Giuseppe Conte (Ansa)

La cautela di Conte su Mps: “Non c'è alternativa a Unicredit”

Valerio Valentini

L'ex premier scalpita, Di Maio teme che voglia portare il M5s al voto. Ma sulla banca senese è costretto a predicare cautela. Anche perché Franco gli ricorda che la trattativa con Piazza Gae Aulenti l'ha avviata lui

Vorrebbe mordere, e deve trattenersi. Vorrebbe sguinzagliare i suoi parlamentari, renitenti come sempre alla disciplina, anche solo per vedere l’effetto che fa, ed è costretto a richiamarli all’ordine, a predicare continenza. Eccolo, Giuseppe Conte alle prese con un partito da gestire, combattuto tra la tentazione dello sgarbo al rivale Mario Draghi e la consapevolezza che certi fili dell’alta tensione è meglio non toccarli. “Su Mps restiamo cauti”, ha detto l’avvocato del popolo. Lo ha detto martedì scorso, durante l’assemblea straordinaria convocata con una certa sollecitudine con deputati e senatori delle commissioni Finanze. E qualcuno ha sgranato tanto d’occhi: “Ma come, presidente?!”. E lui serafico: “Fidatevi: un’alternativa alla trattativa tra il Mef e Unicredit non c’è, non c’è mai stata”.

 

Lo affermava non a caso, Conte, visto che la trattativa era stata avviata e instradata quando a Palazzo Chigi c’era lui. “Per una volta che ci sarebbe da rivendicarla davvero, la continuità nell’azione di governo, tocca però morderci la lingua”, sospira divertito un ministro grillino. Al quale era sembrato in verità di percepire un’aria diversa, più bellicosa. Era successo lunedì, nel giorno che Conte ha deciso di consacrare alla necessità di “fare il punto”, riunendo nella sua nuova sede di Campo Marzio i ministri del M5s e i cinque membri della nuova segreteria. E lì l’impressione era stata un’altra: era parso che all’ipotesi di un precipitare degli eventi, l’ex premier ci credesse, forse perfino ci sperasse. Mandare Draghi al Quirinale e prendere poi atto che no, non c’è altra via se non quella che porta al voto anticipato (e le indiscrezioni fatte filtrare dallo staff di Conte su un possibile incarico di premier a Daniele Franco vogliono indurre i parlamentari grillini a pensare che si può pure mandare l’ex capo della Bce al Colle senza temere di andare poi tutti a casa). Non è forse per fugare questo dubbio, che Vincenzo Spadafora, nell’assemblea dei parlamentari della settimana scorsa, lo ha incalzato pubblicamente (“Te la senti di escludere che stiamo lavorando per questa soluzione?”), sentendosi poi scansato con una risposta evasiva (“Vincenzo, non dare credito alle chiacchiere dei giornali”)?

E forse sono solo chiacchiere, ma le manovre con cui Luigi Di Maio ha indotto Conte a dire che sì, certo, “per la scelta del nostro candidato al Quirinale consulteremo la nostra base online”, servivano proprio a questo: a garantirsi che, dovendo passare per il vaglio del popolo grillino della rete, Draghi ne uscirebbe bocciato. E insomma quando Mario Turco, fedelissimo di Conte e vicepresidente del M5s, ha accennato a un “programma sintetico, con dieci priorità per ciascun settore” da stilare entro gennaio per poi lanciare un nuovo tour del presidente in giro per l’Italia, tra i big del M5s c’è chi è trasalito: “Ma cos’è, una campagna elettorale?”.

 

Come che fosse, come che sia, di certo non sarà su Mps che Conte deciderà di alzare la tensione. Se ne è accorto anche durante la telefonata col ministro dell’Economia. E d’altronde Franco è stato chiaro, pur nel suo eloquio evasivo, a ricordare agli interlocutori grillini quel che mise a verbale durante la sua audizione alle Camere il 4 agosto scorso. E cioè che “l’interlocuzione con Unicredit è doverosa e dà seguito a una sequenza di eventi maturati e impegni assunti dai governi precedenti nel corso degli ultimi quattro anni e trova la sua base giuridica nel Dpcm dell’ottobre 2020”. 

Valeva quest’estate, per Mps, e vale, seppur con incognite maggiori, anche oggi. E il perché lo ha spiegato proprio Conte, che quel Dpcm lo ha firmato, ai suoi parlamentari martedì scorso. “Ricordo quando avviammo il confronto con Unicredit che non c’erano altri interlocutori interessati credibili”, ha confessato. E dunque niente fantasie di “terzo polo” o di “banche del sud”, di cui pure vanno parlando esponenti del M5s come Carla Ruocco. Niente richiesta di proroga per vagheggiare soluzioni inverosimili di “stand alone” per Mps. Bisognerà riaprire una trattativa, quella per l’acquisizione del Monte da parte di Piazza Gae Aulenti che né il Mef né Unicredit possono permettersi di far abortire davvero. I parlamentari forse lo hanno capito. Ora, semmai, Conte dovrà spiegarlo a quel Dibba che invece proprio da Siena, proprio blaterando di mafie bancarie, inizierà il suo tour. L’ex premier dice di volerlo convincere a tornare nel M5s. Prima, però, dovrà convincerlo che su Mps è meglio non fare troppo baccano, mentre gli adulti lavorano a riaprire un confronto mai del tutto troncato. 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.