quello fatto dal primo settembre al primo ottobre, pari a circa 64 milioni di euro. Il terzo calcolo è relativo a qual è stato, tra luglio e dicembre del 2021, il costo che i non vaccinati hanno fatto pagare al sistema sanitario, e la cifra si aggira attorno ai 300 milioni. Il quarto calcolo, ancora più spaventoso, riguarda la stima dell’impatto che avrebbe sul Sistema sanitario nazionale una situazione di non vaccinati simile a quella che si ha oggi e quel costo si aggirerebbe intorno ai 720 milioni di euro. Una cifra mostruosa (il costo giornaliero dell’ospedalizzato è stato stimato pari a 709,72 euro mentre il costo giornaliero dell’ospedalizzato in terapia intensiva è stato stimato pari a 1.680,59 euro) se si pensa, giusto per citare un numero, a quanto spende lo stato ogni anno per finanziare l’intero fondo dedicato ai farmaci oncologici innovativi: circa 500 milioni di euro.

Per essere ancora più chiari qualche dato può aiutare a capire meglio di cosa parliamo. Ogni paziente non vaccinato ospedalizzato ha un costo medio pro capite pari a 17.408 euro. In un mese campione il totale dei costi ammonta a 69.894.715 (la stima per gennaio è di circa 80 milioni) di cui 51.166.079 per le ospedalizzazioni in area medica e 18.728.636 per le ospedalizzazioni in terapia intensiva. L’87 per cento dei non vaccinati ospedalizzati non sarebbe ricoverato in area medica se fosse stato sottoposto a vaccinazione. Tra i ricoverati in terapia intensiva non vaccinati, il 92 per cento avrebbe evitato il ricovero in area critica. Alcuni calcoli simili sono stati fatti negli Stati Uniti dalla Kaiser Family Foundation (Kff), che ha stimato in circa 20 mila dollari il costo di un ricovero di un paziente assicurato ammalato di Covid e  ha stimato che i costi prevenibili del trattamento di questi pazienti siano di 13,8 miliardi di dollari durante gli ultimi sei mesi dell’anno. Il Sistema sanitario americano è, come è noto, molto diverso da quello italiano ma il ragionamento offerto dalla Fondazione ha un valore per così dire universale. La Kff si chiede fino a che punto possa essere accettabile per una società sostenere costi economici che potrebbero essere evitati semplicemente ricevendo un vaccino gratuito e fino a che punto possa essere accettabile per una società sostenere costi indiretti che derivano dalla presenza in un paese di un numero non troppo piccolo di persone non vaccinate la cui scelta oltre ad avere un impatto sul sistema sanitario non indifferente ha anche un impatto su fronti non irrilevanti come possono essere la riapertura delle scuole o la stessa ripresa economica.

 

A un vaccinato non serve spiegare quanto sia importante vaccinarsi, questo è ovvio, ma avere un’arma in più per smetterla di essere tolleranti con i non vaccinati può aiutare a mettere in campo l’ultimo whatever it takes disponibile per affrontare l’ultimo miglio della campagna vaccinale: non più affidarsi alla politica, che tranne rari casi ha fatto quello che poteva fare, ma affidarsi ai singoli, agli individui, e alla loro e alla nostra capacità di usare tutte le armi a nostra disposizione per convincere i nostri amici non vaccinati a fare l’unica cosa che oggi si può fare per allontanarci dall’incubo della pandemia. Ci si è provato con la scienza, ci si è provato con la razionalità, ci si è provato con la politica, e anche la scelta di spingere verso l’obbligo le persone più esposte ai rischi del Covid appare come una decisione di puro buon senso, ma forse è l’ora di provarci anche con l’economia. E ci sono altre 720 milioni di buone ragioni per non comportarsi da scellerati e fare uno sforzo per smetterla di essere tolleranti, per iniziare a rompere macronianamente le palle ai non vaccinati e mettere dunque in campo il nostro piccolo ma fondamentale whatever it takes vaccinale. 

 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.