Scontro governo-sindacati

Il "mercato" delle pensioni. Draghi non cede. Landini rilancia. L'accordo non c'è

Tra le proposte del governo proroga di Ape e opzione donna per un anno

Carmelo Caruso

Nessuna sintesi sulle "Quote" dall'incontro tra premier e parti sociali. Il segretario della Cgil usa le pensioni per chiedere una riforma totale e per parlare di evasione, fisco. Chigi non accetta ricatti: "Non si torna indietro"

Ma che parole erano? E da quale stanzino le hanno nuovamente tirate fuori? “I sindacati sono pronti allo sciopero generale”; “chiediamo al governo un tavolo parallelo”. Cgil, Cisl e Uil, hanno consegnato la tessera di “mite” a Matteo Salvini. Oggi, prima di entrare a Palazzo Chigi, dove erano attesi, hanno provato a guidare “l’Italia quota 100”, questa espressione pensionistica inafferrabile, una crusca di “scaloni” che non racconta fino in fondo quello che i sindacati hanno poi chiesto davvero. Di sera, le pensioni si trasformavano infatti nella “questione complessiva”, di Maurizio Landini, “nei correttivi per garantire una pensione ai giovani”, “nella lotta all’evasione”. Vuole insomma una “riforma totale” delle pensioni ma nell’ora del “Bilancio”.


Quello che veniva presentato come l’incontro governo-sindacati è diventato il fuoco intorno al quale si sono confrontate due carovane. I sindacati hanno chiesto di poter essere accompagnati dai loro matematici del congedo, i loro sapienti di pensioni, gli Erodoto dell’opzione donna, dell’Ape, della pensione supplementare, quelli che sanno sempre tutto in materia di “scivoli”. Sono stati accontentati. Dall’altra parte del fuoco c’era ovviamente Draghi e accanto a lui i ministri Daniele Franco, il “professor” Renato Brunetta, il Sinbad del Pd, lo spezzino Andrea Orlando che del Lavoro è il custode.

 

Manovra, nessun accordo tra Draghi e i sindacati sulle pensioni

I titoli dei giornali (che sono sempre riassunti stretti) le dichiarazioni (che sono invece parole allargate) hanno denunciato per tutto il giorno questa “febbre quota 100”, questo improvviso “non ti scordar di me” verso una delle misure pensionistiche meno utilizzate dagli italiani ma più agitata dai sindacati. Lunedì, perfino il “mite” Salvini si era dimostrato ragionevole: “Caro presidente, troviamo la soluzione per non tornare indietro”. Si riferiva alla legge della dolcissima professoressa Fornero (sempre troppo poco difesa e sempre troppo insolentita). Ha detto la verità, quando non sapeva che tutti l’avrebbero ascoltata. Ha detto la verità quando nel famigerato audio del Foglio raccontava ai suoi parlamentari che è impossibile tornare a votare e dunque più semplice servire come forza di governo.

 

La Lega di Salvini ha tutta l’intenzione di presentarsi giovedì, al Cdm che varerà la manovra (domani se ne tiene uno sul Pnrr) e accettare la “quota Draghi” che non è altro che la “combinazione” tra ciò che si crede di perdere (di cedere) e quello che è possibile guadagnare (rivendicare). Sono sgravi fiscali, tagli di cuneo. La Cgil di Landini è stata accolta a Palazzo Chigi sull’onda del “faranno le barricate”, questo lessico che, una volta ancora, rischia di essere la “trappola” sindacalese, la smorfia che si conosce e che non tiene conto del tempo che cambia.

 

Il nodo di Quota 100

Sul serio Landini è pronto sin da domani a smentire che tra lui e il premier esiste una complicità impastata di simpatia e ragione e federarsi con una Lega che non è già più la Lega irriducibile? Nessuno, almeno nel governo ha cercato di “piegare il sindacato”. Si è invece provato a spiegare, e lo ha spiegato il ministro Daniele Franco, introducendo e ricordando, che “la legge di Bilancio è ricca di interventi che danno sostegno all’economia” e che adesso “bisogna spingere lo sguardo oltre il medio termine”. Era dunque più di una mano tesa, nei confronti del sindacato, il “pacchetto Orlando e di governo”, quel pacchetto di misure che prevede la proroga di un anno dell’opzione donna e l’estensione dell’Ape sociale a categorie nuove di lavori gravosi.

 

Landini ribatteva sollevando il rapporto tra investimenti e lavoro. Lamentava la precarietà delle assunzioni. Chiedeva strumenti per incoraggiare le imprese a stabilizzare. Era dunque questa la “febbre 100”? E’ molto altro. Landini si è sentito dire da Draghi che in ogni caso, e nessun accordo, sulle revisione delle quote, che non c’è, “interromperà la marcia progressiva al contributivo”. Ha ricevuto una lezione di economia perché, come gli ricordava Draghi, prima di lasciare il tavolo, “da trent’anni la spesa previdenziale è stata la fonte di maggiore squilibrio. In quella direzione non torneremo mai più”. Da oggi, non è più una questione di pensione, ma di divisione. Da una parte l’opzione “sfasciamo i conti” e dall’altra l’opzione “facciamo i seri”.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio