Conte tentenna sulla sua candidatura, ma il Pd lo incoraggia. Renzi e Calenda studiano le contromosse

Valerio Valentini

Sulle suppletive di Roma, il Nazareno sembra più entusiasta dello stesso ex premier, che teme il sabotaggio di Di Maio. Il senatore di Scandicci predica calma: "Forse Calenda vuole giocarsela in prima persona, ma attendiamo la sua decisione". Il leader di Azione ci pensa. Contatti con Bentivogli

Il bollettino del lunedì mattina mette a bonaccia. Pare cioè che Giuseppe Conte, nelle ultime ore, sia assalito più dai dubbi che dall'entusiasmo. Candidarsi alla Camera, lui che aveva detto di volersi dedicare anima e corpo al M5s, girare i territori, inaugurare la stagione della semina, del nuovo corso? Condannarsi allo stillicidio dei retroscena da Transatlantico, all'analisi dei dati sulle presenze in Aula che inevitabilmente lo mostrerebbero non esattamente un mostro di dedizione, e poi vaglielo a spiegare ai tuoi seguaci accalorati che un leader non può e non deve essere abbullonato al suo scranno, che non è quello il suo ruolo. Insomma, dare consistenza a quei pettegolezzi velenosi che già iniziano a circolare, tra i fedelissimi di Luigi Di Maio, per cui "se veramente si candida, dopo le promesse che ha fatto, diventa un Renzi qualsiasi". Però è anche vero che il bollettino è mutevole, come l'umore del presidente del M5s e dei suoi più stretti consiglieri. Per cui la verità è che una decisione definitiva, sulla candidatura al collegio di Roma, per le suppletive del 16 gennaio, non è stata presa.

Suppletive alla Camera, il Pd incoraggia la candidatura di Conte

Non che resti molto tempo, in effetti. Perché le operazioni vanno chiuse un mese prima del voto, e poi bisogna raccogliere le firme. Insomma, tocca sbrigarsi. E al Nazareno lo sanno e forse anche per questo tendono ad accreditare la tesi per cui sì, alla fine Conte accetterà. Per rafforzare la sua leadership, dicono, e con essa rinsaldare anche l'alleanza rossogialla. Perché un plebiscito popolare nel cuore della Capitale a favore del fu avvocato del popolo varrebbe a legittimarlo ben al di là di qualsiasi maldicenza, di qualsiasi sbuffo d'insofferenza di Beppe Grillo. 

Solo che il collegio è quello che è. Roma centro, ceto riflessivo, quella stessa ztl che alle recenti comunali ha sancito la piccola apoteosi urbana di Carlo Calenda, che sfiorando il 20 per cento di consensi è risultato la prima lista. E certo il leader di Azione ci pensa, a una possibile mossa. "No, non ho ancora deciso", dice a chi lo sollecita, a chi lo interpella. "Vedremo: quel che è certo è che se il Pd candida Conte, se la scelta è quella di celebrare il matrimonio tra i dem e il populismo grillino, Azione sarà da un'altra parte".

L'ipotesi candidatura di Calenda

E tra quanti attendono di conoscere le intenzioni di Calenda, c'è anche Matteo Renzi. Il quale ha raccomandato ai suoi legati capitolini massima cautela, per ora. "Capiamo prima cosa deciderà di fare Carlo, che secondo me ha voglia di giocarsela in prima persona questa partita. Ma non strattoniamolo. Attendiamo e vediamo". Se non fosse l'ex ministro dello Sviluppo economico, l'alternativa che dalle parti di Italia viva caldeggiano è quella di Marco Bentivogli. Già leader della Fim Cisl, da tempo protagonista nell'entropia scomposta del centro riformista con la sua associazione "Base", Bentivogli potrebbe essere il candidato perfetto per il collegio romano. "Sarebbe un ottimo nome anche lui, e in ogni casi sarebbe una sfida che i riformisti antipopulisti potrebbero giocare per vincere", fa sapere Renzi. 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.