l'intervista

Il successo del super green pass? "È nell'altissimo numero di vaccini fatti", dice Scalfarotto

Marianna Rizzini

I controlli, la paura della sanzione e la maturità della democrazia. Parla il sottosegretario all'Interno: "Sono fiducioso: nessuna militarizzazione. La stragrande maggioranza della popolazione ha aderito alla campagna vaccinale e apprezza il certificato verde"

C’è il giorno zero del super green pass, lunedì 6 dicembre, e ci sono i dati sui controlli: 119.539 persone controllate, 937 sanzionati, 2.077 persone sanzionate per i dispositivi di protezione delle vie aeree, 13.027 attività o esercizi controllati, 175 titolari di attività sanzionati, con 11 chiusure provvisorie e 13 persone denunciate per inosservanza del divieto di mobilità dalla propria abitazione per le persone in quarantena perché risultate positive al virus. Si può dire che è andata bene, con record di certificati scaricati e boom di terze dosi. Ma il motivo del successo è soltanto la paura della sanzione o qualcosa di più profondo? “Certo la sicurezza è la cosa più importante e i controlli saranno rigorosi”, dice il sottosegretario all’Interno Ivan Scalfarotto, “ma i dati confermano un’attitudine virtuosa. E non dobbiamo aspirare, per così dire, a trasformarci in una sorta di stato di polizia. Cioè la risposta positiva non può venire a mio avviso e non viene soltanto dalla paura dei controlli. Faccio un esempio: abbiamo tutti la patente per guidare ma non usciamo pensando che quel giorno qualcuno ci controllerà. In questa fase, insomma, è più importante guardare alla collaborazione dei cittadini”.

   

Nelle nostre vite, stravolte dalla pandemia, dice Scalfarotto, “il fatto di dover controllare l’osservanza delle norme di contenimento è stato fin dall’inizio e per fortuna inserito in un quadro non minaccioso, visto che comunque si stavano comprimendo le libertà dei cittadini, a partire dal fatto di non poter uscire di casa se non per fare la spesa e recarsi al lavoro. L’ottica è stata fin dall’inizio quella della moral suasion, un invito a collaborare, e gli italiani hanno aderito in larghissima parte. La nostra democrazia, in una fase di imprevedibilità, in una situazione anomala, ha dato il meglio di sé: lo hanno fatto i cittadini e lo hanno fatto le autorità, per la salvaguardia della salute pubblica. Anche rispetto al nuovo green pass rafforzato le forze dell’ordine e il ministero stanno seguendo questa linea”.

 

Rispettare una regola per paura della sanzione: di solito sembra però succedere questo. “In una democrazia matura il cittadino che rispetta la legge basa la sua azione su un patto con lo stato. Certo, in uno scenario estremo come quello pandemico, qualsiasi conflitto, qualsiasi dubbio si tingono di colori accesi, ma io sono fiducioso: nessuna militarizzazione, guardiamo invece all’altissimo numero di vaccinazioni raggiunto. Mi pare che il green pass, in quest’ottica, sia uno strumento che gode di grande popolarità. Tanto che anche da parte di esponenti di partiti che hanno in parte simpatizzato con le proteste si sentono parole che inneggiano al green pass come strumento di libertà – alludo al governatore leghista del Friuli Massimiliano Fedriga. La stragrande maggioranza della popolazione ha aderito alla campagna vaccinale e apprezza il green pass: è un segno incoraggiante per lo stato di salute della nostra democrazia. Tutti stanno facendo la loro parte, e tutto sta avvenendo con un’adesione spontanea alle regole molto elevata”.

 

E se la linea è quella di non concedere deroghe sul green pass (a proposito degli  studenti, per esempio), il numero di certificati scaricati in un giorno – lunedì 6 – ha raggiunto la cifra di 1,3 milioni. E martedì il direttore dell’Imi Spallanzani Francesco Vaia ha così cercato di incoraggiare: “Quasi due anni fa, con la coppia cinese ricoverata, abbiamo detto agli italiani non abbiate paura. Oggi come allora diciamo agli italiani non abbiate paura, usciamo dall’emergenza, riprendiamoci la vita e non torniamo indietro”. 
 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.