Renzi davanti al bivio del Colle chiede ai parlamentari di Iv "fiducia e flessibilità"

Simone Canettieri

L'ex premier chiude la Leopolda senza colpi a sorpresa. Cita Moro e l'Enrico V. Dalla partita del Quirinale dipende il futuro del partito

“Ha dato degli indizi, diciamo”. Quali? “Quelli sul centro, poi la notizia di Davide Faraone candidato a Palermo”. Stazione Termini, metà pomeriggio. I parlamentari di Italia viva sono di ritorno dalla Leopolda. Il senatore Giuseppe Cucca prova a leggere il discorso finale di Matteo Renzi con le lenti della devozione. Ma alla fine lo abbiamo ascoltato tutti. Un’ora di intervento senza petardi. Zero sorprese o annunci a effetto. Fra due mesi si vota il presidente della Repubblica. Sublimazione della strategia parlamentare, piatto forte della real casa fiorentina, abituata a stupire “con grandi giochesse”, come si dice dalle parti dell’Arno.

 

Renzi si limita a dire che il prossimo capo dello stato “dovrà pensare alla transizione democratica”. Ma ovviamente non si sbilancia e nemmeno prova a depistare con nomi e ragionamenti. Troppo presto. E non può sbagliare. Anche se il rischio che la mossa questa volta non vada a buon fine c’è, eccome.

   

Renzi lo fa capire quando paragona se stesso al dramma dell’Enrico V e, di fatto, i parlamentari “alla banda di fratelli”. Chiede loro fiducia e lealtà. Tuttavia ammette che mai come in questo momento è solo davanti alla battaglia. Può essere quella del rilancio del partito oppure l’ultima. Esiziale. Ecco perché – seconda citazione importante – invoca “flessibilità” ai suoi deputati e senatori. “Come da discorso di Aldo Moro alla Dc per preparare il compromesso storico con il Pci”.

   

Insomma, in questo discorso pieno di nebbia, Renzi chiede ai suoi la fiducia per giocarsi il tutto per tutto fra due mesi. Convinto che l’elezione del successore di Sergio Mattarella (molto applaudito in sala) possa in qualche modo rimischiare tutto il quadro politico. E mandare in orbita un partito che i sondaggi danno sotto il 2per cento. È anche pensando a questo sogno così complicato che fa l’elogio di Machiavelli. Ecco perché dal palco torna a terrorizzare i peones di tutti i partiti rilanciando la possibilità “più che concreta” che nel 2022 si torni subito al voto. La mossa del cavallo per riuscire ha bisogno di tanti ingredienti e la confusione sopra il Transatlantico è fondamentale. Se sarà scacco matto si apriranno anche le acque per il centro macroniano, tanto evocato dal padrone di casa.

   

L’edizione numero undici della Leopolda – di cui si ricorderà solo l’assalto frontale a certa magistratura per via dell’inchiesta sulla Fondazione Open – mette in controluce una galleria di personaggi. Si inizia con le lacrime di Maria Elena Boschi per la macchina del fango. E si conclude con i concetti fotocopia di Elena Bonetti, Teresa Bellanova ed Ettore Rosato nei confronti di Renzi: in questa area non può esistere un altro leader al di fuori di Matteo. Una blindatura che serve al diretto interessato all’esterno, ma che lo carica di responsabilità per il futuro. Non può sbagliare. Anche se al momento ancora non ha la soluzione del rebus fra le mani.  

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.