Salvini, Tajani, Meloni, Fedriga, insieme a Trieste in occasione della campagna elettorale di Dipiazza (Lapresse)

I limiti della coalizione

Sul modello Austria un altro cortocircuito da Covid nel centrodestra

Ruggiero Montenegro

Le regioni guidate da Lega, Forza italia e Cambiamo aprono un nuovo fronte, chiedendo di valutare lockdown selettivi. Ma i colleghi al governo frenano, Gelmini: "Per adesso con le restrizioni ci fermiamo qui". E oggi si vota alla Camera il dl green pass, con i tre partiti su posizioni diverse. Ancora una volta l'agenda pandemica fa emergere le divisioni

Siamo alle solite: questa volta è il cosiddetto modello Austria a frammentare il centrodestra, diviso a livello nazionale, e di governo, a livello di coalizione e anche sul fronte dei territori. L'appello di ieri da parte delle regioni, affinché Palazzo Chigi prenda in considerazione l'ipotesi che eventuali restrizioni legate ai colori riguardino soltanto non vaccinati ha messo in luce ancora una volta le posizioni distanti, spesso inconciliabili, tra i vari attori del centrodestra. Divisioni che ritornano a ogni occasione, come un mantra. E così di fronte ai temi che la pandemia impone, ognuno va per la propria strada.

Il nuovo fronte è partito infatti sull'asse Friuli-Liguria, una telefonata tra il leghista Massimiliamo Fedriga e il cofondatore di Coraggio Italia, Giovanni Toti, volto storico del berlusconismo moderato. Un treno su cui è salito al volo anche il forzista presidente della Calabria Roberto Occhiuto e subito dopo Attilio Fontana, governatore leghista della Lombardia. Un'iniziativa partita dagli amministratori del centrodestra, saltando - questo almeno è ciò che appare in chiaro - la mediazione delle rispettive forze politiche e dei rispettivi segretari, che certifica in una certa misura la diversità delle due agende, quella delle regioni e quella dei partiti nazionali.

 

E non è un caso allora se tra i primi a frenare, dopo che lo stesso governo aveva fatto trapelare come l'ipotesi austriaca non fosse sul tavolo, sia stata Mariastella Gelmini, ministro per le Autonomie e per gli Affari regionali che con diplomazia ha ribadito, apertamente, la posizione: “Al momento il governo monitora con grande attenzione l'andamento dei contagi, sollecita l'inoculazione della terza dose, il rispetto del distanziamento e sono state assunte anche delle decisioni per quanto riguarda i mezzi di trasporto. Per adesso ci fermiamo qui”. Come a dire, per ora non se ne parla. Non certo il punto di vista di Licia Ronzulli, che si schiera con i governatori: “Mi piacerebbe che l'Italia adottasse lo stesso modello Austria: in lockdown vada chi non ha fatto il vaccino”, ha detto ieri la senatrice.

 

Sull'altro fronte, invece, si sono ritrovati Fratelli d'Italia e Lega. “Siamo la nazione che ha usato il green pass in modo più energico: mi sarei aspettata che, a fronte di quella scelta, non si sarebbe parlato di nuove restrizioni. Qualcosa non ha evidentemente funzionato”, sono state le parole di Giorgia Meloni, che non ha perso l'occasione per dare una stoccata al governo. È andato anche oltre Salvini, secondo cui “non possiamo terrorizzare il paese, smettiamola. L'impegno su cui stiamo lavorando è per non chiudere, non restringere, non proibire per nessuno”. Un messaggio chiaro ai Fedriga e ai Fontana. E forse pure a Mario Draghi. E non si è fatto attendere, immancabile, l'intervento di Claudio Borghi che via Twitter ha puntato il dito, con tono canzonatorio, contro il presidente del Friuli, nonché suo collega di partito, definendolo “geniale”, “fantastico”, per la proposta avanzata ieri.
 

Ma l'idillio tra Salvini e Meloni è tuttavia destinato a svanire in breve tempo: questa mattina si vota alla Camera la conversione in legge del dl green pass contenente le direttive legate al mondo del lavoro. Un decreto che arriva blindato, dopo l'approvazione in Senato e su cui è stata posta la fiducia. Una votazione, approvata con 199 voti favorevoli, che aveva visto l'assenza di vari parlamentari del Carroccio, mentre dei 38 pareri negativi, 19 erano arrivati dai banchi di Fratelli d'Italia (gli altri vanno ricercati nel gruppo Misto). Uno schema che potrebbe riproporsi tra poche ore.

La Lega ha infatti annunciato che si esprimerà a favore, pur lasciando la possibilità a chi non è d'accordo di non votare, mentre nel caso del gruppo guidato da Meloni, l'ipotesi più morbida è quella dell'astensione, quella più probabile è un voto in linea con il Senato. Tutto il contrario, insomma, di quanto accadrà in Forza Italia, che voterà convintamente la fiducia al governo Draghi.

Di più su questi argomenti: